Il Decreto Ministeriale n. 71 è un osso duro: sulla normativa che dovrebbe ridisegnare l’assetto dell’assistenza domiciliare non si riesce a trovare l’accordo tra Stato e Regioni e allora il Governo ha deciso di gettare il cuore oltre l’ostacolo e, per velocizzare i tempi, ha approvato una delibera motivata che autorizza il Ministero della Salute ad adottare il decreto ministeriale (di concerto col Ministero dell’Economia e delle Finanze) sui “modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza territoriale” e che recepisce il cosiddetto “DM 71” con gli standard per l’assistenza territoriale.
Si tratta di un atto di ampio respiro, che ridisegna il sistema territoriale dell’assistenza pubblica in allineamento con quanto previsto dalla Missione 6, Componente 1 (Reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale) del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) di cui fa parte anche l’obbiettivo “Casa come primo luogo di cura e telemedicina” a cui sono dedicati investimenti per 4 miliardi di euro.
L’assistenza domiciliare nel nostro Paese c’è sempre stata, sulla carta, o realizzata a macchia di leopardo. Con il PNRR e con questo DPCM l’assistenza a casa potrà finalmente diventare realtà, sempre che i servizi siano erogati in modo equo in tutto il territorio, a cominciare dalla telemedicina, destinata a diventare pilastro essenziale dell’assistenza a domicilio. E prevedendo, laddove possibile, anche il coinvolgimento del privato. Ne abbiamo discusso con l’avvocata Silvia Stefanelli, esperta di diritto sanitario e sanità digitale.
Un nuovo disegno per l’assistenza a domicilio
Il DM 71 rafforza i servizi territoriali attraverso lo sviluppo di strutture di prossimità (Case della Comunità), potenziamento delle cure domiciliari, integrazione tra assistenza sanitaria e sociale, con logiche sistematiche di medicina di iniziativa e di presa in carico, con modelli di servizi digitalizzati anche per l’assistenza a domicilio e con la valorizzazione della co-progettazione con gli utenti.
Per il resto, sull’assistenza domiciliare in senso stretto, il DM 71 aggiunge ben poco, rimandando a quanto già previsto dai “nuovi Lea” del 2017, che però non sono mai stati nemmeno davvero attuati a causa della mancanza del decreto tariffe, strumento indispensabile per attivarli.
“Con la pandemia – sottolinea Stefanelli – e il PNRR, l’attenzione dell’assistenza sanitaria si è spostata dall’ospedale al territorio e alla casa; per cui oggi le persone possono usufruire di visite tramite telemedicina e recarsi in ospedale solo se davvero necessario”.
Oltre ai 4 miliardi già previsti, con la legge di Bilancio n. 234/2021 sono stati stanziati altri investimenti per implementare l’assistenza territoriale (non solo domiciliare); in particolare per la spesa di personale dipendente e per quello convenzionato, si prevedono:
- 90,9 milioni di euro per l’anno 2022
- 150,1 milioni di euro per l’anno 2023
- 328,3 milioni di euro per l’anno 2024
- 591,5 milioni di euro per l’anno 2025
- 1.015,3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2026 a valere sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale.
Queste cifre saranno autorizzate quando questo regolamento entrerà in vigore e dovrebbe farlo entro il 30 aprile 2022.
Secondo il PNRR, le tappe dedicate alla Casa come luogo di cura e alla telemedicina sono divise in tre anni a partire da quest’anno, fino a giugno 2025.
- Entro giugno 2022, occorre:
- approvare le linee guida sul modello digitale dell’assistenza domiciliare (è recente l’approvazione del decreto ministeriale sulle linee guida organizzative per questo modello)
- emanare il Decreto Ministeriale che definisce il nuovo modello organizzativo dell’assistenza domiciliare (il DM 71)
- attuare il contratto di Sviluppo concordato con il Ministero dello Sviluppo Economico
- Entro dicembre 2023, ogni regione (o consorzio tra regioni) dovrà aver attuato almeno un progetto di sviluppo dell’assistenza domiciliare
- Entro giugno 2024 dovranno essere funzionanti le Centrali Operative
- Entro il 2025:
– si dovranno assistere 800.000 persone a domicilio (10% dei pazienti over 65);
– almeno 200.000 persone dovranno essere assistite con la telemedicina
Come cambiano le cure domiciliari
Fatte tutte queste premesse, è doveroso specificare che sebbene l’assistenza a domicilio stia per essere rivoluzionata, non è qualcosa che ci siamo inventati con il PNRR. C’è da quando esiste il Servizio Sanitario Nazionale. Il problema è che, a parte sulla carta, l’assistenza domiciliare non ha mai avuto molto spazio, se non con qualche iniziativa locale e sparsa tra le regioni.
