Cammina, corri, salta, fai sport: te lo prescrive il medico e i costi sono detraibili…

Il costo dell’inattività fisica è stimato a 1,3 miliardi di euro nei prossimi 30 anni. A TrendSanità la senatrice Daniela Sbrollini illustra il Disegno di legge 287, da lei presentato, ma sostenuto da tutti i partiti, che punta alla prescrivibilità su ricetta rossa dell’attività fisica con benefici per la salute e per la sostenibilità del sistema

Nella quotidiana lotta contro le malattie non trasmissibili, un potente alleato per la prevenzione e per la salute delle persone si delinea nell’esercizio fisico. Recenti studi dimostrano che l’attività fisica regolare non è solo un passatempo, ma un vero e proprio “farmaco” preventivo che presto, anche in Italia, i medici potrebbero presto prescrivere in ricetta medica e i cittadini detrarre dalle tasse. Gli esperti concordano: praticare sport con costanza può ridurre significativamente il rischio di patologie croniche come diabete, malattie cardiovascolari e alcuni tipi di cancro.

Secondo l’OMS, a livello globale, 1 adulto su 4 non segue i livelli raccomandati di attività fisica (circa 1 donna su 3 e 1 uomo su 4 non fanno abbastanza attività fisica per rimanere in salute) e più dell’80% degli adolescenti mondiali è insufficientemente attivo. Ne consegue che nelle persone insufficientemente attive il rischio di morte aumenta del 20-30 % rispetto alle persone attive. Prescrivere sport in ricetta medica può rivoluzionare l’approccio alla salute pubblica, ponendo l’esercizio fisico al centro delle strategie di prevenzione, e perché no, anche di sostenibilità del sistema sanitario.

TrendSanità affronta il tema dialogando con Daniela Sbrollini (Italia Viva), Senatrice della Repubblica Italiana e prima firmataria del Disegno di legge 287 che prevede l’introduzione dell’esercizio fisico come prescrizione medica all’interno del Servizio Sanitario Nazionale.

Come nasce il Ddl 287 di inizio agosto? Chi ha avuto l’iniziativa e chi ha aderito alla proposta di legge?

Daniela Sbrollini

«Il DdL 287, depositato da me ad inizio della XIX legislatura, nel novembre del 2022, riprende una analoga iniziativa legislativa che assieme al collega Faraone presentammo in Senato nella legislatura precedente e ha trovato lo scorso agosto ampia convergenza parlamentare. Il Ddl nasce all’interno di un dibattito avviato con il Ministero della Salute, il Ministero dello Sport e con tutti i colleghi della X Commissione del Senato, sulla necessità di introdurre l’esercizio fisico all’interno del SSN, come elemento di prevenzione, riabilitazione e cura. L’adesione a fine luglio da parte dei colleghi Senatori di tutti i partiti e movimenti politici  a questo mio Disegno di legge conferma come il tema sia trasversale e di ampie sinergie ed è importante che Ministero e Parlamento abbiano la stessa sensibilità sul problema. Considerando che è stato incardinato nei lavori della X Commissione, penso che si possa essere ottimisti sul fatto che l’esercizio fisico entro questa legislatura sia riconosciuto e rimborsato dal SSN, anche, se necessario, attraverso a una Legge delega in materia. Del resto, già il Parlamento in questa legislatura, attraverso una iniziativa costituzionale, si è espresso all’unanimità sul ruolo dello sport quale componente della promozione della salute, con l’inserimento dello sport nell’articolo 33 della Costituzione; un’iniziativa legislativa anch’essa che portava la mia firma».

Su quali basi scientifiche poggia l’idea contenuta nel Ddl 287?

