Paternità rimandate: la Società Italiana di Andrologia propone un cambio di paradigma

La crisi delle nascite in Italia si può combattere anche con strategie come la crioconservazione del seme maschile. La preservazione aiuta gli uomini a fare scelte responsabili

Il problema delle culle vuote si può combattere su vari fronti, anche con strategie volte a favorire una paternità responsabile nel momento giusto e con le maggiori garanzie di successo per un concepimento sicuro. Lo afferma la Società Italiana di Andrologia (SIA) agli Stati Generali della Prevenzione di Napoli.

Per aiutare gli uomini a diventare padri nel momento in cui lo desiderano, la SIA propone di promuovere l’uso della crioconservazione del seme maschile, ossia la sua conservazione a basse temperature. Una pratica che, secondo gli andrologi, andrebbe favorita nel servizio pubblico. Oggi il seme viene prelevato e conservato per i pazienti affetti da determinate patologie (come quelle oncologiche).    

Secondo l’ISTAT, gli uomini italiani sono i papà “più vecchi” d’Europa

La SIA ricorda che in Italia la natalità non è mai stata così bassa come nello scorso anno: nel 2024 sono nati 370mila bambini, circa 10mila in meno rispetto all’anno precedente. Un trend negativo che prosegue ormai da tantissimi anni, legato in gran parte al progressivo spostamento in avanti del momento in cui si decide di diventare genitori. Secondo gli ultimi dati ISTAT, gli uomini italiani sono i papà “più vecchi” d’Europa: il primo figlio arriva mediamente dopo i 35 anni d’età

Spiega Alessandro Palmieri, Presidente SIA e Professore di Urologia all’Università Federico II di Napoli: «Il tempo è nemico della fertilità maschile: con l’avanzare dell’età aumenta infatti anche la quantità di danni al DNA spermatico. Così, già dai 34 anni in su, i danni accumulati possono impedire il concepimento o aumentare le probabilità di tramandare ai figli difetti genetici, legati a patologie nell’infanzia e anche in età adulta. In questo contesto, la sola prevenzione non basta. Gli effetti del tempo sulla fertilità si possono contrastare solo fino a un certo punto. Per questo è fondamentale preservare anche la fertilità maschile, ad esempio attraverso il congelamento del seme in età giovanile. Questa pratica, sempre più accessibile e scientificamente supportata, offre una “polizza assicurativa” preziosa per il futuro riproduttivo degli uomini».

«Il periodo ideale per la crioconservazione è durante la giovane età adulta, quando la qualità e la quantità degli spermatozoi sono generalmente al loro apice – sottolinea Palmieri -. Man mano che gli uomini invecchiano, la qualità del seme può diminuire. Congelare il seme in giovane età garantisce la disponibilità di campioni con una maggiore integrità genetica e motilità. Inoltre, si potrebbero battere sul tempo malattie e trattamenti medici che possono danneggiare irreparabilmente la produzione di sperma. La crioconservazione preventiva offre una possibilità di paternità futura per coloro che devono affrontare queste sfide».

La crioconservazione

Il processo di congelamento del seme è relativamente semplice e sicuro. Prevede la raccolta di campioni di seme, che vengono poi analizzati, preparati e congelati in azoto liquido a temperature estremamente basse. I campioni possono essere conservati per molti anni senzaperdere la loro vitalità, pronti per essere utilizzati in futuro tramite tecniche di riproduzione assistita come la fecondazione in vitro (FIVET) o l’iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi (ICSI).

I tempi sono maturi per un’organizzazione più strutturata. In Italia non esiste una singola banca nazionale del seme centralizzata, ma la crioconservazione del seme viene effettuata solo all’interno di alcune strutture pubbliche che si occupano di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). La creazione di  una “banca nazionale”, secondo la SIA, potrebbe consentire la crioconservazione dei gameti sia maschili che femminili, offrendo agli italiani la possibilità di preservare le proprie possibilità di concepimento. Allo stesso tempo è necessario sensibilizzare e informare la popolazione su questa possibilità.

