Favorire le diagnosi precoci e incentivare un maggiore approccio multidisciplinare tra i vari specialisti. Sono questi i due punti su cui intervenire per migliorare l’assistenza ai malati reumatologici con complicanze polmonari. La più pericolosa è l’interstiziopatia polmonare che si manifesta attraverso un danneggiamento delle cellule degli alveoli. “Può essere anche fatale e nonostante sia molto diffusa, in Italia i pazienti hanno ancora importanti bisogni insoddisfatti a cui è necessario dare una risposta”. È quanto sostiene Silvia Tonolo, Presidente dell’Associazione Nazionale Malati Reumatici (ANMAR Onlus).
L’Associazione oggi, al Ministero della Salute, presenta i risultati della campagna nazionale “Dalla teoria alla pratica: come migliorare il percorso di cura e di vita del paziente con malattie reumatiche autoimmuni e complicanza polmonare”. Il progetto si è posto l’obiettivo di avviare, per la prima volta nel nostro Paese, una sensibilizzazione reale della popolazione, della classe medica e delle istituzioni su un aspetto trascurato nella gestione del paziente.
“L’interstiziopatia polmonare può peggiorare la qualità di vita di chi sta già affrontando una grave malattia reumatologica autoimmune – sottolinea il prof. Gian Domenico Sebastiani, Presidente Nazionale della Società Italiana di Reumatologia (SIR) -. Si calcola che possa coinvolgere fino al 90% dei pazienti con sclerosi sistemica, il circa il 25% di quelli con artrite reumatoide, il 30% con sindrome di Sjogren e il 10% con lupus eritematoso sistemico. Può verificarsi, con frequenza e gravità variabile, ma in un caso su tre evolve in fibrosi polmonare, il che comporta un danno d’organo irreversibile. Inoltre il coinvolgimento polmonare presenta un forte impatto sulla prognosi. È la principale causa di morte nella sclerosi sistemica mentre nell’artrite reumatoide riduce la sopravvivenza, soprattutto tra i maschi”. “Come Associazione la problematica più grande che riscontriamo è la fatica con la quale un paziente riesce a ricevere una diagnosi corretta e tempestiva – sottolinea Silvia Tonolo -. Abbiamo perciò scritto insieme a illustri medici un PDTA, Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale. Vuole essere uno strumento di indirizzo per la gestione clinica e un migliore processo d’assistenza basati su forti evidenze scientifiche. Il documento si pone anche l’obiettivo di contenere gli alti costi che gravano sul sistema sanitario nazionale”.
Il 70% dei pazienti con artrite reumatoide, colpiti anche da interstiziopatia polmonare, è costretto almeno una volta ad essere ricoverato in ospedale o ad visita in pronto soccorso.
“Il problema della mancata individuazione precoce della complicanza è da ricercare nei sintomi che sono generici – aggiunge il prof. Mauro Galeazzi, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio CAPIRE -. Fiato corto, tosse secca, perdita di peso sono i più frequenti e nella maggioranza dei casi vengono sottovalutati. Di solito sono erroneamente identificati come legati alla BPCO, un’altra patologia respiratoria molto diffusa tra i malati reumatologici. Per la diagnosi è fondamentale una TAC del torace ad alta risoluzione e non è un esame complicato da svolgere. Però è molto difficile arrivare ad una corretta interpretazione dell’esito del test e il singolo specialista può incontrare grosse difficoltà”.
“Proprio per questo tutti i pazienti dovrebbero essere seguiti da un team multidisciplinare – aggiunge il prof. Alfredo Sebastiani, Responsabile day hospital pneumologico e centro fibrosi polmonare Ospedale San Camillo di Roma -. La ‘squadra’ dovrebbe prevedere la partecipazione di pneumologo, reumatologo, radiologo e anche altri professionisti, a seconda delle necessità, come l’anatomo-patologo o il cardiologo. Con una gestione collegiale è possibile assicurare una migliore assistenza dal momento della diagnosi fino al follow-up. Nel nostro Paese la discussione multidisciplinare tra il reumatologo e lo pneumologo non è ancora una realtà consolidata e troppi malati sono valutati e trattati singolarmente da uno specialista. Esistono tuttavia degli esempi virtuosi come l’ambulatorio per le interstiziopatie polmonari autoimmuni che abbiamo attivato al San Camillo-Forlanini di Roma. In questa struttura sanitaria riusciamo a ottimizzare i tempi diagnostici e di cura e ogni singolo caso viene realmente gestito da diversi specialisti”.
“L’approccio multidisciplinare è essenziale e il monitoraggio risulta molto complesso – conclude Silvia Tonolo -. Come ANMAR stiamo svolgendo da mesi attività di formazione e informazione dei pazienti che devono imparare ad osservarsi. Il primo passo per contrastare efficacemente le complicanze polmonari, legate alle malattie reumatologiche, è saper descrivere in modo corretto i sintomi. Bisogna fornire al medico di medicina generale o allo specialista reumatologo tutti gli elementi di analisi per individuare l’insorgenza di un’eventuale comorbilità”.