«Sono ottimista. Il fatto che il Ddl 287 sia stato incardinato nei lavori della X Commissione, permette di sperare che, entro questa legislatura, l’attività fisica venga riconosciuta e rimborsata dal SSN»

«Il ruolo dell’esercizio fisico è ampiamente documentato in letteratura scientifica. Le “Physical Activity Guidelines Advisory Committee Report 2008 – U.S. Department of Health and Human Services”, pubblicate nel maggio del 2008, rivoluzionarono la letteratura internazionale in materia, indicando le principali evidenze sull’efficacia dell’esercizio fisico nelle diverse condizioni e fornendo le indicazioni per l’uso corretto di questo nuovo strumento terapeutico nella pratica clinica. Secondo studi recenti, 11 minuti al giorno di attività fisica moderata come una camminata veloce oppure 8 minuti al giorno di attività vigorosa sono sufficienti a ridurre il rischio di malattie cardiache, ictus e alcuni tipi di cancro. Il difficile è modificare in maniera permanente lo stile di vita delle persone sedentarie. Lo studio Italian Diabetes Exercise Study2 (IDES_2) pubblicato su JAMA nel 2019 ha dimostrato su 300 diabetici di tipo 2, sedentari e fisicamente inattivi, che un intervento di counselling sullo stile di vita rispetto alle cure standard ha comportato un aumento significativo e sostenuto nel tempo (3 anni) dell’attività fisica e una diminuzione della sedentarietà».

Quali obiettivi si pone il DdL 287?

«Su tutto c’è il nostro Servizio Sanitario Nazionale i cui principi cardine sono l’universalità, l’uguaglianza e l’equità, e il cui obiettivo è la tutela della salute “come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”, in ossequio all’articolo 32 della nostra Costituzione, nonché la promozione, il mantenimento e il recupero “della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini”. Dobbiamo partire da questo se vogliamo comprendere meglio come questo Ddl punti al concetto di salute quale prodromo di una buona sanità, che prevenga le malattie e che possa supportare medici, operatori sanitari nell’offrire ai pazienti sistemi di cura non meramente basati sull’intervento farmacologico, bensì sugli stili di vita e sull’esercizio fisico. Un approccio integrato in materia sarebbe, inoltre, funzionale ad una reale implementazione del documento programmatico del 2007 del Ministero della Salute “Guadagnare salute”, che tra le diverse ipotesi prevede interventi “volti ad affermare una concezione dell’attività sportiva e dell’esercizio fisico che va al di là della sola attività agonistica, divenendo invece un momento di benessere fisico e psicologico che coinvolge tutti i cittadini, giovani e meno giovani”. Da qui, un’idea di sport come momento di aggregazione sociale, promozione della salute nonché come attività formativa ed educativa dell’individuo. Vogliamo ridare dignità clinica al ruolo dell’esercizio fisico, uscendo dal mero approccio di consiglio o suggerimento, ma inserendo lo stesso all’interno del SSN, attraverso la creazione di forti sinergie tra medico di medicina generale, pediatra di libera scelta e specialisti».

Quali risultati si attendono a livello medico? Prevenzione? Terapia? In quale misura?

«Le evidenze scientifiche sui costi e gli oneri sanitari derivanti da stili di vita non salutari sono schiaccianti, e le prove dei benefici dell’attività fisica/esercizio fisico regolare nella prevenzione e nel trattamento delle malattie croniche non trasmissibili sono inconfutabili. Oltre il 50% dello stato di salute può essere attribuito a stili di vita non salutari, tra cui il fumo, l’insana alimentazione, la sedentarietà e l’inattività fisica come principali contributori. Per esempio, sette tumori sono stati collegati a uno stile di vita fisicamente inattivo. La depressione colpisce 17 milioni di americani ed è direttamente collegata a un’attività fisica insufficiente. Il morbo di Alzheimer e le demenze correlate stanno aumentando a un ritmo spaventoso. Entro il 2025, si prevede che il numero di persone di età pari o superiore a 65 anni affette da malattia di Alzheimer raggiungerà i 7,1 milioni di persone. Si stima che negli Stati Uniti siano oltre 30 milioni gli adulti affetti da diabete (e per il 95% si tratta di diabete di tipo 2). Considerando che ogni 21 secondi viene diagnosticato un nuovo caso di diabete, non sorprende che il diabete sia la malattia più costosa negli USA, con un prezzo di 327 miliardi di dollari all’anno. Alla base della stragrande maggioranza dei casi di diabete di tipo 2 ci sono comportamenti di vita non salutari come cattiva alimentazione, sedentarietà e insufficiente attività fisica che portano a sovrappeso e obesità. Oltre al diabete di tipo 2, uno stile di vita non sano è alla base di malattie croniche prevalenti e costose come malattie cardio-vascolari, sarcopenia, demenze e cancro, che portano a morbilità e mortalità prematura. Per tutti questi motivi oggi è necessario che l’esercizio fisico sia prescrivibile, non meramente consigliabile, dando al medico specialista e al medico di medicina generale la possibilità, in collaborazione con gli specialisti del movimento come i laureati in scienze motorie e chinesiologi, di intervenire attraverso piani terapeutici che contemplino l’esercizio fisico all’interno degli stessi come strumento di prevenzione e cura».

