1. Con sentenza n. 3739 del 20 giugno 2023, il T.A.R. per la Campania, Napoli, ha annullato le linee guida regionali per la prescrizione ed erogazione di eparine a basso peso molecolare (EBPM), perché prevedono limitazioni alla prescrizione dell’originatore incompatibili con la libertà prescrittiva del medico. Questa decisione conferma quella già adottata in sede cautelare nello stesso giudizio (ordinanza n. 217 del 17 gennaio 2023), che le aveva immediatamente sospese.
Le linee guida in questione erano state adottate nel novembre del 2022 in seguito alla rilevazione dei consumi di enoxaparina sul territorio regionale, che avevano messo in luce una iperprescrizione dell’originatore nonostante l’aggiudicazione ormai diversi mesi prima di una gara regionale per accordo quadro, che aveva individuato tre biosimilari a minor costo. Inoltre, il canale distributivo preferenziale di enoxaparina nella Regione Campania è la DPC, e nell’unico dosaggio in cui il farmaco originatore compariva tra i primi tre, i quantitativi aggiudicati erano esauriti dopo poco tempo e dunque esso non era più disponibile.
Le linee guida annullate operano essenzialmente su due elementi: il primo opera sul piano della prescrizione, il secondo sul piano delle sanzioni.
Sotto l’aspetto prescrittivo, esse richiedono al medico prescrittore di favorire l’uso del biosimilare in luogo dell’originatore, in quanto quest’ultimo presenta un prezzo di rimborso notevolmente superiore rispetto ai biosimilari aggiudicatari della gara, con ingiustificato onere aggiuntivo per la spesa farmaceutica regionale. Questa parte delle linee guida è completata con la disciplina eccezionale, per la prescrizione di farmaco diverso da quelli aggiudicatari: il medico prescrittore che ritenga necessario prescrivere l’originatore potrà farlo apponendo alla prescrizione apposita dicitura di “non sostituibilità”, ed inoltre una esaustiva motivazione sulle ragioni tecnico-cliniche di tale situazione. Sempre secondo le linee guida, questa motivazione non può dipendere da esigenze di continuità terapeutica, dal momento che, secondo la Regione, le indicazioni terapeutiche per le EBPM non sarebbero mai compatibili con un uso prolungato, tale da generare continuità terapeutica. Si tratta per la verità di indicazioni già contenute nelle linee guida precedenti, di marzo 2022 e di luglio 2022.
Il secondo piano, relativo all’apparato sanzionatorio, è invece inserito per la prima volta nelle linee guida del novembre 2022 oggetto della sentenza del T.A.R.: si prevede che la responsabilità di una prescrizione difforme dalle linee guida ricada esclusivamente sul medico prescrittore, e non sul farmacista; più precisamente, si indica che il farmacista non potrà essere ritenuto responsabile per la mancata spedizione della prescrizione e, di conseguenza, per la mancata erogazione del farmaco, essendo sottinteso che tale responsabilità debba necessariamente ricadere sul prescrittore. Infine, le Aziende sanitarie sono chiamate a effettuare le verifiche relative, ricordando ai Direttori Generali che il rispetto delle linee guida di prescrizione e di erogazione dei farmaci rappresenta un obiettivo di mandato, specificamente assegnato dalla Regione anche per la verifica e valutazione (ed eventuale conferma) del Direttore Generale stesso a norma dell’art. 2, comma 4, d.lgs. 4 agosto 2016, n. 171.
2. Questo tipo di linee guida effettivamente sono di notevole impatto, sia nella preferenza per il biosimilare sull’originatore sia soprattutto per le implicazioni di tipo prescrittivo sul medico, influenzandone la libertà prescrittiva.
