Per le persone affette da malattie rare, la digitalizzazione è fondamentale. L’attesa è grande, così come le aspettative. Tanto più che c’è di mezzo un progetto mastodontico che ha l’innovazione tra i cardini principali e va sotto il nome di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. È questo il messaggio emerso durante il webinar intitolato “Fascicolo sanitario elettronico e telemedicina: potenzialità e opportunità”, organizzato dal Centro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità e Uniamo Federazione Italiana Malattie Rare. Occasione per guardare al futuro dell’assistenza come dovrebbe essere fra pochi anni.
“Il tema di questo 39° Meeting Scientifico Online Malattie Rare: buone pratiche ed azioni è particolarmente centrato, perché Fascicolo sanitario elettronico e telemedicina sono due pezzetti fondamentali per le persone con malattie rare – ha spiegato la presidente di Uniamo Annalisa Scopinaro -. Il Fascicolo esteso a livello nazionale, lo è per la fatica che abbiamo fatto negli anni nel portarci dietro la documentazione clinica: a un certo punto hanno iniziato a crescere i fascicoli regionali, ma non sono sufficienti, perché ci dobbiamo spesso spostare da una regione all’altra. La telemedicina ci consentirà di poter fare visite e teleconsulti anche a distanza: di nuovo qualcosa che ha un’enorme importanza per chi è affetto da una malattia rara, che spesso ha il centro di riferimento molto distante dal luogo in cui risiede”.
Il modello italiano di telemedicina e il PNRR
“È un periodo particolare per la sanità italiana rispetto alle innovazioni digitali – ha spiegato Francesco Gabbrielli, direttore del Centro nazionale per la telemedicina e le nuove tecnologie assistenziali dell’Istituto Superiore di Sanità -. Il punto centrale è l’approccio più corretto dal punto di vista tecnico e scientifico: nessuna tecnologia da sola serve e basta a risolvere i problemi, ma è il modo in cui la usiamo che li risolve. Il modo migliore per le tecnologie digitali, che hanno bisogno di programmazione, è partire dalle esigenze dei pazienti e dei professionisti: non è nemmeno il paziente in sé il centro, ma la relazione tra paziente e professionista. Questo concetto deve ancora farsi veramente strada e soprattutto nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, che è e sarà ancora per un bel po’ di tempo regolato da una serie di normative che provengono dai tempi in cui i computer non esistevano: questa mentalità non la troviamo trasposta nelle norme che regolano la vita del SSN. Molto si sta facendo ma la strada è lunga”.
Gabbrielli ha quindi illustrato l’attività del Centro nazionale per la telemedicina e le nuove tecnologie assistenziali, fondato nel 2017, sottolineando che il nostro Paese comincia a essere tenuto in considerazione anche all’estero in materia di telemedicina. Tre le linee di sviluppo che guidano il lavoro del Centro e definiscono il modello italiano di telemedicina:
- Consulting per governance & progetti, che si concretizza nel supporto a istituzioni nazionali, regionali e locali; design e coordinamento di progetti locali; supporto a organizzazioni di pazienti e partnership per ricerca e sviluppo
- Definizione dei pilastri nazionali: cybersecurity, studi sull’aggiornamento normativo, metodo di valutazione economica, best practice e linee guida sanitarie
- Creare una comunità professionale: tools per condividere esperienze, metodo di valutazione e audit, divulgazione, formazione di sanitari e gestori
“Il modello italiano di telemedicina è importante perché il nostro sistema sanitario ha caratteristiche particolari, che vogliamo mantenere perché sono un valore sociale ma anche poter far rimanere sostenibile dal punto di vista organizzativo ed economico”, ha spiegato Gabbrielli.
Il modello viene promosso e valorizzato con collaborazioni e partnership a livello nazionale e internazionale: il Centro aderisce infatti all’International Society for Telemedicine and Health (Isfteh) e al Digital Health Advisory Group for Europe (Dhage).
Le attività del Centro sono molteplici.
“Siamo lavorando per costruire un sistema molto solido, che duri nel tempo”, ha affermato Gabbrielli. “Quello che stiamo vivendo si può definire un’onda globale. La telemedicina non è qualcosa che possiamo decidere o meno di avere. Sta avvenendo comunque. Abbiamo quindi due scelte: o ce la facciamo dare da altri e la subiamo, oppure lavoriamo per creare una nostra strada per la digitalizzazione della sanità, che non è solo digitalizzazione dell’atto medico ma di tutta l’organizzazione della sanità”.
L’esperto è quindi passato ad analizzare il tema della telemedicina alla luce del PNRR, che prevede una vera e propria rivoluzione nel sistema della sanità territoriale. “In parte il Piano prevede la creazione di edifici, che andranno popolati con personale qualificato, ma nell’ottica di erogare prestazioni a domicilio è importante concentrarci su cosa c’è nelle freccette: non sono persone che si spostano, ma telecomunicazioni – ha affermato Gabbrielli -. Questo comporta un impatto notevole sulla revisione dei processi di lavoro. Il punto più difficile dei prossimi tre o quattro anni, infatti, non saranno le tecnologie digitali e nemmeno l’evoluzione della mentalità delle persone, perché l’emergenza Covid ci ha insegnato come questa può svilupparsi rapidamente laddove le cose funzionano; ma la revisione dei processi di lavoro nella nostra sanità digitale”.
