A 45 anni dall’entrata in vigore della legge 194/1978 (“Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”) la mancata o non corretta applicazione della legge, soprattutto in alcune aree del nostro paese, limita ancora fortemente l’accesso all’aborto.
Partendo dalle denunce delle donne e delle coppie, l’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica ha voluto riaprire oggi il confronto sul diritto all’aborto in Italia e sulle criticità applicative e normative della legge 194, facendosi promotrice della costituzione di un intergruppo parlamentare in materia di salute riproduttiva e IVG. Durante un seminario organizzato con l’intergruppo, oggi l’Associazione ha presentato alcune proposte di modifica delle parti della legge che mostrano le più evidenti ed urgenti criticità, sulla base dell’esperienza applicativa. In particolare:
- Eliminare il periodo di attesa obbligatorio. Le procedure per l’interruzione volontaria di gravidanza sono sicure; è possibile comunque avere complicazioni, la cui incidenza aumenta progressivamente con l’aumentare dell’epoca gestazionale. Se la donna è convinta della sua scelta, costringerla a soprassedere sulla sua decisione per un periodo la cui durata è fissata per legge la espone solo a un rischio maggiore di complicazioni, per la salute fisica e per la salute psichica. Si propone di eliminare il periodo di attesa obbligatorio, eliminando il comma 3 dell’articolo 5 e modificando il comma 4 nel seguente modo: eliminare la dicitura “se non viene riscontrato il caso di urgenza” nonché la dicitura “e la invita a soprassedere per sette giorni. Trascorsi i sette giorni”.
- Introdurre il “rischio per la salute” della donna per le IVG oltre il 90esimo giorno. Al momento, quando vi sia la possibilità per il feto di vivere al di fuori dell’utero (oggi oltre 21 settimane + 6 giorni) la legge permette l’aborto solo se vi sono rischi per la vita della donna, e non per la sua salute. Questo corrisponde a una scelta legislativa molto rigorosa e penalizzante, configurabile come un vero e proprio “obbligo di continuazione della gravidanza” in presenza, appunto, di pericoli gravi per la salute. Per questo si propone di integrare così l’articolo 6: “quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita o per la salute della donna”.
- Eliminare l’obbligo del medico di “salvaguardare la vita del feto”. Al suo posto si propone di inserire che “l’autorizzazione all’interruzione della gravidanza viene data da una commissione medica che valuta il singolo caso”. L’attuale approccio di attivismo terapeutico pone non pochi problemi e rende impossibile l’aborto in utero, previsto da tutte le società scientifiche internazionali. Oggi in Italia non è possibile, in pratica, abortire dopo la 22esima settimana e, in presenza di una diagnosi di seria patologia fetale, la donna dovrebbe partorire un figlio gravemente ammalato: una prospettiva inaccettabile per moltissime donne, che decidono dunque di abortire all’estero.
“Da anni con l’Associazione Luca Coscioni stiamo lavorando affinché la legge 194 sia applicata in modo corretto su tutto il territorio e affinché vi sia equità nell’accesso all’erogazione dei servizi di interruzione di gravidanza – spiega Filomena Gallo, Segretaria dell’Associazione Luca Coscioni -. L’indagine ‘MAI DATI’, condotta da Chiara Lalli e Sonia Montegiove ha inoltre evidenziato la necessità di disporre di dati aperti, al fine di rilevare correttamente tutti i disservizi in modo che sia Ministro della Salute sia le Regioni possano intervenire tempestivamente per garantire quanto previsto dalla legge stessa. Nel contempo, però, abbiamo iniziato a lavorare al ‘Tagliando alla legge’, che è in vigore dal 1978. Con i Parlamentari dell’intergruppo che abbiamo promosso seguiremo la via parlamentare di modifica non tralasciando le altre vie possibili, inclusi i Tribunali. Segnalo inoltre che è attiva una petizione al Parlamento affinché le proposte formulate arrivino a tutti i Parlamentari.
“L’importanza del seminario che si è tenuto oggi consiste nell’aver analizzato la legge 194 a 45 anni dalla sua approvazione come è doveroso e necessario dopo così tanti anni di applicazione, un vero e proprio “tagliando” come è stato intitolato – dichiara Mirella Parachini, ginecologa, vicesegretaria dell’Associazione Luca Coscioni -. Dovrebbe essere l’inizio di un percorso che, come è successo in alcuni paesi, potrebbe portare ad alcune modifiche in senso migliorativo della legge, ma anche ad un ripensamento dal punto di vista della sua impostazione, integrando nel concetto di salute anche quella riproduttiva che, come sottoscritto dal nostro paese in diversi documenti in sede internazionale, comporta i criteri di uguaglianza e autodeterminazione nella scelta della maternità”.