La pronuncia di annullamento del T.A.R., tuttavia, non resiste ad una critica nel ragionamento di base: secondo il collegio campano, infatti, le linee guida sarebbero illegittime principalmente perché il biosimilare e l’originatore non starebbero tra loro in rapporto di “sostanziale equivalenza”. Si tratta di un’affermazione totalmente errata, che riporta il dibattito tra originatore e biosimilare indietro di oltre quindici anni: credevamo, infatti, che la giurisprudenza avesse effettivamente abbandonato l’errata interpretazione del parere n. 3992 del 20 giugno 2007, con il quale il Consiglio di Stato ebbe modo di affermare che il rapporto tra originatore e biosimilare non deve essere affrontato in termini di equivalenza. Va ricordato che il ragionamento di quella pronuncia era esatto, sebbene forse poco chiaro a tal punto che l’intero dibattito fino al 2011 fu proprio incentrato sul fatto che il biosimilare fosse diverso dall’originatore.
Il biosimilare è per definizione più che equivalente con l’originatore
Tuttavia, è almeno dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 3572 del 13 giugno 2011 (sorprendentemente richiamata a proprio sostegno dalla stessa sentenza del T.A.R. Campania in commento) che è stato chiarito come il rapporto di biosimilarità presupponga, per definizione, una non inferiorità del biosimilare rispetto all’originatore quanto a sicurezza ed efficacia. Cosicché, se ne deve concludere, il biosimilare è per definizione più che equivalente con l’originatore. È questa l’occasione per ripetere un concetto che mi sta particolarmente a cuore: mentre l’equivalenza terapeutica tra originatori con principi attivi diversi è un legame di equivalenza debole, perché presuppone una indagine di comparabilità sugli effetti della terapia, il legame tra biosimilare e suo originatore è di equivalenza forte, perché il biosimilare o ha livelli di efficacia e sicurezza non inferiori all’originatore, oppure non è un biosimilare ma semmai, forse, un originatore di un principio attivo nuovo.
Si tratta di concetti sempre ripetuti dalla giurisprudenza successiva al leading case del Consiglio di Stato del 2011 sopra ricordato (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 6809 del 23 dicembre 2011, n. 5496 del 20 novembre 2013, n. 5112 del 5 dicembre 2016) che ancora aveva la cautela – imposta dal primo position paper sui biosimilari di AIFA – di affermare la preferenza del biosimilare sull’originatore, se più costoso, per i soli pazienti naive.
Dopo il secondo position paper di AIFA del 2018 la situazione è ancora più chiara e netta verso questo legame di tipo forte del biosimilare verso il suo originatore: in questo documento AIFA toglie proprio la cautela iniziale sul paziente all’inizio della terapia e afferma che, in linea di principio e comunque sempre sotto controllo medico, lo switch verso il biosimilare per ragioni di costo è comunque opzione tecnicamente e scientificamente corretta.
3. In effetti, una volta chiarito che il biosimilare non è inferiore al suo originator, il contenzioso si è spostato proprio su linee guida regionali come quella annullata dal T.A.R. per la Campania.
Il diritto alla salute è diritto finanziariamente condizionato
Il Consiglio di Stato ha allora posto esattamente i paletti di confine tra linee guida legittime e linee guida illegittime. E Palazzo Spada ha spesso, se non sempre, ricordato che il diritto alla salute è diritto finanziariamente condizionato e che ciò giustifica l’intervento della Regione, quale titolare delle funzioni organizzative del SSR e della spesa farmaceutica, ad orientare le prescrizioni dei medici, richiamandoli a considerare il costo della terapia: se non si riesce a garantire la sostenibilità sul piano finanziario del servizio sanitario, allora la libertà prescrittiva diventa un totem, privo di alcuna rilevante possibilità di essere attuata in concreto (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 3621 del 21 luglio 2017).
