Pochi giorni dopo la pubblicazione dell’AI Act nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea e l’avvio delle audizioni in Commissione presso il Senato della Repubblica riguardanti il Disegno di legge sull’intelligenza artificiale, è stata divulgata la Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026. Questo documento, elaborato da un comitato di esperti, ha lo scopo di assistere il Governo nella definizione delle normative nazionali e delle strategie relative all’Intelligenza Artificiale (IA). Fra i settori e ambiti di applicazione identificati dalla Strategia spicca la salute, intesa nella sua accezione di “one health” (ricomprendendo quindi le tecnologie digitali di IA in ambito medico, prevenzione, stili di vita, cura delle persone più fragili).
Sono circa 600 i brevetti in AI e poco più di 350 le start-up di IA fondate a partire dal 2017, dato che ci colloca quale fanalino di coda in Europa
La SIIAM, Società Italiana Intelligenza Artificiale in Medicina, ha accolto positivamente il documento, considerando essenziale che l’Italia si doti di un programma strutturato e coordinato. Secondo SIIAM, un primo aspetto lodevole della Strategia è la presenza di una sezione dedicata alla ricerca, sia fondamentale, sia applicata. Si propone di rafforzare gli investimenti in questo settore, promuovendo la creazione di competenze e tecnologie specificamente adattate al contesto italiano, in linea con i principi di affidabilità e responsabilità propri dei paradigmi europei. La Strategia mira a mantenere e rafforzare l’impatto dell’accademia italiana nel panorama internazionale, incoraggiando la collaborazione tra diverse discipline e settori.
Si prevede inoltre di sostenere iniziative di ricerca applicata attraverso partenariati pubblico-privati, con l’obiettivo di avere un impatto concreto sul tessuto produttivo e imprenditoriale italiano. Inoltre, SIIAM condivide l’attenzione che viene posta sulla ricerca applicata e sui partenariati pubblico-privati, che potrebbe favorire una rapida trasformazione delle innovazioni in soluzioni concrete per l’industria e la società. Tuttavia, un punto critico potrebbe essere la mancanza di dettagli specifici su come verranno allocate le risorse per la ricerca e su come si garantirà un equilibrio tra ricerca fondamentale e applicata.
Infatti, un punto fondamentale su cui si concentra la Strategia è proprio la necessità di sviluppare progetti coordinati che favoriscano la collaborazione tra le imprese e le università. È la stessa Strategia a descrivere questo grande problema del nostro Paese: a fronte di un ecosistema estremamente dinamico nell’ambito dell’Università e della ricerca, le ricadute delle applicazioni dell’IA sul tessuto produttivo e imprenditoriale restano ancora piuttosto limitate. Infatti, solo il 15% delle piccole e medie imprese (PMI) italiane ha avviato un progetto pilota di IA nel 2022, mentre sono circa 600 i brevetti in AI e poco più di 350 le start-up di IA fondate a partire dal 2017, dato che ci colloca quale fanalino di coda in Europa. Secondo la SIIAM, la sfida italiana resta quindi quella di connettere il mondo accademico con quello imprenditoriale, agevolando lo sviluppo delle imprese, anche delle più piccole, e facendo in modo che la ricerca universitaria sia fonte ispiratrice di nuove idee e sperimentazioni che poi possano avere ricadute concrete sulle imprese. SIIAM monitorerà attentamente l’implementazione di queste azioni, ritenendole prioritarie per il rilancio dell’economia e dell’innovazione nel nostro Paese.
