Come un normale farmaco hanno un principio attivo, solo che anziché essere una molecola, chimica o biologica che sia, in questo caso è un algoritmo, che consente di regolare comportamenti, esercizio fisico, alimentazione e quant’altro influisca su tutta una serie di malattie, a cominciare da quelle psichiche e cognitive, per finire con l’ipertensione, il diabete, il dolore cronico o le broncopatie. E come una classica pillola hanno un eccipiente, in questo caso costituito da app o giochi on line, tanto per fare qualche esempio. Scopo dell’eccipiente è anche in questo caso rendere il principio attivo più facilmente assimilabile dal paziente.
Non siamo nel futuro ma nel presente della medicina, quella delle terapie digitali (DTx nella contrazione inglese) che già oggi contano 295 studi clinici effettuati e diverse decine di terapie già approvate, anche se, in assenza di regole e con una digitalizzazione che arranca, l’Italia è al momento ancora ferma al palo. Con il rischio di restare tagliata fuori dalla nuova frontiera terapeutica, che secondo un’analisi dell’Allied Market Research avrà un mercato globale di 13,8 miliardi di dollari entro il 2027, con un ritmo di crescita del 20,5% l’anno.
L’Italia corre il rischio di essere tagliata fuori dalla nuova frontiera terapeutica delle DTx
Il tema è al centro degli Stati generali della Sanità digitale e delle terapie digitali che si svolgeranno il 19 e 20 settembre al Politecnico di Milano, mentre una dettagliata analisi del contesto e delle sfide poste da questa promettente tecnologia sono contenute nel volume appena pubblicato on line “Terapie digitali, una necessità per l’Italia”, promosso da Fondazione Tendenze Salute e Sanità (TESSA) e dalla Società Scientifica FADOI, la Federazione dei medici internisti ospedalieri. Una pubblicazione che ha raccolto il contributo di oltre 40 fra clinici, pazienti, farmacisti, metodologi, Direttori di Aziende Sanitarie, economisti, legali, esperti in materia regolatoria e rappresentanti del mondo industriale e delle aziende di servizi.
Prima di tutto parlando di questa nuova frontiera della medicina va sgomberato il campo da un equivoco: come riporta un articolo dell’Istituto Farmacologico Mario Negri, le terapie digitali «non sono semplici applicazioni che riguardano il benessere (come le tante che possiamo scaricare dai vari store del web), né interventi di telemonitoraggio, né sistemi offerti dalle aziende farmaceutiche che aiutano i pazienti nella gestione delle loro patologie, a cominciare dalla adesione al trattamento farmacologico (chiamati Patient Support Program). Sono invece dei veri e propri interventi curativi, capaci di migliorare risultati clinici al pari di un trattamento farmacologico. Possono assumere la forma di applicazioni o app, videogiochi, siti web, o addirittura dispositivi indossabili (wearable)».
Come funzionano le terapie digitali
Mentre un farmaco interviene sulla biologia del paziente, le terapie digitali interagiscono con pensieri e comportamenti di chi le utilizza. Per questo si basano su modifiche degli stili di vita o sulla applicazione di interventi di carattere cognitivo-comportamentale. Possono funzionare da sole oppure in combinazione con i farmaci tradizionali. Nella prima categoria rientrano ad esempio le app in grado di far ridurre i livelli di emoglobina glicata nei diabetici, favorendone una migliore alimentazione e un più corretto e costante esercizio fisico.
Servono un iter normativo veloce e criteri rigorosi per le evidenze cliniche, a tutela dei pazienti, dei medici e di chi ne sostiene i costi
«FADOI – afferma il Presidente della Federazione, Francesco Dentali – ha voluto farsi partire attiva di questo progetto convinta delle potenzialità di queste tecnologie che riguardano la gestione di numerose patologie croniche o ad andamento cronico e che hanno un altissimo impatto epidemiologico, sanitario e sociale. Siamo di fronte a un nuovo paradigma delle terapie con il quale non possiamo esimerci di confrontarci».
«Le tecnologie digitali sono un mondo che si muove velocemente e per questo è necessario velocizzare l’iter normativo per un sviluppo Made in Italy di ricerca e sviluppo di queste terapie», afferma Elio Borgonovi, Presidente di Fondazione TESSA. A questo proposito nel giugno del 2023 è stata presentata presentata alla Camera una proposta di legge (Pdl n 1208, prima firmataria On. Simona Loizzo) per regolamentare le terapie digitali, che i promotori e gli autori del volume auspicano possa seguire un iter parlamentare accelerato.
«Pur riconoscendo le peculiarità di questi prodotti, per le terapie digitali devono valere i criteri di rigore metodologico e di generazione di evidenze cliniche di alta qualità così come accade per i farmaci, e questo a garanzia dei pazienti, dei medici che le prescrivono e di chi ne sostiene i costi», precisa Giuseppe Recchia, Vice-Presidente di Fondazione TESSA e co-Editor del volume.
«Perché le terapie digitali possano essere realtà anche nel nostro Paese – propone a sua volta Fulvio Pomero, Direttore del Dipartimento di Ricerca Clinica FADOI e co-Editor del documento – è fondamentale inserire questa innovazione nell’ambito dei LEA». Magari con la previsione di un Fondo specifico come quello già da tempo previsto per i farmaci innovativi.