In un’epoca di cambiamenti rapidi, le strutture sanitarie che adottano sistemi di intelligenza artificiale possono migliorare l’efficienza e la qualità del servizio. Scopriamo come questo ha trasformato l’esperienza dei pazienti e degli operatori dalla voce di Carlo Francesco Fazzari, CEO del Poliambulatorio San Pietro e del Poliambulatorio PTC di Brescia.
Perché avete scelto un sistema di intelligenza artificiale di supporto al servizio CUP: da dove siete partiti e che cosa volevate cambiare nella vostra struttura?
«Essendo una piccola realtà, quello che ci contraddistingue rispetto non solo ai grandi gruppi ma anche alle strutture ospedaliere è il contatto con il cliente, la customer care. Quindi cerchiamo di lavorare non solo sui tempi di attesa ma anche sulla qualità, sull’attenzione al dettaglio e sull’intelligenza emotiva del professionista sanitario. Noi ci definiamo i “concierge” della salute perché riusciamo a dare, nel nostro piccolo, una risposta per dare il percorso migliore ai nostri pazienti.
Il vulnus di tutte le strutture sanitarie è il CUP, e questo si deve ad una serie di ragioni: innanzitutto perché la scienza medica è in continuo aggiornamento, quindi nascono continuamente tante nuove prestazioni e tantissime nuove richieste. Inoltre, ed è forse il motivo principale sul quale ci soffermiamo, si tratta di rispondere non a quesiti di carattere generale, chi chiama non è un cliente ma un paziente, che quindi si rivolge alla struttura per una necessità peculiare e delicata, perché riguarda, a diversi livelli, un problema di salute.
Ai tempi della rivoluzione industriale la preoccupazione era che la forza delle macchine a vapore avrebbe sostituito i muscoli e fatto perdere il lavoro agli uomini; allo stesso modo, adesso ci spaventa l’intelligenza artificiale, con il timore che possa anche in questo caso portare via il lavoro alle persone, mentre invece, per la nostra struttura, questa rappresenta un supporto alle nostre dipendenti. Se infatti le potenzialità dei servizi forniti da Gaia sono molteplici, e vanno dalla risposta alla prenotazione e alla gestione delle agende, quello che non potrà mai esserci è l’intelligenza emotiva, appannaggio esclusivo degli operatori in carne e ossa.
Poter liberare gli operatori del CUP e dell’accettazione dai lavori più ripetitivi e a basso valore aggiunto, come prendere gli appuntamenti via telefono, consente agli stessi lavoratori di potersi dedicare a lavori a più alto valore aggiunto e, appunto, relativi all’intelligenza emotiva, come poter prendersi il tempo di dire una parola in più al paziente, fare consulenza personalizzata, poter seguire meglio la persona, magari anziana, o con problemi cognitivi e che necessita di un’assistenza particolare.
Liberi da lavori a basso valore aggiunto, gli operatori CUP possono dedicarsi ad una migliore assistenza alle persone
Quindi non solo abbiamo potenziato quello che era il “vulnus” della struttura (la risposta al telefono), eliminando quindi il tempo di attesa del centralino, ma soprattutto abbiamo migliorato la customer experience dei pazienti che risparmiano tempo al telefono e, quando sono in struttura in presenza, vengono accolti da operatori che non sono stressati dall’impellenza di dover rispondere al centralino ma riescono a dedicare ai pazienti la necessaria attenzione e disponibilità, per dare consigli, per spiegare meglio l’esperienza anche di altri pazienti, valorizzando l’intelligenza emotiva tipica dell’essere umano».
Come interviene l’assistente virtuale “Smile CX GAIA” nella vostra struttura?
«Noi siamo partiti inizialmente con l’overflow, cioè passaggio automatico all’assistente virtuale dopo un determinato tempo di attesa al telefono e successiva telefonata di richiamo da parte dell’operatore CUP. Questo consentiva agli operatori, nel momento di eccessivo carico telefonico, di poter comunque dedicare più tempo al cliente, lasciando rispondere l’assistente virtuale.
A giorni sarà attivato il servizio di risposta diretta, quindi la presa di appuntamento diretta da parte di Gaia, che sia al telefono oppure sugli altri canali (email, sito internet, WhatsApp), in modo che a rispondere per prima sia proprio l’assistente virtuale. Perché rispondere per prima? Perché si è visto che il sistema è arrivato ad una qualità tale che per prendere, spostare o suggerire un appuntamento non serve più l’intervento umano, che viene invece dedicato a compiti più complessi o per i quali serve l’human touch».
Nella vostra esperienza, qual è stato il responso dei pazienti: riescono a interagire facilmente con questo tipo di intelligenza artificiale o vi hanno riportato qualche criticità?
«Nella nostra struttura, accogliamo pazienti di ogni età, dai bambini agli anziani, offrendo servizi che spaziano dall’ambulatorio pediatrico alla geriatria e alla diagnostica per immagini. Dopo ogni chiamata, Gaia richiede un feedback, e la nostra esperienza dimostra che le risposte sono sempre positive, anche da parte degli anziani. Questo successo è dovuto in parte al fatto che entro 4 ore, in media, riusciamo a risolvere le richieste dei pazienti.
Gestendo l’overflow il sistema ha identificato le domande più frequenti dei pazienti, per elaborare le risposte più pertinenti
Inoltre, abbiamo svolto un importante lavoro di base: gestendo l’overflow, abbiamo identificato le domande più frequenti dei nostri clienti durante le chiamate. Il sistema ha generato un report dettagliato di queste domande, permettendoci di creare risposte mirate per soddisfare al meglio le esigenze dei nostri pazienti».
E dal punto di vista del personale, quali riscontri avete avuto?
«L’implementazione di questo nuovo sistema non ha creato disagi negli operatori, anche per una corretta e condivisa comunicazione delle motivazioni che hanno portato a questa novità. Innanzitutto questo sistema è stato pensato per portare un valore aggiunto al lavoro degli operatori del CUP, consentendogli di valorizzare gli aspetti del loro lavoro che la macchina non può sostituire. Si è migliorata infatti non solo la customer experience dei pazienti ma anche l’ambiente di lavoro: con quasi 200 specialisti, prima dell’introduzione dell’assistente virtuale, il numero di telefonate in entrata verso il CUP era davvero molto impegnativo e fonte di stress, mentre ora l’esperienza lavorativa dei dipendenti è decisamente migliorata. Il tutto con un impegno a livello di formazione decisamente contenuto: nella nostra esperienza, sono state dedicate alla formazione per questo nuovo sistema quattro ore.
Si è migliorata non solo la customer experience dei pazienti ma anche l’ambiente di lavoro degli operatori
E a livello di numeri, abbiamo calcolato che, prima dell’introduzione dell’assistente virtuale, la struttura perdeva circa 6.000 telefonate all’anno, tra fuori orario e weekend, oltre l’overflow. La soluzione che abbiamo adottato ha consentito quindi un miglioramento complessivo della gestione della struttura, con ricadute positive su tutti gli attori del sistema: l’azienda, gli specialisti, gli operatori e, soprattutto, i pazienti».