Occorrono azioni più incisive sui “foundation models” pre-addestrati su grandi quantità di dati, utilizzabili come base per molteplici applicazioni in diversi domini e particolarmente nel campo della salute
Un’area che invece secondo la SIIAM avrebbe bisogno di azioni più incisive è quella dello sviluppo dei foundation models, modelli di intelligenza artificiale pre-addestrati su grandi quantità di dati, utilizzabili come base per molteplici applicazioni in diversi domini e particolarmente nel campo della salute. Nella sezione dedicata viene infatti rilevato come l’Italia non sia competitiva e, anzi, come siano necessari forti investimenti pubblici e privati per potersi avvicinare ai livelli di Paesi come la Germania e la Gran Bretagna. È inoltre auspicabile che vengano incoraggiati i partenariati tra attori pubblici e privati che creino sinergie mirate esclusivamente al beneficio comune. Vengono poi identificati diversi fattori fondamentali da tenere in considerazione nella progettazione dei foundation models per assicurare la protezione dei dati e della privacy, così come la tutela dei diritti umani. Tuttavia, sarebbe utile identificare, oltre alle normative necessarie a proteggere i cittadini e i loro dati sensibili, quali ulteriori misure e policy possano essere messe in atto per favorire un ecosistema innovativo nel suo complesso proprio a partire dal trattamento e dall’uso dei dati.
Inoltre, per SIIAM è fondamentale ricordare come il digital divide rappresenti una delle sfide più rilevanti per l’Italia, soprattutto nel contesto della Strategia per l’IA. Infatti, nonostante i progressi tecnologici, il Paese continua a mostrare un preoccupante divario nell’accesso e nella diffusione delle competenze digitali di base, con conseguenze tanto a livello territoriale quanto sociale. Attualmente, solo il 45,6% della popolazione possiede competenze digitali minime, collocando l’Italia tra gli ultimi posti in Europa. Questo divario non riguarda solo i cittadini che usufruiscono dei servizi digitali, ma anche le aziende e i professionisti, in particolare nel settore sanitario.
La disuguaglianza è ancora più marcata tra Nord e Sud e tra aree rurali e urbane, con il Mezzogiorno che soffre maggiormente la mancanza di infrastrutture e competenze tecnologiche rispetto alle Regioni settentrionali. Per evitare che questo divario aumenti ulteriormente, è essenziale che i programmi di formazione siano diffusi in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, concentrandosi sulle aree più svantaggiate. Solo interventi trasversali e coordinati possono garantire una transizione digitale inclusiva, capace di offrire pari opportunità a tutti, indipendentemente dalla localizzazione geografica. Inoltre, la maggior parte delle soluzioni di intelligenza artificiale per il settore sanitario approvate dalla Commissione Europea non è stata sviluppata da aziende italiane. Questo implica che, adottando tali sistemi, si utilizzano tecnologie non progettate specificamente per le esigenze del nostro sistema sanitario e delle imprese italiane. Diventa quindi fondamentale finanziare e promuovere la ricerca e la progettazione di sistemi di IA italiani, realizzati su misura per le necessità delle aziende del nostro territorio, al fine di garantire soluzioni più efficaci e adeguate alle specificità del contesto italiano.
In conclusione, la Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026 rappresenta un passo decisivo verso la valorizzazione del potenziale dell’IA nel nostro Paese, in particolare nel settore sanitario. Tuttavia, per trasformare questa visione in realtà, sarà cruciale affrontare con determinazione alcune sfide chiave. Il digital divide, il mancato raccordo tra il mondo accademico e quello imprenditoriale, e la scarsa competitività nello sviluppo dei foundation models richiedono interventi mirati e immediati. Investimenti significativi, politiche di formazione capillari e un sostegno concreto alla ricerca e allo sviluppo di soluzioni di IA progettate su misura per le esigenze italiane saranno fondamentali.
Il successo di questa Strategia dipenderà dalla capacità di promuovere una collaborazione efficace tra imprese, università e istituzioni pubbliche, incentivando partenariati pubblico-privati che non solo stimolino l’innovazione, ma garantiscano anche il rispetto dei diritti umani e la protezione dei dati. Solo attraverso un approccio inclusivo e coordinato, che consideri le peculiarità territoriali e colmi le disuguaglianze esistenti, l’Italia potrà affermarsi come leader nell’era dell’intelligenza artificiale. In questo modo, il Paese potrà sfruttare pienamente le opportunità offerte da queste tecnologie, assicurando benefici diffusi per l’economia, la società e il benessere collettivo.
Le opinioni espresse nel presente articolo appartengono ai soli autori e alla SIIAM
e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale di ulteriori enti di appartenenza.