Sul campo per assistere i pazienti cronici e con esigenze speciali di salute. Da Faenza, comune tra i più colpiti dall’alluvione, arriva tempestiva la risposta della medicina generale alle richieste di auto di centinaia di famiglie. Nonostante l’alluvione abbia messo in ginocchio ogni genere di servizio, l’intraprendenza e la capacità organizzativa dei medici di famiglia ha ben presto dato vita ad una vera e propria “task force”. Una sorta di unità di risposta rapida capace di operare di concerto con il distretto sanitario di competenza e con il coordinamento delle componenti del Servizio nazionale della Protezione civile.
«Il miglior esempio di come la medicina generale, subordinata solo alla scelta fiduciaria del paziente, sia in grado di offrire risposte di salute efficaci e di adattarsi ad ogni possibile scenario, anche il più drammatico», sottolinea il segretario generale della Fimmg Silvestro Scotti.
A dare vita a quello che sul campo stanno ribattezzando il “modello Faenza” è stato un gruppo di cinque medici di medicina generale, costretti a chiudere il proprio ambulatorio perché inagibile, visto che la struttura nel quale si trova è stata invasa dall’acqua. «Le cose hanno iniziato ben presto ad andare male» spiega Elena Bazzocchi, una delle dottoresse coinvolte. «Ci siamo subito resi conto che non potevamo semplicemente chiudere e aspettare il sereno. Abbiamo deciso di ritrovarci al primo punto di raccolta messo in piedi dal Coc della Protezione Civile e lì abbiamo cercato di dare una risposta alle richieste di salute di quanti erano in arrivo. Ci siamo adoperati per assicurare la prescrizione e la distribuzione, seppur minima, di farmaci necessari per la sera stessa e la mattinata successiva».
Da un primo nucleo, l’esperienza è stata prontamente replicata. In brevissimo tempo, i medici di medicina generale sono riusciti a riattivare quella che si configura come un’assistenza territoriale di “ordinaria emergenza”. Rimboccandosi le maniche per loro iniziativa, in silenzio e senza clamori. Certamente, come è giusto, in accordo con l’ASL di competenza. «Benché sia difficile far comprendere la reale portata del dramma che queste popolazioni stanno vivendo – sottolinea Scotti – e avendo ascoltato direttamente dalla dottoressa Bazzocchi l’entusiasmo e la dedizione con cui questi medici di medicina generale si stanno adoperando, credo che non ci sia per noi un modo più efficace di onorare la Giornata Mondiale del medico di famiglia che raccontando questa storia. L’attualità di un’emergenza può far comprendere, soprattutto a giovani medici indecisi sul proprio futuro, quanto questo modo di “fare il medico”, nella prossimità, ti faccia vivere la migliore esperienza di relazione medico-paziente. Uniti in un territorio comune. Pronti, insieme, a rispondere ai diversi bisogni che le situazioni possono creare. Una professione, la nostra, che ha da sempre come obiettivo primario quello di realizzare il diritto costituzionale alla salute dei cittadini. Non solo in condizioni ordinarie – conclude Scotti – ma anche in situazioni di emergenza. È stato così con la Pandemia, quando l’iniziativa di un’intera categoria ha consentito di salvare centinaia e centinaia di vite; è così oggi. E sarà sempre così difronte alla chiamata dei nostri pazienti».