La creatività è una capacità individuale, potenzialmente presente nei campi più disparati, che consiste nel cogliere i rapporti fra cose o idee in modo nuovo o nel formulare intuizioni non previste dagli schemi di pensiero abituali o tradizionali. Ma qual è la natura del processo creativo? Esistono diversi tipi di creatività? Quali sono le basi neuronali della creatività? In definitiva, qual è il rapporto tra creatività, arte e scienza?
Il tema è stato affrontato da Fabio Benfenati, coordinatore di un gruppo di ricerca presso il dipartimento di Neuroscienze e neurotecnologie dell’Istituto italiano di tecnologia e presso il dipartimento di Medicina sperimentale dell’Università di Genova, ospite dell’Accademia delle Scienze di Torino come vincitore del Premio Herlitzka 2020 per gli studi nel campo della neurofisiologia umana.
Nella conferenza, il professore ha citato come premesse la lettura de La visione dall’interno. Arte e cervello di Semir Zeki e una tavola rotonda sul tema organizzata dalla Bogliasco Foundation: “Si tratta di campi ritenuti molto differenti, che vengono implementati in ambienti molto diversi, ma se andiamo a vedere in profondità le motivazioni e meccanismi che guidano e alimentano la ricerca artistica e quella scientifica troviamo molte aree condivise”.
Si evince già dalle definizioni presenti nei dizionari e nelle enciclopedie, ad esempio: “Creatività è un termine che indica genericamente l’arte o la capacità cognitiva della mente di creare e inventare”.
“Creatività significa innovazione, dare vita a qualcosa che prima non esisteva – spiega Benfenati -. Spesso parliamo di talento o di genio e Arthur Schopenhauer ne ha dato una bellissima definizione: Il talento coglie un bersaglio che nessun altro riesce a colpire; il genio coglie un bersaglio che nessun altro riesce a vedere. La creatività è quindi un momento di rottura col precedente”.
Inoltre, l’atto creativo coinvolge tutti gli aspetti dell’attività umana: “Nonostante normalmente la associamo all’arte e alla scienza, la creatività è una caratteristica costante della vita degli esseri umani: c’è negli affari, trova grande spazio nell’insegnamento (e anzi ciascuno si augurerebbe di incontrare un insegnante capace di cambiargli la vita), nella capacità quotidiana anche molto concreta di risolvere problemi. L’umorismo è una forma molto importante di creatività e questa si ritrova anche nelle relazioni interpersonali”.
Le basi neurologiche della creatività
“Se, essendo scienziati, vogliamo andare più a fondo e indagarne le basi, possiamo dire che lo sviluppo della creatività nel corso dell’evoluzione è parallelo a quello della corteccia associativa, quella zona di corteccia che non ha rapporti diretti con il corpo e il mondo esterno, ma è una zona intima di rielaborazione e processamento delle informazioni”, dice Benfenati.
La creatività è un’attività corale del cervello, senza una sede cerebrale precisa o un singolo circuito neuronale
“Parlando di corteccia associativa, dobbiamo inquadrare la creatività come attività corale di tutte le diverse aree della corteccia: non c’è una precisa area della creatività, ma ce ne sono di multiple e molto simili nel cervello dell’artista e del ricercatore che vengono chiamati a svolgere un compito creativo”, precisa.
La creatività, inoltre, implica flessibilità cognitiva: “La nostra capacità concettuale è estremamente importante”. A questo proposito, Benfenati fa riferimento agli studi nel campo della memoria di Rodrigo Quian-Quiroga, professore di bioingegneria e direttore del Centre for Systems Neuroscience dell’Università di Leicester. “Lo studioso ha rilevato che la memoria umana non ha una grande capacità, se paragonata a quelle dei computer, ma è dotata di una caratteristica unica e fondamentale: la capacità di generalizzare, cioè di estrarre concetti da esperienze diverse per poi usarle nel futuro”.
Ecco quindi in sintesi le basi neurologiche della creatività:
- La creatività è una proprietà emergente del sistema nervoso centrale, aumenta con la sua complessità
- Lo sviluppo della creatività lungo l’evoluzione è parallela allo sviluppo della corteccia associativa
- