È sempre il grande tema delle difficoltà di accesso alle cure sanitarie del nostro Paese quello che emerge dall’annuale Rapporto civico sulla salute, presentato oggi a Roma da Cittadinanzattiva presso il Ministero della Salute, alla presenza del Ministro Orazio Schillaci. Su 24.043 segnalazioni dei cittadini nel 2023 (in crescita di 9971 rispetto all’anno precedente), quasi una su tre – il 32,4%, +2,8% rispetto al 2022 e +8,6 rispetto al 2021 – fa riferimento al mancato accesso alle prestazioni. A seguire, con il 14,2%, il tema delle cure primarie (anche questo in crescita, +5,1% rispetto al 2022), ossia le difficoltà nel rapporto tra i cittadini e i Medici di Medicina generale e i Pediatri di Libera Scelta, nella continuità assistenziale e nel raccordo ospedale territorio. Poco sotto l’ambito dell’assistenza ospedaliera (13,3% nel 2023, -2,5% rispetto all’anno precedente), ossia le difficoltà relative ai Pronto soccorso, ai ricoveri e alle dimissioni; con l’11,1% segue l’ambito dell’assistenza territoriale (+5,4% rispetto al 2022), ossia le criticità relative allo scarso coordinamento delle strutture sul territorio, alla carenza di personale, alla scarsa presa in carico del paziente. Sotto al 10%, ma comunque rilevante, l’ambito della prevenzione che nel 2023 raccoglie l’8,6% delle segnalazioni (era il 15,2% nell’anno precedente).
«Le segnalazioni del Rapporto civico, da sempre “termometro” del rapporto tra cittadini e Servizio sanitario, ci restituiscono un fermo immagine da anni bloccato sull’accesso, la piaga della sanità pubblica, capace per la sua portata e per la sua trasversalità di mettere in secondo piano ogni altro ambito, dal governo della sicurezza, alla necessità di umanizzazione, persino alla qualità delle cure. Avere la percezione di trovare chiusa la porta di accesso al Servizio sanitario – a causa delle difficoltà connesse alla desertificazione dei servizi, alla debolezza delle cure primarie, alla situazione dei Pronto Soccorso, alle lunghe liste di attesa – scolora gli altri problemi, pur rilevanti, e impedisce anche di cogliere le aree di miglioramento e innovazione o di assumere un atteggiamento fiducioso nelle riforme in corso – dichiara Anna Lisa Mandorino, Segretaria generale di Cittadinanzattiva -. Rivendichiamo per la sanità pubblica risorse maggiori e continuative, dopo che per anni essa è stata considerata una specie di salvadanaio a cui attingere per tappare i buchi di bilancio del nostro Paese, impoverita e desertificata, ma allo stesso tempo dobbiamo chiederci in che modo sono impiegate le risorse, visto che i Livelli essenziali di assistenza non sono ancora mai stati aggiornati, dal 2008 non si propone al Parlamento un Piano sanitario nazionale, e visto che sono state di recente approvate riforme pur significative, come quella sulla non autosufficienza degli anziani, senza investimenti e senza un Patto di corresponsabilità fra Stato centrale e Regioni».
Il Rapporto civico sulla salute integra diverse fonti di informazione: quella civica fornita dalle segnalazioni spontanee dei cittadini raccolte dagli sportelli di tutela di Cittadinanzattiva sul territorio, quelle che provengono da monitoraggi, indagini ed analisi dell’organizzazione su singole tematiche e infine fonti derivanti da studi ed analisi prodotti da soggetti del mondo istituzionale, accademico o della ricerca. L’obiettivo è mostrare come si traduce oggi il diritto alla salute dei cittadini, nel complesso sistema del federalismo sanitario.
Liste di attesa e rinuncia alle cure
Le principali difficoltà di accesso alle prestazioni (32,4% delle 24.043 segnalazioni) sono determinate soprattutto da: liste d’attesa bloccate (31,1%), lunghe attese o difficoltà a contattare il Cup/Programmare visite (complessivamente il 20%).