Le Cure domiciliari sono un servizio a valenza distrettuale finalizzato all’erogazione al domicilio di interventi caratterizzati da un livello variabile di intensità e complessità assistenziale, nell’ambito di specifici percorsi di cura e di un piano personalizzato di assistenza
“Le Cure domiciliari, nello specifico, sono un servizio a valenza distrettuale – ha spiegato l’avvocato Stefanelli – finalizzato all’erogazione al domicilio di interventi caratterizzati da un livello variabile di intensità e complessità assistenziale, nell’ambito di specifici percorsi di cura e di un piano personalizzato di assistenza. Non vanno confuse con le Cure Palliative Domiciliari, che si riferiscono a servizi e strutture in grado di garantire la presa in carico globale dell’assistito e del suo nucleo familiare, in ambito ospedaliero, con l’attività di consulenza nelle U.O), ambulatoriale, domiciliare e in hospice”.
Il quadro normativo su cui poggia questo documento prende le mosse dall’art. 22 del DPCM 12 gennaio 2017, che ha aggiornato i Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), e declina in maniera precisa l’ambito delle cure domiciliari.
Più esattamente l’articolo precisa che le Cure Domiciliari si articolano in un livello Base e in Cure Domiciliari Integrate (ADI di I, II e III livello) e consistono in:
- trattamenti medici, infermieristici, riabilitativi, diagnostici, ecc.
- prestati da personale sanitario e sociosanitario qualificato
- dedicati alla cura e l’assistenza alle persone non autosufficienti e in condizioni di fragilità, con patologie in atto o esiti delle stesse
- utili a stabilizzare il quadro clinico, limitare il declino funzionale e migliorare la qualità della vita
I contenuti del DPCM del 2017 vengono poi ripresi anche dal DM 71: “La valutazione multidimensionale è effettuata dall’unità valutativa che garantisce anche la rivalutazione periodica della persona assistita e definisce criteri di dimissione o passaggio ad altri setting assistenziali. Periodicamente deve essere effettuata la rivalutazione del PAI e dell’eventuale PRI. Viene inoltre assicurato il coinvolgimento degli specialisti in relazione a quanto stabilito nel PAI con il coinvolgimento di tutte le componenti dell’offerta sanitaria, del paziente e del caregiver. Il responsabile clinico del paziente è il Medico di Medicina Generale o il Pediatra di Libera Scelta”.
Il servizio di cure domiciliari garantisce la continuità assistenziale 7 giorni su 7 e 24 ore su 24 nelle modalità indicate dalla normativa nazionale e regionale vigente, ivi compresi i servizi di telemedicina nelle modalità e forme previste.
Oltre a questo DPCM, c’è anche da segnalare la Risoluzione n. 8-00158 sullo stato di attuazione del PNRR, approvata a metà marzo dalla Commissione XII della Camera (Affari sociali) che impegna il Governo a prevedere, tra le altre cose, misure di potenziamento della medicina di territorio e dell’assistenza domiciliare con particolare attenzione ai bisogni delle persone con patologie croniche complesse, ivi inclusi i pazienti con malattie rare.
Ad oggi infatti l’assistenza domiciliare ha funzionato, laddove è stata attivata, soprattutto nell’ambito delle patologie croniche, ma sul fronte della malattie rare si è fatto ben poco.
Chi può erogare le Cure domiciliari
Secondo il DM 71, i soggetti che erogano Cure Domiciliari devono possedere i requisiti strutturali, tecnologici, organizzativi previsti per l’autorizzazione e per l’accreditamento sulla base della normativa vigente. Deve esserci una sede organizzativa ed operativa, un coordinamento dell’équipe assistenziale, e occorre assicurare l’integrazione tra professionisti e servizi per fornire continuità assistenziale, soprattutto in caso di dimissione ospedaliera protetta, anche per evitare inutili ricoveri.
