La fibromialgia è una sindrome complessa cronica multifattoriale ad eziopatogenesi non ben identificata caratterizzata dall’estrema varietà e differenziazione di sintomi che la esprimono. Nel nostro Paese colpisce circa due milioni di persone, in grande maggioranza di sesso femminile. La complessità del quadro clinico e la mancanza di biomarcatori fanno sì che da un lato ancora si metta in dubbio la sua esistenza e dall’altro che i clinici negli anni abbiano avuto la necessità di stilare diversi criteri classificativi/ diagnostici (ultimi quelli dell’ACR 2016) che li aiutassero a fare una diagnosi corretta e così ridurre il ritardo diagnostico che ancora è comunque molto alto (in media 3/5 anni).
Chi è il clinico che può essere a fianco del cittadino-paziente nella sua “battaglia contro la fibromialgia”? È il reumatologo. Nell’occasione della recente giornata mondiale dedicata a questa patologia è stata Daniela Marotto, presidente del Collegio Reumatologi Italiani (CReI), a puntualizzare come «per una corretta diagnosi di fibromialgia occorre una corretta e attenta valutazione clinica che consideri tanti aspetti oltre al dolore generalizzato e cronico, quali le alterazioni del sonno nei suoi molteplici aspetti (insonnia, difficoltà all’addormentamento, frequenti risvegli), stanchezza e deficit neurocognitivi (la cosiddetta nebbia fibromialgica), e faccia una corretta diagnosi differenziale. Proprio la complessità della sintomatologia, altamente invalidante spinge il paziente a peregrinare per anni tra vari specialisti che spesso non guardano alla complessità del quadro, ma solo al singolo sintomo ritardando così la diagnosi e di conseguenza peggiorandone la prognosi». Dalla complessità del quadro clinico si comprende come sia necessario avere un approccio terapeutico multimodale che sia – prosegue Marotto, «solo di tipo farmacologico ma che contempli un‘attività fisica regolare, precise indicazioni alimentari e in alcuni casi terapie psicologiche di supporto quali quelle di tipo cognitivo comportamentale».
La patologia è riconosciuta come tale in molti paesi, ma tra questi purtroppo non c’è ancora l’Italia. In questa occasione quindi, CreI lancia un messaggio “di sistema” per bocca della sua presidente: «Occorre creare una consapevolezza da parte dei cittadini nei confronti del loro stato di malattia, accompagnata dalla creazione di un’alleanza terapeutica con i clinici, e seguita dall’impegno dell’ambiente istituzionale, politico, parlamentare e regionale di dare forma legislativa e normativa alla presa in carico del paziente con fibromialgia, a partire dal suo inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza».
In Italia la battaglia per il riconoscimento di questa patologia sta andando avanti, come sottolineato dalla presidente CReI, grazie anche al lavoro delle associazioni pazienti e all’attenzione delle istituzioni. «Il non riconoscimento come malattia invalidante – prosegue Marotto – è una carenza sostanziale per il nostro Paese a cui per fortuna alcune regioni stanno cercando di porre rimedio, ma proprio in questa giornata occorre lanciare forte il messaggio: i pazienti non possono più aspettare».
Il mondo clinico non è impreparato di fronte ad una patologia che presenta numeri indicativi decisamente preoccupanti. «Gli specialisti in reumatologia, in stretta collaborazione con i medici di medicina generale sono i clinici che direttamente possono intercettare, diagnosticare e rispondere al bisogno di salute del paziente con fibromialgia», conclude la presidente Marotto. «Noi abitualmente incontriamo nei nostri ambulatori, dalla Sardegna al Friuli, dal Piemonte alla Campania, pazienti che si presentano con quella tipica ampiezza di sintomi preoccupanti che può essere ricondotta alla sindrome fibromialgica. Il messaggio che ci sentiamo di lanciare è come sempre uno solo: non sottovalutate i vostri sintomi, non tenete in silenzio il vostro malessere, non silenziate il vostro dolore. Occorre che si crei una attenzione consapevole di tutti i cittadini verso il proprio stato di salute e che questa attenzione si traduca in una visita dal proprio medico di medicina generale, che saprà indicare la via migliore per accedere allo specialista reumatologo che renderà possibile un affronto tempestivo, preciso e soddisfacente di una sindrome che non più possiamo più considerare invisibile».