Sui tempi di attesa, ecco alcuni dei tempi massimi segnalati dai cittadini (qui le tabelle complessive relative ai tempi di attesa) indicati dai cittadini, divisi per codici di priorità, e relativi a prime visite specialistiche, visite specialistiche di controllo, esami diagnostici, interventi chirurgici): 468 giorni per una prima visita oculistica in classe P (programmabile, da eseguire entro 120 giorni); 480 per una visita di controllo oncologica in classe non determinata; 300 giorni per una visita oculistica di controllo in classe B (breve da erogare entro 10 gg); 526 giorni per un ecodoppler tronchi sovraaortici in classe P (programmabile, da erogare entro 120 gg); 437 giorni per un intervento di protesi d’anca in classe D (entro 12 mesi), 159 giorni per un intervento per tumore alla prostata in classe B (entro 30 gg).
Nel 2023 il 7,6% dei cittadini ha rinunciato alle cure (+0,6% rispetto al 2022) e il 4,5% lo fa per le lunghe liste di attesa (era il 2,8% nel 2022). La quota di rinuncia è pari al 9,0% tra le donne e al 6,2% tra gli uomini, Sul territorio, “l’incremento alla rinuncia” rispetto all’anno precedente si concentra soprattutto al Centro (dal 7,0% all’8,8%) e al Sud (dal 6,2% al 7,3%) mentre il Nord con 7,1% mantiene lo stesso livello del 2022.
A conferma del fenomeno della rinuncia alle cure anche il decremento sul numero totale delle prestazioni erogate nel corso del 2023: il decremento medio è dell’8% rispetto all’anno precedente. È minimo lo scarto in Lombardia e in Toscana (-2%), seguite dall’Emilia Romagna (-3%), ma in ben 14 Regioni le percentuali superano la media nazionale con picchi di -25% in Sardegna, -27% e -28% in Valle d’Aosta e nella provincia di Bolzano. È soprattutto sul fronte delle prime visite che i sistemi regionali arrancano: queste sono diminuite mediamente del 10%.
Cure primarie e assistenza territoriale
Le segnalazioni dei cittadini nell’ambito delle cure primarie (14,2% delle 24.043 totali) ci raccontano di difficoltà con il proprio medico di famiglia o pediatra di libera scelta (47,1%), a causa dello scarso tempo a disposizione o di un deficit nelle informazioni che vengono fornite ai cittadini. Ricorrono le segnalazioni di chi non riceve un appuntamento in tempi ritenuti “congrui” oppure lamenta visite troppo brevi nelle quali non riesce a riferire tutti i propri problemi al medico. Mentre le criticità relative all’assistenza sanitaria di prossimità (11,1% delle 24.043 segnalazioni complessive) riguardano principalmente le strutture presenti sul territorio che dovrebbero attivarsi per una presa in carico integrata dei pazienti. Le auspicate ricadute positive degli investimenti sui territori legati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (missione 6 – Salute) e la Riforma dell’assistenza territoriale (D.M 77/2022) tardano ad arrivare e i cittadini, anche nel 2023, hanno lamentato molte criticità legate all’assistenza sanitaria di prossimità che di fatto anziché “prossima” sembra essere sempre più “distante” dalle loro esigenze.
Dall’ultimo aggiornamento disponibile su Italia Domani risulta che, ad aprile 2024, l’86% dei progetti relativi alle Case della Comunità è arrivato alla Stipula del contratto, con alcune differenze regionali: valori inferiori si riscontrano nelle regioni del sud e solo due regioni hanno valori inferiori al 50% (Marche 48% e P.A Trento 10%).