Ma i passi avanti sono già in atto. L’esempio scelto da Gabbrielli è quello della teleriabilitazione: le indicazioni nazionali del novembre 2021, frutto per la parte tecnica del lavoro del Centro nazionale per la telemedicina e le nuove tecnologie assistenziali, aprono infatti a opportunità completamente nuove per il SSN. In base a esse, le prestazioni di teleriabilitazione possono essere fruite da qualsiasi luogo assistenziale e/o educativo in cui si trova il paziente: strutture sanitarie, comunità residenziali, contesti comunitari, residenze sanitarie o sociosanitarie, scuole, luoghi di lavoro basati sulla comunità, istituti penitenziari, istituti di formazione, domicilio, case-famiglia e università. Per alcuni di essi è inoltre possibile la fruizione in mobilità, ovvero da luoghi non ordinariamente prestabiliti per la riabilitazione.
Un altro tema toccato da Gabbrielli è la piattaforma nazionale di telemedicina: “Sarà una specie di Netflix della telemedicina, grazie alla quale aziende sanitarie, regioni e territori che ne hanno diritto potranno collegarsi e fruire di servizi software. Ad esempio, se hanno necessità di un sistema per fare una televisita, la piattaforma lo renderà disponibile. Questo non vuol dire che ci dovrà essere un unico software per tutte le regioni, intanto perché la piattaforma copre solo alcune attività; e poi ogni azienda e professionista potrà usare quello che ritiene opportuno, purché tutti i sistemi siano interoperabili a livello di dati. Quindi finalmente si arriva all’interoperabilità e all’interoperabilità con il FSE che viene sottoposto tramite il PNRR a una reingegnerizzazione per la parte di utilizzo clinico, una richiesta su cui ci siamo sempre impegnati e che ora viene recepita dalle istituzioni e speriamo venga attuata”.
Se il software è finanziato da ente privato esterno alla struttura sanitaria pubblica, come si può risolvere il problema della privacy dei pazienti? Gabbrielli ha risposto così alla domanda posta da un utente: “Usando già in fase progettuale le norme del General Data Protection Regulation (Gdpr): se le usa come linea guida quando costruisce il software, non ci saranno problemi. Il problema c’è se si costruisce la piattaforma e solo dopo si va a vedere il Gdpr”.
È possibile fare consulenze genetiche in telemedicina? “Sì e abbiamo un gruppo che si sta dedicando a questo aspetto. Basta saperle fare”.
La spinta dall’Europa e il Fascicolo che avremo
La seconda parte del webinar è stata dedicata al Fascicolo sanitario elettronico. “La digitalizzazione dei sistemi sanitari è una parte fondamentale della strategia della Commissione europea per responsabilizzare i cittadini e costruire una società più in salute – ha spiegato Claudia Biffoli, direttrice Ufficio 4, Direzione generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica del Ministero della Salute -. In questo contesto, la Commissione ha stabilito le priorità per trasformare digitalmente il sistema sanitario in un mercato unico digitale e mettere i cittadini dell’Unione europea al centro di esso”.
I cittadini devono essere in grado di accedere e condividere i propri dati ovunque nell’Unione europea, e ne va rimarcata l’importanza per la promozione della ricerca, la prevenzione delle malattie, l’assistenza personalizzata e l’accessibilità degli strumenti digitali per un’assistenza centrata sulla persona
I dati sono ormai riconosciuti come un fattore chiave per la trasformazione digitale del settore sanitario. “I cittadini devono essere in grado di accedere e condividere i propri dati ovunque nell’Unione europea, e ne va rimarcata l’importanza per la promozione della ricerca, la prevenzione delle malattie, l’assistenza personalizzata e l’accessibilità degli strumenti digitali per un’assistenza centrata sulla persona – ha sostenuto l’esperta -. La Commissione ha inoltre evidenziato il valore che rappresenta il cosiddetto “uso secondario dei dati sanitari”: per la ricerca scientifica e l’innovazione, per l’attività di definizione delle politiche e di regolamentazione”.
Al fine di garantire che l’Unione europea consegua gli obiettivi di una trasformazione digitale conforme ai propri valori, gli Stati membri hanno concordato l’11 maggio 2022 un mandato negoziale relativo al programma strategico per il 2030, dal titolo Percorso per il decennio digitale. Tra gli indicatori di digitalizzazione da raggiungere è previsto il 100% di disponibilità dei FSE per tutti i cittadini dell’Unione.
Fatta questa premessa, l’esperta è scesa nel dettaglio della definizione del FSE: è l’insieme dei dati e documenti digitali di tipo sanitario e sociosanitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi. Il FSE ha due finalità: di cura e secondarie (governo e ricerca).
