HIV, discriminazioni in Italia: la LILA fa il punto

Secondo l’elaborazione dei numeri e dei casi più eclatanti segnalati e trattati dalle Helpline e dagli uffici legali LILA, prendendo solo i dati degli ultimi quattro anni, le discriminazioni subite dalle persone con HIV o reputate a rischio HIV non mostrano flessioni.

Tra il 2021 e il 2024 le persone con HIV che hanno preso contatto con i servizi della LILA sono state circa 2.700, un numero non trascurabile se rapportato al numero di persone con HIV presenti in Italia (140mila circa) e al numero limitato di anni presi in esame, in sostanza l’1,9% del totale.

Il tema più trattato e sul quale viene richiesto particolare supporto è quello delle terapie e del vivere con l’HIV. Subito dopo, quello sentito con maggior urgenza è il nodo dei diritti e, spesso, si tratta di diritti negati o che le persone con HIV fanno fatica a vedere rispettati. In questo quadriennio le percentuali di chi ha richiesto informazioni o supporto in materia di diritti sono rimaste stabilmente tra il 35,5% e il 41,2%, quindi più di una persona con HIV su tre.

Nell’ambito delle richieste sui diritti, le criticità che ci vengono più comunemente segnalate riguardano discriminazioni in base allo stato sierologico, episodi o rischi di violazione della privacy, la divulgazione, non consentita e non legale di informazioni sullo stato sierologico di persone con HIV in ambienti lavorativi, sanitari, relazionali: tali violazioni vengono spesso celate dietro le routine delle procedure amministrative e burocratiche di cui, poi, nessuno si assume la responsabilità. La richiesta di documentazione sul proprio stato di salute in ambito bancario, assicurativo, amministrativo (es: richieste mutui e prestiti, stipula di polizze assicurative, rilascio/rinnovo della patente) è pratica tanto comune quanto scorretta se non illegale che si traduce, spesso, nell’impossibilità di esercitare dei diritti essenziali. Ma la pratica illecita più diffusa e più grave è, sicuramente, la richiesta di test per l’HIV nei luoghi di lavoro, sia in fase di pre-assunzione, sia in costanza di rapporto lavorativo.

Nel 2021 le persone con HIV che ci hanno chiesto supporto in abito lavorativo sono state una trentina mentre i casi di discriminazione subite in altri ambiti sono stati ventuno; nel 2022, oltre, ad una cinquantina di persone che hanno chiesto informazioni per la tutela della propria privacy, ci sono stati segnalati almeno una trentina di casi di discriminazioni, la metà dei quali relativi a richieste di test collegati al lavoro. Quindici le richieste di test sul lavoro segnalate nel 2023 e dodici i casi di discriminazione di cui ci siamo occupati. Analoga all’anno precedente la quota di persone che ci hanno chiamato per preoccupazioni relative alla privacy. Nell’anno in corso, infine, il 2024 le segnalazioni di violazioni che ci sono pervenute sono state oltre sessanta, la metà riguarda l’ambito lavorativo, le altre, prevalentemente, ambienti sanitari.

Dopo le discriminazioni in ambito lavorativo, le più numerose sono, dunque, incredibilmente, proprio le violazioni in contesti sanitari, laddove ci si attenderebbero un adeguato aggiornamento professionale e comportamenti dettati dalla razionalità scientifica. Le discriminazioni più frequenti che ci vengono segnalate in questo settore riguardano la persistente pratica di collocare le persone con HIV agli ultimi posti delle liste per gli interventi chirurgici, così da evitare di “contaminare” le sale operatorie. Tale motivazione non è solo antiscientifica e discriminatoria, ma anche molto inquietante; lascia, infatti, supporre che, generalmente, i criteri di sterilizzazione e protezione di ambienti così delicati, non vengano applicati ai loro massimi livelli di sicurezza.

Altre forme di discriminazione in ambito sanitario riguardano il rifiuto di prestare cure a persone con HIV, diffuso soprattutto in ambito odontoiatrico, la rivelazione non necessaria e non richiesta dello stato sierologico di pazienti, l’assunzione di comportamenti giudicanti o ghettizzanti verso pazienti con HIV, spesso alimentati dalla mancata conoscenza delle norme di legge e dell’evidenza scientifica U=U, nota ormai da oltre un decennio, un fatto davvero inconcepibile da parte di medici e personale sanitario. In sostanza, chi fa ricorso alle terapie antiretrovirali ha una carica virale talmente bassa da non trasmettere il virus, nemmeno in caso di rapporti sessuali non protetti dal profilattico. Grazie alle terapie ART, inoltre, le persone con HIV hanno raggiunto aspettative di vita e condizioni di salute sempre più vicine a quelle della popolazione generale rendendo assolutamente anacronistica ogni valutazione che non risponda a criteri di rischio generali (es: per mutui, polizze, interventi chirurgici ecc) o alla tutela della salute della persona stessa.

Numerose le iniziative organizzate in occasione della Giornata mondiale: https://www.lila.it/it/iniziative/1876-wad2024-index

Può interessarti