Per quanto riguarda le Centrali Operative Territoriali, quasi tutte le regioni, tranne la Provincia di Bolzano (38%) hanno raggiunto la fase di “Stipula dei contratti”, solo in alcune regioni del sud la percentuale è inferiore al 100%. Infine, per quanto riguarda gli Ospedali di Comunità, la situazione è più variegata rispetto alla percentuale relativa alla Stipula dei Contratti: le regioni del nord, del centro e le isole raggiungono valori percentuali compresi fra il 70% e il 100%, quelle del sud presentano valori più bassi, e tre regioni si attestano su valori al di sotto del 50% (0% P.a. di Bolzano, 33% P.A. di Trento, 45% Calabria).
Assistenza ospedaliera
Un’altra area particolarmente critica è quella dell’assistenza ospedalierache quest’anno si classifica al terzo posto per percentuale di segnalazioni (13,3% delle 24.043 totali). In questo ambito le difficoltà riguardano in larghissima misura l’Emergenza-Urgenza e Pronto Soccorso (82,1%). In particolare i cittadini segnalano lunghe attese in chiamata prima di entrare in contatto con l’operatore, sovraffollamento nei Pronto Soccorso, lunghe ore d’attesa, disorganizzazione nella gestione delle priorità e carenza di personale. È evidente che la carenza di personale, il ritardo nell’impiego dei fondi del PNRR e la pandemia appena conclusa, hanno ridotto quasi al “collasso” un settore già di per sé molto critico.
I dati ufficiali ci confermano che in questa area mancano oltre 4.500 medici e circa 10.000 infermieri, per contro il trend di accesso dei cittadini ai Pronto soccorso è di nuovo in aumento dopo il calo determinato dalla pandemia. I cittadini del nord hanno effettuato sia nel 2019 sia nel 2023 maggiori accessi, in numeri assoluti, rispetto a quelli del centro sud. Ad effettuare un numero davvero elevato di accessi con codice bianco sono i cittadini del Veneto. I nostri dati, come quelli ufficiali, ci confermano che i cittadini attendono molte ore in PS: si va da una media di 111 minuti per i codici bianchi a 147 per i codici verdi. Faticano a contenere i tempi di permanenza al PS regioni come la Sardegna (184 minuti) e l’Abruzzo (162 minuti ) per i codici verdi, e sempre Abruzzo (126) e Friuli Venezia Giulia (128) per i codici bianchi.
Molti cittadini, in particolare in alcune aree del Paese, inoltre, non raggiungono un servizio di emergenza urgenza entro 30 minuti: si parla del 5,8% della popolazione, ossia circa 3,4 milioni di abitanti; la situazione più critica riguarda la popolazione residente in aree interne della Basilicata (32,5%) seguita da quella della P.A di Bolzano (9,16%) e Sardegna (8,44%). Con l’implementazione delle case della comunità, la percentuale di persone che continuerà a non poter raggiungere una struttura di P.S entro 30 minuti si prevede che diminuirà a 964 mila (1,6% popolazione).
Prevenzione
L’ambito raccoglie l’8,6% delle 24.043 segnalazioni: in particolare i cittadini lamentano informazioni mancanti, incomplete e contraddittorie relative alle vaccinazioni anti Covid (35,5%); informazioni non accessibili e /o incomplete o incongruenti, difficoltà a prenotare o disorganizzazione nei centri vaccinali per le vaccinazioni ordinarie (33,1%); difficoltà relative alla mancata lettera di invito dalla Asl o impossibilità di prenotare autonomamente gli screening oncologici (31,4% e nello specifico: 15,2% per quello mammografico, 8,4% per il colon retto, 7,8% per la cervice uterina).
Difficoltà che vanno superate, per contrastare alcuni deficit nel nostro sistema di prevenzione. Le coperture vaccinali, ad esempio, sono buone per la fascia pediatrica (si raggiunge il 95% quasi ovunque); ma già negli adolescenti e soprattutto per gli adulti sono basse (HPV: 38,78%, nelle ragazze del 2010, 31,81 nei ragazzi del 2010; nella stagione 2023-2024; il vaccino antinfluenzale è stato fatto da appena il 53,3% degli over 65, e quello anti- covid appena dal 10,3% degli over 60.
