“Bisogna superare l’imposizione dei tetti di spesa, una linea portata avanti da più di dieci anni dai governi che si sono succeduti, per valorizzare il personale medico e sanitario e salvare il Servizio Sanitario Nazionale”. Così Pina Onotri, Segretario Generale SMI sulle criticità del DM 70/2015 e del DM 77/2022 che si stanno discutendo al Tavolo ministeriale.
“Le criticità del DM 70/2015 sugli standard dell’assistenza ospedaliera da superare sono molteplici ma bisognerebbe partire dalla necessità di un aumento dei posti letto, perché nel nostro paese siamo ad un rapporto il 3,7 posti letto per mille abitanti che risulta essere tra i più bassi a livello europeo e non tiene conto dell’invecchiamento e dell’impoverimento della popolazione. È questa carenza di posti che genera condizioni inaccettabili per il sistema dell’emergenza urgenza e modalità di assistenza pericolosa, precaria e non decorosa per i pazienti. Servono investimenti urgenti per i servizi di emergenza urgenza che ricordiamo non sono solo pronto Soccorso, ma l’intera rete dell’emergenza urgenza dunque anche preospedaliera.
Ipotizzare, inoltre, una reale staffetta generazionale, tenendo conto dell’età elevata della dirigenza medica e della necessità di formazione dei neo assunti con articolazioni di lavoro che incentivano la permanenza in servizio. Si tratterebbe di recuperare un buco generazionale dovuto al prolungato blocco delle assunzioni.
Nel DM 70/2022 vorremmo capire, innanzitutto, per quanto riguarda i poli sanitari e case della salute cosa altro queste strutture potrebbero aggiungere alle competenze che già ci sono all’interno del SSN. Se questo vuol dire spostare i medici di famiglia nei distretti sanitari si rischia di togliere dei presidi capillari e accessibili; fino a poco tempo fa avevamo un medico di famiglia in ogni quartiere o in ogni piccolo paese. La medicina generale, invece, è stata messa in discussione dalla carenza dei medici che non si riesce a colmare; alcune aree territoriali sono state abbandonate, per prima quelle socialmente più disagiate o quelle geograficamente meno raggiungibili. Per questo bisognerebbe prevedere un incentivo importante per i giovani medici che operano in zone disagiate per assistere pazienti.
Con le Case della Salute rischiamo di spendere tutti i soldi previsti dal PNRR per un restyling edilizio, per una costruzione di nuove strutture sanitarie con il rischio di non avere dentro tali strutture né medici, né infermieri.
Riteniamo non chiara la logica riorganizzativa che si intenderebbe attuare e soprattutto quali e quante le risorse economiche aggiuntive che si intendono impiegare per questo riordino dei servizi territoriali che non possono, assolutamente, avvenire a isorisorse.
Vi è la necessità di tarare il fabbisogno di medici di famiglia sulle reali esigenze della popolazione e sulla tipologia della stessa popolazione che si deve assistere. Si tratta, quindi, di delineare una programmazione che dovrebbe essere avviata oggi per avere dei risultati tra dieci anni”.