Questa integrazione avviene attraverso il Distretto, e l’assistenza domiciliare è una delle articolazioni distrettuali con cui la Centrale Operativa Territoriale (Cot) si interfaccia.
Il personale in dotazione è correlato all’attività erogata, in particolare: medici, infermieri, operatori delle professioni sanitarie, della riabilitazione, operatori sociosanitari, e altri professionisti sanitari necessari a rispondere ai bisogni assistenziali individuati nel PAI/PRI.
Il privato può erogare servizi di assistenza domiciliare? Certo, lo ha sempre fatto. Esistono realtà private che erogano assistenza infermieristica privata. E da quando sono stati introdotti i patient support program, anche le aziende farmaceutiche possono offrire servizi di assistenza domiciliare, diversi e semmai ancillari a quelli erogati dal SSN. Ma da oggi, con i riflettori e un sacco di soldi pubblici puntati sull’Adi, il ruolo del privato dovrà essere rivalutato e maggiormente controllato.
Credo che nell’ambito dell’assistenza domiciliare ci potranno essere molti spazi per una collaborazione tra pubblico e privato
“Credo che nell’ambito dell’assistenza domiciliare ci potranno essere molti spazi per una collaborazione tra pubblico e privato – sottolinea l’avvocato Stefanelli – non solo attraverso le forme tradizionali di autorizzazione/accreditamento/accordo ma anche attraverso possibili PPP. Si tratta infatti in molti casi di immaginare progetti nuovi, con utilizzo di piattaforme e device che potranno vedere l’intervento del privato non solo per l’apporto di tecnologia ma anche per un confronto sulla innovatività dei processi”.
Nel momento in cui le Regioni comunicheranno gli obbiettivi per realizzare la Missione 6 del PNRR relativa all’assistenza territoriale potranno partire infatti anche i bandi o gli accordi di partenariato pubblico-privato.
“In ogni caso il privato che vorrà erogare servizi di assistenza domiciliare credo possa farlo dopo aver ottenuto un’autorizzazione. Sul punto occorre ricordare che la Legge di Bilancio 2021 (L. 30 dicembre 2020, n. 178) ha modificato infatti l’art. 8-ter, comma II, del d.lgs. 502 del 1992, prevedendo anche l’autorizzazione per l’erogazione di cure domiciliari. A seguito di tale modifica legislativa in data 4 agosto 2021 la Conferenza Stato-Regioni ha pubblicato la nuova Intesa sui requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per l’autorizzazione all’esercizio e requisiti ulteriori per l’accreditamento delle cure domiciliari. Ora sta alle Regioni assumere le necessarie delibere”.
Secondo l’intesa dello scorso agosto, infatti, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano hanno 12 mesi di tempo (quindi fino ad agosto 2022) per attivare il sistema di autorizzazione e di accreditamento delle organizzazioni pubbliche e private per l’erogazione di cure domiciliari. Un aspetto importante, e inedito, è il monitoraggio annuale dell’attuazione di questa intesa tramite le attività del “Tavolo di lavoro per lo sviluppo e l’applicazione del sistema di accreditamento nazionale” previsto dall’Intesa Stato-Regioni del 20 dicembre 2012. Ad oggi infatti una convenzione con un privato, una volta stipulata, difficilmente viene controllata in modo periodico.
La telemedicina
Di quanto sia importante la telemedicina nell’assistenza sanitaria domiciliare si è già ampiamento discusso e il DM 71 non fa che ribadirne l’essenzialità. È l’anello di congiunzione tra ospedale, territorio e casa del paziente, è il salto di qualità della medicina digitale, è la soluzione di cura e assistenza per quei malati gravi che non si possono muovere da casa. Per questo, il PNRR alla sola telemedicina destina un miliardo di euro.
