Intervista al Professor Luca Pani, Università di Modena e Reggio Emilia, University of Miami
Quali sono le peculiarità delle terapie avanzate che richiedono nuovi modelli di pricing e rimborsabilità?
La definizione di terapie avanzate dal punto di vista regolatorio è abbastanza chiara ma le innovazioni tecnologiche degli ultimi 5 anni rappresentano delle sfide per coloro che devono approvare e soprattutto dare il giusto valore a tanta presunta innovazione. Il punto importante da sottolineare subito è infatti che l’innovazione resterà teorica sino a quando non avremmo abbastanza dati per valutare l’impatto di terapie eradicanti e che richiedono una singola somministrazione, sulla progressione e la modifica di malattie altrimenti fatali. Tanto per concentrarci, da subito, sul tema più importante: quello di prodotti teoricamente capaci di fare la differenza tra una vita normale o morte sicura.
Il modello basato su 3 prezzi consente di modulare la rimborsabilità anche in base al livello di evidenza di efficacia disponibile
L’anno scorso lei ha pubblicato un nuovo modello di pricing, elaborato con un gruppo di economisti: in che cosa consiste?
Nelle condizioni che ho appena descritto ci si trova a negoziare, sia da punto di vista del pagatore pubblico o privato (i.e. assicurazioni sanitarie) che dell’industria, in condizioni di estrema incertezza e sotto altissime pressioni psicologiche e sociali che troppo spesso diventano politiche. In questi casi la strategia di attendere o, peggio, rifiutarsi di discutere un prodotto farmaceutico con una efficacia potenziale superiore alle terapie standard non è eticamente accettabile ma non lo è neppure ammettere delle rimborsabilità sino a milioni di euro per paziente senza conoscere per quanto a lungo la nuova terapia avrà effetto o anche ignorare per quanti pazienti sarà necessaria. Abbiamo quindi proposto un modello basato su tre prezzi: il primo molto basso quando le evidenze di efficacia non sono ancora certe; un secondo variabile, ma più alto del primo, deciso in base ai risultati della prima fase e un terzo prezzo che torna a livelli più bassi e predeterminati pur in presenza di una protezione brevettuale attiva per consentire a nuovi prodotti innovativi, magari della stessa azienda, di entrare sul mercato con lo stesso tipo di schema e dunque arrivare prima ai pazienti.
Quali sono i principali vantaggi e le criticità, rispetto ad altri modelli come ad esempio il pay-for-performance?
I vantaggi sono quelli che ho appena illustrato: far accedere a terapie realmente miracolose in tempi brevissimi, da 3 a 5 anni prima, di quanto accade adesso. Un altro vantaggio emerge quando si tratta di farmaci che curano popolazioni di pazienti dalla epidemiologia imprecisa, in cui non sappiamo esattamente quanti siano, il modello in questo caso consente di ridurre l’impatto economico di questa incertezza. La criticità maggiore, che di fatto lo rende prevalentemente teorico, è che nessun pagatore – pubblico o privato – accetterebbe di aumentare il rimborso di un prodotto che, per anni, ha pagato anche cinque volte di meno. A meno che non si possano applicare dei correttivi su cui infatti stiamo lavorando.
A suo parere, questo modello è applicabile alla realtà italiana, e in che termini?
Sylvain Chassang e Erik Snowberg, i due economisti con cui abbiamo elaborato queste idee e con cui ancora collaboriamo, furono attratti proprio dalle strategie negoziali dell’AIFA tra la fine del 2011 e il 2016. Questo modello nasce quindi dalla realtà italiana ovvero dall’uso “illuminato” che, in quel periodo, facemmo di centinaia di contratti negoziali vincolati a registri certificati e web based (certo non cartacei) e al payment by result cancellando – di fatto – schemi assolutamente obsoleti di risk e cost sharing che, per questo tipo di prodotti e per quelli che arriveranno, sono completamente inadeguati.
L’obiettivo è garantire l’accesso ai pazienti in tempi molto brevi e compensare le incertezze delle terapie innovative
Questo modello potrà favorire l’early access delle terapie avanzate ai pazienti?
È stato pensato esattamente per questo motivo ma anche per compensare le incertezze che sono insite nelle cosiddette innovazioni terapeutiche, molte delle quali potrebbero non rivelarsi tali. Tuttavia, e nonostante questa premessa, bisogna tenere presente che nei prossimi 8-10 anni ci saranno da valutare e negoziare circa 1.000 terapie avanzate e che, se pure ne fallissero il 90%, qualcosa che nessuno si augura per le speranze dei malati, i nostri sistemi di rimborsabilità attuali non saranno in grado di renderle disponibili a chi ne avrà bisogno. Abbiamo l’obbligo morale di trovare dei modelli alternativi che consentano l’accesso e che siano non solo scientificamente ed economicamente solidi e sostenibili ma anche realistici e logici da attuare. Stiamo lavorando per fare in modo che questo sia possibile.