“Oggi siamo in piazza con i colleghi dell’intersindacale per portare la nostra solidarietà, e per manifestare il nostro impegno per salvare il Servizio Sanitario Nazionale. Allo stesso modo, siamo solidali con i medici di famiglia Fimmg che, alle 17, visiteranno per un quarto d’ora a lume di candela, per lanciare un segnale d’allarme sulla situazione drammatica della medicina generale”.
Così il Presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Filippo Anelli, al suo arrivo, insieme al Vicepresidente Giovanni Leoni e al Segretario Roberto Monaco, in piazza santi Apostoli a Roma, dove è in corso la manifestazione “Salviamo la Sanità pubblica”, indetta dall’Intersindacale “Uniti per la sanità”.
“Il disagio dei medici – spiega – è trasversale alla professione: turni infiniti, carenza di organici, burocrazia soffocante, scarso riconoscimento sociale ed economico, aggressioni e incidenti sul lavoro rendono impossibile dedicarsi ai pazienti con la dovuta serenità. Anzi, il malessere è trasversale a tutte le professioni sanitarie. Tanto che sempre più professionisti lasciano il Servizio sanitario nazionale, scegliendo il privato, laddove offre migliori condizioni di lavoro e di vita, l’estero o il prepensionamento”.
“La situazione è drammatica – continua – il Servizio sanitario nazionale, senza professionisti, rischia di scomparire. E, quel che è peggio, nessuno sembra accorgersene. Sembra che sia più importante costruire una struttura, acquistare uno strumento rispetto a valorizzare il capitale umano”.
“Il Fondo sanitario nazionale è stato incrementato in questi ultimi anni – aggiunge – ma la maggior parte delle risorse sono destinate all’acquisto di beni e servizi. Per questo avevamo chiesto di vincolare 2 miliardi di euro per i professionisti. Che, sempre più, lasciano la sanità pubblica: solo considerando i pensionamenti, usciranno, da qui al 2027, 41.000 tra medici di famiglia e dirigenti medici, 50mila se consideriamo l’insieme dei medici del Servizio sanitario nazionale. E, se tutti i medici che esprimono il desiderio di fuggire dal pubblico lo mettessero in pratica, tra pensionamenti e dimissioni il numero salirebbe a 100mila. Ma il Servizio sanitario nazionale, senza le persone, senza i medici, senza i professionisti sanitari non esiste”.
“L’alternativa – conclude – è un sistema dove la sanità sia sempre di più affidata ai privati, alle cooperative, alle assicurazioni. Questo creerebbe un aumento delle disuguaglianze e farebbe crollare quei principi di universalità, uguaglianza ed equità che, reggendo il nostro Servizio sanitario nazionale, costituiscono il presupposto per assicurare la coesione sociale del Paese”.