L’importanza del ruolo della sanità digitale e della telemedicina nel favorire i processi di presa in carico del paziente cronico, consentendo una migliore gestione domiciliare della persona, è riconosciuta anche nel Piano Nazionale della Cronicità del 2016. Del resto, l’utilizzo della telemedicina era praticamente previsto anche dalle disposizioni di cui all’articolo 21 del DPCM del 12 gennaio 2017, nell’ambito dei percorsi assistenziali integrati e assistenza territoriale. Detto questo, le esperienze in telemedicina finora riportate dimostrano che questa è efficace in contesti in cui si sa già utilizzare nel modo corretto. Le prestazioni da remoto, come definito dalle “Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni in telemedicina”, approvate in Conferenza Stato-Regioni il 17 dicembre 2020, devono sempre rispettare tutti i diritti e gli obblighi propri di qualsiasi atto sanitario.
Ieri il Ministro della Salute ha emanato un decreto sulle Linee Guida Organizzative del modello digitale per l’attuazione dell’assistenza domiciliare. Si prevede un modello organizzativo per implementare i diversi servizi di telemedicina nel setting domiciliare, “attraverso la razionalizzazione dei processi di presa in carico e la definizione dei relativi aspetti operativi, consentendo di erogare servizi attraverso team multiprofessionali secondo quanto previsto a legislazione vigente anche a distanza”. Il servizio di cure domiciliari sarà quindi di fatto integrato con le prestazioni di telemedicina.
Come recita il DM 71, le aziende sanitarie devono erogare servizi in telemedicina per i quali, attraverso studi comparativi, siano stati scientificamente dimostrati pari condizioni di sicurezza per gli assistiti e i professionisti sanitari, e pari o migliori condizioni in termini di costo-efficacia rispetto alla pratica clinica tradizionale.
Per assicurare equità di accesso alle cure in telemedicina, i sistemi che le erogano, devono:
- interoperare con i diversi sistemi nazionali (ANA, NSIS, TS, PAGOPA, SPID, etc.) e regionali (FSE, CUP, etc.) a supporto dell’assistenza sanitaria, garantendo il rispetto degli standard di interoperabilità nei dati;
- supportare la convergenza di processi e strutture organizzative, superando la frammentazione tecnologica;
- rafforzare l’attivazione di servizi di telemedicina per i singoli pazienti, in base alle indicazioni del Progetto di salute;
- uniformare le interfacce e le architetture per la fruizione delle prestazioni di telemedicina, sia per l’utente sia per il professionista, in un’ottica di semplificazione, fruibilità e riduzione del rischio clinico, assicurando anche l’integrazione con i sistemi di profilazione regionali/nazionali (es. SPIO);
- mettere a disposizione servizi strutturati in modo uniforme e con elevati livelli di sicurezza, sull’intero territorio, sviluppati con approccio modulare e che garantiscono il rispetto delle vigenti indicazioni nazionali.
Sono i medici a decidere se una prestazione può essere erogata in telemedicina; mentre per le attività di teleassistenza erogata da altri operatori sanitari, possono essere anche questi ultimi a decidere se procedere o meno.
In ogni caso, occorre sempre e comunque il consenso del paziente.
La novità, in questo senso, consiste nel fatto che la competenza digitale del paziente diventa parte integrante dell’anamnesi.
Per il singolo assistito dovrebbero essere quindi valutati questi aspetti:
- se sa usare o è in grado di imparare ad usare gli strumenti digitali di comunicazione;
- se può usare autonomamente tali strumenti;
- se può essere aiutato da un familiare o un caregiver nell’uso di tali strumenti;
- l’idoneità al domicilio della rete internet, degli impianti, degli ambienti e delle condizioni igienico-sanitarie.
I prossimi passi
Se non dovessero subentrare ulteriori modifiche, nel momento in cui il DPCM entrerà definitivamente in vigore, le Regioni e Province Autonome avranno sei mesi di tempo per adottare il provvedimento.
Una volta approvato il piano di Programmazione dell’Assistenza territoriale, questo dovrà essere trasmesso al Ministero della Salute che farà tutte le valutazioni e richieste di integrazione necessarie.
Per capire come procedere, sarà istituto un tavolo di lavoro con i rappresentanti delle Regioni e delle Province Autonome, del Ministero della Salute e del Mef per monitorare l’attuazione del decreto con riguardo al profilo economico finanziario, nonché in relazione a eventuali esigenze organizzative.
Verranno realizzati percorsi di formazione ad hoc per i medici di medicina generale e in questo senso c’è l’accordo per riformare in modo urgente le disposizioni che disciplinano questa categoria professionale.