Quale sollievo sociale e sanitario di spesa per il SSN si potrebbe avere con l’avvio dell’esercizio fisico in ricetta medica? Quale tipo di ricetta medica? Bianca o rossa?

«L’attività fisica è un efficace strumento di prevenzione e come tale deve rientrare nella strategia di intervento nei confronti di persone sane o affette da qualche patologia e l’esercizio fisico dovrebbe essere inserito nel normale iter terapeutico per il trattamento di diverse patologie. Tuttavia, questa tipologia di intervento appare ancora largamente sottovalutata nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale. Si sottovalutano i benefici clinici, sociali ed economici che l’inserimento dell’esercizio fisico potrebbe avere sull’individuo e su tutta la collettività. La prescrizione su ricetta rossa porterebbe a considerare l’esercizio fisico come strumento terapeutico di primaria importanza, al pari con gli interventi farmacologici e quelli dietetico-alimentari. Occorre, pertanto, che gli interventi di prevenzione mirati alla promozione dell’attività fisica e motoria, i programmi di sorveglianza sulla diffusione tra la popolazione dei fattori di rischio per malattie croniche, nonché la prescrizione controllata dell’attività fisica nei pazienti a rischio rientrino nei LEA – Livelli Essenziali di Assistenza. Una fusione tra programmi di assistenza sanitaria e di fitness cardio-metabolico nelle comunità non è più un’opzione, ma una necessità».

Quali vantaggi ci sarebbero per i cittadini? I costi dello sport potranno essere detratti?

«Lo sport è un “farmaco” che non ha controindicazioni, fa bene a tutte le età. A volte, a causa di difficoltà economiche, il genitore rinuncia a mandare il figlio a fare sport perché ci sono altre priorità»

«Lo sport è un “farmaco” che non ha controindicazioni, fa bene a tutte le età. A volte, a causa di difficoltà economiche, il genitore rinuncia a mandare il figlio a fare sport perché ci sono altre priorità. I cittadini devono trovare nell’attività motoria e nell’esercizio fisico un elemento per la promozione della propria salute. Oggi l’Italia ha purtroppo dei primati a livello europeo sulla sedentarietà: oltre un terzo della popolazione, soprattutto al Sud e nelle Isole è totalmente inattivo. Anche sull’obesità infantile i dati sono allarmanti e, sempre nelle regioni del Sud e nelle Isole, il numero dei bambini in sovrappeso e obesi ha raggiunto livelli di guardia: secondo ISTAT e IBDO Report sono in questa condizione il 26,3% dei bambini e adolescenti tra i 3 e i 17 anni (2,2 milioni). Una situazione inaccettabile dal punto di vista clinico e socio-economico e ci fa capire che, se non interveniamo subito, in futuro il carico di italiani con malattie croniche non trasmissibili (obesità, diabete tipo 2, malattie cardiovascolari e tumori) sarà destinato ad aumentare mettendo in crisi il nostro SSN. Nel nostro Paese il costo dell’inattività fisica è stimato a 1,3 miliardi di euro nei prossimi 30 anni. Un costo assolutamente non sostenibile dal nostro SSN e sul quale dobbiamo intervenire anche con strumenti legislativi appropriati in tema di incentivazione, attraverso la detrazione dal 730 di parte dei costi connessi all’esercizio fisico prescritto. Dobbiamo agire sull’inerzia del cittadino, incentivandolo e supportandolo, e su quella istituzionale, e non solo con strumenti legislativi, ma finanziando di più il nostro SSN».

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Silvia Pogliaghi
Giornalista scientifica, esperta di ICT in Sanità, socia UNAMSI (Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione)