La Società Italiana di Pediatria (SIP), la Società Italiana di Medicina d’Emergenza-Urgenza (SIMEU), la Società Italiana di Medicina d’Emergenza-Urgenza Pediatrica (SIMEUP) l’Associazione Italiana per lo Studio del Dolore (AISD) e la Società Italiana Medici Pediatri (SIMPE) ribadiscono l’importanza di una corretta informazione sanitaria, fondata su evidenze solide e su una comunicazione responsabile. In un contesto in cui dichiarazioni non supportate da dati rischiano di creare allarme sociale, diventa fondamentale proteggere l’opinione pubblica da messaggi fuorvianti che possono compromettere la salute individuale e collettiva.
Negli ultimi giorni alcune affermazioni del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump hanno sollevato dubbi circa la sicurezza dell’uso del paracetamolo in gravidanza e un presunto legame con l’insorgenza di disturbi dello spettro autistico. Dopo i chiarimenti forniti da istituzioni scientifiche internazionali e nazionali, le Società Scientifiche italiane ritengono importante ribadire e rafforzare il messaggio, offrendo la prospettiva di chi quotidianamente è accanto a pazienti, famiglie e donne in gravidanza.
Il Presidente della Società Italiana di Pediatria, Rino Agostiniani, afferma: «Le evidenze disponibili non mostrano alcuna correlazione tra l’assunzione di paracetamolo in gravidanza e un aumento del rischio di autismo. Non emergono nemmeno associazioni con malformazioni del feto o del neonato. Il paracetamolo può quindi essere usato, se clinicamente necessario, in piena sicurezza». E aggiunge: «È importante ricordare che non esiste alcun legame tra vaccinazioni e autismo. I vaccini pediatrici rappresentano una conquista della medicina moderna e restano uno strumento imprescindibile per la tutela della salute dei bambini e della collettività».
Un messaggio condiviso anche dai medici dell’emergenza. «Allo stato attuale non esistono evidenze su una correlazione tra paracetamolo e autismo – sottolinea Alessandro Riccardi, Presidente Società Italiana Medicina d’Urgenza e Emergenza (SIMEU) –. Ci preoccupa l’idea che qualche donna possa rifiutare un farmaco sicuro in gravidanza, come il paracetamolo, che da decenni utilizziamo con efficacia per trattare dolore e febbre. Il rischio è che si ricorra a farmaci più pericolosi, come i FANS, oppure che non vengano curate condizioni acute, con conseguenze gravi. Già in passato il falso mito della correlazione tra vaccini e autismo ha creato danni enormi alla prevenzione. Non possiamo permettere che lo stesso accada con il paracetamolo».
«Come pediatri continuiamo con serenità il nostro lavoro al servizio dei bambini, basandoci su linee guida consolidate ed evidenze scientifiche rigorose. Gli allarmi che giungono da oltreoceano non hanno attualmente fondamento scientifico a sostegno – afferma Stefania Zampogna, Presidente della Società Italiana Medicina Emergenza Urgenza Pediatrica (SIMEUP) –. Ricordiamo che messaggi contrari all’uso appropriato di farmaci dovrebbero essere avanzati solo se sostenuti da dati solidi e coerenti, per non generare allarmismi ingiustificati e rischi per la salute derivanti da una mancata terapia. Auspichiamo che i decisori politici, nell’ambito del loro ruolo di tutela della salute pubblica, continuino a supportare la comunità scientifica nello studio approfondito di queste tematiche e nella diffusione di informazioni corrette, evitando comunicazioni fuorvianti che possano disorientare cittadini e professionisti sanitari».
Sulla stessa linea l’Associazione Italiana per lo Studio del Dolore (AISD). «Ad oggi non vi è alcuna evidenza scientifica che supporti una correlazione tra paracetamolo e autismo – dichiara il Presidente Diego Fornasari –. il paracetamolo, se usato correttamente, rimane un farmaco sicuro e raccomandato dalle principali autorità sanitarie, anche in gravidanza. L’AISD invita pertanto a riferirsi esclusivamente alle linee guida ufficiali e alle evidenze scientifiche accreditate».
Anche la Società Italiana Medici Pediatri (SIMPE) ribadisce con chiarezza la sua posizione. «Il paracetamolo è il farmaco di prima scelta per trattare febbre e dolore nelle donne in gravidanza, se assunto correttamente e sotto supervisione medica – afferma Giuseppe Mele, Presidente SIMPE –. I rischi del non trattare febbre alta o dolore intenso in gravidanza sono ben maggiori rispetto a presunti pericoli mai dimostrati. Non ripetiamo l’errore già visto con i vaccini, dove ci sono voluti più di 15 anni per smentire un mito privo di fondamento. È nostro dovere fornire messaggi chiari, rassicuranti e basati sulla scienza, a tutela delle mamme e dei loro bambini».