Per quanto riguarda gli screening oncologici, nel 2023 le adesioni ai programmi organizzati gratuiti non sono ottimali, soprattutto persiste una netta differenza fra il Nord e il Sud. Il 55% delle donne target aderisce allo screening mammografico, con una variazione di 15 punti percentuale tra Nord e Sud-Isole: le regioni con migliore adesione sono la P.A di Trento con 78,8%, Veneto con 76,7%, Basilicata 72,8%; quelle con più bassa adesione sono Calabria 16,4%, Molise 32,8%, Campania 33,6%. Per lo screening colorettale, aderisce all’invito il 34% della popolazione target: le regioni con una maggiore adesione sono Veneto con 64,2%, Valle d’Aosta 63,5%, Friuli Venezia Giulia con 52,4%; quelle con più bassa adesione sono Calabria 6,1%, Sicilia 14,8% e Lazio 18,9%. Per lo screening cervicale, l’adesione è stata complessivamente pari a 41%, con valori più bassi al Sud e Isole (31%) rispetto al Nord (52%) e al Centro (38%).
Emerge distintamente ed ovunque il problema della poca adesione a tutti i programmi di screening organizzati da parte della popolazione migrante, per bassa percentuale sia di invii degli inviti da parte delle Asl sia di successiva adesione agli stessi.
10 priorità per un Servizio sanitario più forte ed equo
- Alla data prevista del 1° gennaio 2025 dare piena e totale attuazione ed esigibilità a tutti i cittadini e su tutto il territorio nazionale dei LEA 2017 e garantire d’ora in avanti, come previsto, una revisione costante e certa dei Livelli essenziali di assistenza.
- Dotare il Paese di un nuovo Piano sanitario nazionale, assente dal lontano 2008, per ottenere, insieme a una programmazione dell’offerta sanitaria coerente con i tempi, il sostegno del Parlamento, l’impegno trasversale a un progressivo e adeguato finanziamento per la sanità con risorse commisurate alle riforme, la collaborazione delle Regioni.
- Investire nel potenziamento delle infrastrutture digitali e di interconnessione dei dati, lavorando sulle competenze digitali tanto dei cittadini quanto dei professionisti sanitari.
- Rilanciare politiche sul personale sanitario, co-progettando organicamente ruoli e fabbisogno di tutti i professionisti sanitari, riformando i processi di formazione, valutazione e sviluppo delle competenze, incentivando le professioni considerate meno attrattive.
- Investire su ogni livello della prevenzione, dall’alfabetizzazione sanitaria agli stili di vita alle campagne vaccinali alla diagnosi precoce, e implementare i provvedimenti previsti, al livello nazionale e regionale, per potenziare e rendere i servizi di prevenzione vaccinale e di screening più accessibili e uniformi.
- Garantire la piena e tempestiva attuazione delle disposizioni previste dal Decreto liste d’attesa con particolare riguardo al governo delle agende, agli aspetti di monitoraggio del dato e all’uniformità delle procedure sul territorio.
- Accelerare l’implementazione delle Case della comunità, delle Centrali operative territoriali e degli Ospedali di comunità per garantire una migliore assistenza di prossimità nel più breve tempo possibile, ma intanto potenziare le reti dell’assistenza primaria e i servizi territoriali già presenti nelle comunità.
- Rafforzare e incentivare il personale sanitario nei reparti di Emergenza-Urgenza, riducendo le disparità regionali nell’accesso ai servizi sanitari.
- Promuovere attraverso campagne informative un uso più consapevole dei farmaci, con particolare attenzione agli antibiotici e il sostegno all’uso dei farmaci equivalenti.
- Garantire processi di approvazione più celeri e un accesso più rapido ed equo per i farmaci innovativi.