La preservazione è l’aspetto fondamentale

Spiega Ilaria Ortensi, Consigliere della Società Italiana di Andrologia: «L’analisi delle problematiche che sono alla base del mancato concepimento è cambiata. Un tempo ci si concentrava soprattutto sulla donna. L’organismo e l’apparato riproduttivo femminile, ovaie, tube, utero, venivano sottoposti a indagini accurate, mentre l’uomo aveva meno attenzioni. Ora invece si indaga di più anche sull’apparato maschile. In questi anni si registra effettivamente un calo fisiologico della fertilità dell’uomo, ma grazie ai progressi della scienza riusciamo anche ad avere diagnosi più precise».

«Oggi la diagnostica avanzata dispone di esami per identificare patologie come la frammentazione del DNA spermatico, un’importante causa di infertilità nell’uomo – prosegue Ortensi –. Esistono test per rilevare rotture endogene del DNA degli spermatozoi ed altre prove che misurano la capacità del DNA di denaturarsi di fronte a certi trattamenti.

Ora si indaga di più anche sull’apparato maschile e si è registrato un calo fisiologico della fertilità dell’uomo

Viene anche studiato lo stress ossidativo degli spermatozoi stessi (una condizione patologica provocata dall’azione lesiva, su cellule e tessuti, di quantità elevate di radicali liberi, ndr). Sono indagini necessarie a capire se ci sono alterazioni a livello dello sperma. L’importanza degli studi è confermata anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’ente internazionale definisce come vanno interpretati i parametri seminali. La crioconservazione è al fine della preservazione, quindi andiamo a tutelare l’aspetto riproduttivo con lo stoccaggio dei campioni. La SIA sta puntando molto l’attenzione sul concetto di preservazione. Tutte le indagini preliminari ci aiutano a fare una diagnosi precisa e questo ci guida a un percorso di tutela della salute riproduttiva attraverso la preservazione».

La nutrizione è un altro aspetto molto importante per la fertilità maschile. La Società Italiana di Andrologia (SIA), lavora assieme ai nutrizionisti per migliorare  le conoscenze in questo campo. Gli andrologi interagiscono anche con i seminologi, biologi che costituiscono un’altra figura chiave nella conoscenza dell’infertilità maschile.  

Visite andrologiche preventive per ragazzi

In Italia due milioni i giovani fra i 16 e i 35 anni d’età hanno una malattia andrologica che, in un caso su dieci, potrebbe compromettere la fertilità. Nonostante questo, secondo i dati SIA meno del 5% dei giovani uomini si è sottoposto almeno una volta a una visita dall’andrologo, mettendo così a rischio le future probabilità di concepimento.

Per questo la Società Italiana di Andrologia, in collaborazione con Rotary Club Roma, con il coinvolgimento della SIRU (Società Italiana della Riproduzione Umana) e le istituzioni, lancia il progetto “Il Rotary per la crescita della natalità: visita andrologica per 200mila diciottenni”. L’iniziativa partirà da settembre 2025 inizialmente nelle scuole di quattro Regioni campione (Lazio, Calabria, Campania, Trentino Alto Adige).

Meno del 5% dei giovani uomini si è sottoposto almeno una volta a una visita dall’andrologo

Commenta Palmieri: «Il progetto punta a contrastare la denatalità nel nostro Paese, un fenomeno dovuto principalmente a un declino della fertilità in entrambi i sessi, intercettando i giovani per far capire loro che devono e possono rivolgersi all’andrologo senza paura. Individuare una patologia oggi può aiutare a preservare la fertilità di domani».  

I LEA e la richiesta di diventare genitori

Sul tema delle scelte di diventare genitori un passo avanti importante è stato fatto quest’anno. La Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) nel 2025 è entrata nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), dando a tutte le coppie la possibilità di accedere a questo servizio con il pagamento di un ticket. Ma la situazione non è per ora omogenea in tutta Italia. L’equità dell’accesso alla PMA è ancora lontana da raggiungere.

Le Regioni devono ora rinforzare il servizio pubblico o stipulare convenzioni con enti privati. È necessario ridurre la mobilità sanitaria, per limitare la migrazione di chi ricorre alla PMA verso le Regioni più attrezzate per questa pratica. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, su 190 strutture attive in Italia, solo 66 sono pubbliche, 17 convenzionate e ben 107 private pure. C’è ancora molto da fare.

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Alessandra Margreth
Giornalista professionista, esperta di temi salute e sanità