È stato istituito nel 2012, i primi contenuti nazionali sono stati definiti nel 2015 con due documenti obbligatori a livello nazionale (profilo sanitario sintetico e referto di laboratorio), ma solo nel 2017 è stata definita l’interoperabilità. Nel 2020 è arrivata la novità dell’apertura dei fascicoli per legge: prima era necessario il consenso.
Gli attori che contribuiscono al FSE sono numerosi: le Regioni gestiscono i FSE e sono responsabili per le informazioni; il Ministero dell’Economia e Finanza con Sogei gestiscono INI, il sistema di interoperabilità che consente la circolarità dei documenti tra fascicoli di regioni diverse e il Ministero della Salute è responsabile di definire i contenuti del FSE che devono valere su tutto il territorio nazionale.
Uno dei grandi problemi del FSE finora, ha spiegato Biffoli, è l’alimentazione non uniforme e anche i servizi offerti sono disomogenei.
Anche la ricerca condotta dall’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano ha evidenziato che al momento il FSE è ancora poco conosciuto: non è al momento un punto di riferimento per i cittadini per le informazioni di salute. Il Fascicolo è infatti risultato come conosciuto dal 73% dei pazienti cronici o con gravi problemi di salute e usato dal 37%, mentre solo il 38% degli assistiti lo conosce e il 12% lo usa. Sebbene cresca la propensione dei cittadini a usare i canali digitali rispetto ai problemi di salute e malattie (69%), rispetto a farmaci e terapie (65%) e per cercare di formulare una propria diagnosi sulla base dei sintomi (62%), il FSE non rappresenta a oggi un punto di riferimento per acquisire tali informazioni.
Il Fascicolo sanitario elettronico può però trovare la sua grande occasione nel PNRR.
L’investimento 1.3.1. punta al potenziamento del FSE al fine di garantirne la diffusione, l’omogeneità e l’accessibilità su tutto il territorio nazionale da parte degli assistiti e degli operatori sanitari. L’obiettivo dell’intervento è favorire lo sviluppo di un FSE omogeneo attraverso una trasformazione tecnologica dei sistemi informativi a livello nazionale e regionale, per:
- garantire un single access point ai servizi sanitari per cittadini e pazienti
- garantire una fonte unica di informazioni per i professionisti sanitari che dettagli la storia clinica del paziente
- garantire che le Aziende sanitarie, le Regioni e il Ministero della Salute abbiano a disposizione strumenti per effettuare analisi dei dati per migliorare la cura e la prevenzione
Due gli interventi previsti in quest’ottica per un investimento totale di 810, 4 milioni di euro.
- Creazione di un repository centrale. L’obiettivo è la creazione di un’architettura che garantisca omogeneità e accessibilità sia per i pazienti che gli operatori sanitari su tutto il territorio nazionale. Il budget è di 200 milioni di euro
- Alimentazione del FSE, con un budget di 610,4 milioni di euro
Biffoli è quindi passata a illustrare il percorso da svolgere: “Le linee strategiche per il FSE si articolano in quattro direttrici di azione: servizi, contenuti, architettura e governance”.
Nella parte dei servizi rientrano:
- Semplificare e uniformare l’accesso e l’uso dei servizi del SSN per cittadini e operatori sanitari
- Integrare e condividere dati clinici tra professionisti e strutture sanitarie
- Supportare una sempre maggiore qualità e personalizzazione delle cure
Quanto ai contenuti, saranno presenti:
- dati identificativi e amministrativi (inclusi prenotazioni, libretto sanitario, esenzioni ecc.)
- dati clinici e documenti prodotti nelle attività di prevenzione, diagnosi e cura
- dati del Profilo sanitario sintetico (Patient summary)
- dati di refertazione per ogni branca
- dati clinici derivanti da episodi di ricovero
- dati di emergenza-urgenza (118, pronto soccorso)
- dati provenienti da Cartelle cliniche
- dati del Dossier farmaceutico
- dati di vaccinazione
- dati acquisiti durante campagne di screening
- dati delle prescrizioni elettroniche, gestiti dal sistema TS
- dati clinici e vitali acquisiti dai sistemi di Telemedicina
- Patient Generated Health Data
Infine, Biffoli è passata a illustrare i prossimi passi in programma per il 2022/23:
- Messa a punto del supporto normativo e regolamentare per l’attuazione dei requisiti minimi
- Adozione delle Linee Guida per l’attuazione del FSE
- Predisposizione del piano di adozione da parte di ciascuna Regione
- Suddivisione su base regionale dei fondi necessari all’investimento
- Avvio delle attività regionali e delle Aziende sanitarie
- Predisposizione del Repository centrale (Ecosistema Dati Sanitari) che raccoglierà i dati degli eventi clinici e consentirà di monitorare in piena trasparenza l’avanzamento del progetto
- Innalzamento della capacità di utilizzo di strumenti digitali da parte degli operatori sanitari attraverso importanti campagne di formazione, anche con il supporto della Commissione europea (Dg Reform)
- Messa a punto del supporto normativo e regolamentare per l’attuazione dei requisiti a regime
Dopo cosa c’è? Altro. L’estensione al privato e la creazione di uno Spazio europeo dei dati sanitari. La digitalizzazione non si ferma.