In particolare, fin dalle due sentenze quasi coeve n. 5705 del 17 dicembre 2015 e n. 5776 del giorno successivo, il Consiglio di Stato ha chiarito che costituisce dovere, anche per il medico prescrittore, quello di scegliere, tra i prodotti ritenuti di pari efficacia terapeutica, quello a minor costo per il SSR. In quei casi, proprio calati nel rapporto tra biosimilari e originatori, si è sostanzialmente posto il seme del principio più generale, per il quale salvo situazioni soggettive specifiche del singolo paziente, va sempre preferito il farmaco biologico a minor costo tra quelli disponibili aventi lo stesso principio attivo.
Se questa è la regola, tuttavia non sempre le Regioni si sono mosse in modo legittimo nel forzare il rispetto di essa da parte dei medici prescrittori: la casistica ha precisato, ad esempio, che comprime in maniera illegittima la libertà prescrittiva del medico un sistema di monitoraggio e sanzione sul medico (o sul Direttore Generale) che non rispetta una determinata percentuale minima di prescrizione del biosimilare (Cons. Stato, Sez. III, n. 4546/2017).
Non rappresenta invece illegittima compressione della libertà prescrittiva la richiesta di motivare la prescrizione di farmaco diverso da quello a minor costo tra quelli disponibili per il medesimo principio attivo: l’onere motivazionale rinforzato che si raccomanda al medico non ne mortifica l’autonomia decisionale e la liberà prescrittiva, ma anzi ne esalta il ruolo e ne rende evidenti, alla stregua di un principio di trasparenza della decisione medica che, è, oggetto di un fondamentale diritto dell’individuo ma anche di un interesse collettivo (art. 32 Cost.), le ragioni tecnico-scientifiche della propria scelta in un panorama di risorse pubbliche ormai razionate, per via della crisi finanziaria, anche in un fondamentale settore dello Stato sociale di diritto come quello sanitario (Cons. Stato, Sez. III, n. 3330/2019 e n. 3621/2017).
4. Ecco, allora, che le linee guida della Regione Campania sulle EBPM del 2022 vanno valutate sotto prospettiva completamente diversa: non sono illegittime perché, come sostiene il T.A.R., il biosimilare è diverso dall’originatore; semmai occorre verificare se esse siano o meno compatibili con quei paletti. Questo era il vero tema del contenzioso.
Le linee regionali della Campania rispettano le indicazioni della giurisprudenza qui richiamata per ciò che attiene all’obbligo motivazionale richiesto al medico.
I dubbi possono porsi effettivamente solo su due aspetti: l’esclusione totale della continuità terapeutica come motivazione valida per la prescrizione dell’originatore e la implicita responsabilità del medico prescrittore per il caso di mancata somministrazione del farmaco a minor costo.
Sotto il primo aspetto, infatti, va ricordato che la motivazione addotta dalla Regione è quella per la quale le terapie con le EBPM non sarebbero di durata tale da generare esigenze di continuità terapeutica. Questo aspetto non rientra però tra le competenze della Regione, essendo invece suddiviso tra le competenze regolatorie di AIFA e la libertà prescrittiva del medico.
Sotto il secondo aspetto, la previsione secondo la quale la mancata erogazione del farmaco originatore a maggior costo, come effetto della mancata applicazione delle linee guida, non ricade sul farmacista non può significare altro che essa debba ricadere sul medico prescrittore e questa equazione non può essere un compromesso accettabile.
Il tema è sempre quello di far sì che le prescrizioni siano appropriate
Il tema, insomma, è sempre quello di far sì che le prescrizioni siano appropriate: l’appropriatezza prescrittiva è il faro delle politiche farmaceutiche regionali, come tale esaltato dalla stessa giurisprudenza di Palazzo Spada (da ultimo, con sentenza n. 8370 del 28 dicembre 2020, che abbiamo già commentato in altro articolo). Un faro, però, funziona non solo se emette luce, ma se viene effettivamente visto e seguito da tutti coloro che si trovano in mare: fuor di metafora, se i medici effettivamente iniziassero a valutare davvero anche il costo della terapia tra le variabili più importanti in base alle quali decidere la terapia più appropriata per il proprio paziente.