Covid-19, sviluppati algoritmi per predirne il decorso e migliorare la pratica clinica

Valutare con accuratezza la gravità della malattia; comprendere come l’organismo sta reagendo all’infezione da SARS-CoV-2 e quali meccanismi di difesa ha messo in atto; prevedere il decorso delle condizioni del paziente infetto e identificare gli interventi più adeguati per limitare i danni provocati dalla risposta del corpo all’agente patogeno. In poche parole, sapere in anticipo cosa aspettarsi dal virus e come “scendere in campo” in modo mirato ed efficace.

È davvero una preziosa conquista, per la ricerca scientifica e la pratica clinica, quella che un team di ricercatori dell’Università di Udine ha messo nero su bianco nello studio di recente pubblicazione Combining Deep Phenotyping of Serum Proteomics and Clinical Data via Machine Learning for COVID-19 Biomarker Discovery.

 

Uno straordinario lavoro di squadra portato avanti tra febbraio e settembre 2021, proprio all’inizio della campagna vaccinale, da 19 autori, tra ricercatori clinici, di laboratorio, biostatistici e informatici esperti di Intelligenza Artificiale del Dipartimento di Area Medica – DAME, di Matematica-Informatica e Fisica – DMIF e dell’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale in un’ottica di sinergia sempre crescente.

 

Un progetto unico nel panorama internazionale, per numerosità dei pazienti arruolati, ben 160, e dei parametri presi in considerazione (dati sierologici, clinico-anamnestici e anagrafici) e che, proprio grazie alla spiccata componente multidisciplinare, elemento cardine del Piano Strategico di sviluppo dell’Ateneo, e all’utilizzo di sofisticati sistemi di Intelligenza Artificiale, ha permesso di comprendere meglio i meccanismi più sottili legati alla stratificazione del rischio.

 

«Riuscire ad identificare prospetticamente i pazienti più fragili e a comprendere la grande variabilità dell’organismo nella risposta all’agente patogeno è certamente fondamentale per poter programmare interventi adeguati e tempestivi». A spiegarlo è Antonio Paolo Beltrami, ricercatore presso il Dipartimento di Area Medica, mentre ricorda che lo studio ha coinvolto prevalentemente uomini over 65 affetti dalle varianti alfa o delta e i cui dati, raccolti tramite prelievi ematici, sono stati poi incrociati e analizzati attraverso 5 metodiche diverse.

 

Obiettivo, identificare nuovi potenziali biomarcatori e riuscire «a definire il rischio individuale di trovarsi in una fase iniziale di malattia non ancora sintomatica o la probabilità di ammalarsi in futuro – sottolinea il Prof. Francesco Curcio, Direttore del Dipartimento di Medicina di Laboratorio dell’Istituto di Patologia Clinica dell’ASUFC mentre rimarca il fatto che l’approccio utilizzato si configura quale esempio pratico e applicativo della cosiddetta “Precision Medicine”, nel contesto della “Medicina Personalizzata”.

 

«Gli strumenti innovativi cui siamo ricorsi per l’analisi dei dati – conferma il Prof. Carlo Tascini, Direttore della SOC Clinica Malattie infettive dell’ASUFC – ci hanno permesso di rilevare numerose molecole utilizzando piccoli volumi di materiale biologico configurandosi allo stesso tempo come modelli strategici per poter fronteggiare, adesso, malattie ben più note del Covid ma i cui meccanismi sono ancora oggi poco conosciuti e comunque difficili da rilevare attraverso metodiche di studio standard».

 

E a beneficiare dell’approccio innovativo impiegato potrebbero essere anche, in futuro, «nuovi virus o patogeni emergenti – sottolinea il Prof. Carlo Pucillo, Ordinario e Direttore del Laboratorio di Immunologia presso il DAME – perché il modello predisposto ci permette oggi di identificare una serie di marcatori che descrivono non soltanto la gravità della malattia ma anche la tipologia di risposta dell’organismo permettendo di prevedere quale sarà l’esito del decorso e individuare i pazienti che potrebbero trarre certo beneficio da specifici trattamenti».

 

É la prima volta infatti, come ricorda il Prof. Gianluca Tell, Ordinario e Direttore del laboratorio di Biologia Molecolare del Dipartimento di Area Medica che uno «studio simile ricorre a tecniche così sofisticate in grado di restituire una fotografia olistica, capace dunque di riassumere la caratterizzazione clinica dei pazienti e un numero considerevole di biomarcatori per identificare quelli legati inequivocabilmente a prognosi avversa».

 

A confermarlo è lo stesso Prof. Gian Luca Foresti, Ordinario di Informatica presso il Dipartimento di Scienze matematiche, informatiche e fisiche, a guida del team esperto in AI, parte essenziale della filiera sapientemente costruita. «Sono state impiegate 4 tecniche di Explainable Machine Learning che, associate ad un efficace modello di classificazione, hanno permesso di analizzare la correlazione tra centinaia di parametri, variabili nel tempo, supportando le analisi statistiche effettuate tramite regressione logistica. L’importanza delle tecniche di explainable AI è particolarmente accentuata nel contesto medico in cui l’efficacia del modello predittivo è importante ma è altrettanto necessario comprendere le motivazioni che hanno portato ad una determinata decisione».

 

Un prezioso tassello preliminare quello posto dai ricercatori che apre certamente nuove strade per il futuro soprattutto in una prospettiva di interazione sempre più forte tra DAME e DMIF. «Questo lavoro è una prima dimostrazione che la filiera funziona –  aggiunge la Prof.ssa Miriam Isola, Associata di Statistica Medica presso il DAME – e che L’Università e L’ASUFC possono adesso utilizzarla anche per altre patologie».

 

Il Team della ricerca

Antonio Paolo Beltrami, Maria De Martino, Emiliano Dalla, Matilde Clarissa Malfatti, Federica Caponnetto, Marta Codrich, Daniele Stefanizzi, Martina Fabris, Emanuela Sozio, Federica D’Aurizio, Carlo E. M. Pucillo, Leonardo A. Sechi, Carlo Tascini, Francesco Curcio, Gian Luca Foresti, Claudio Piciarelli, Axel De Nardin, Gianluca Tell and Miriam Isola

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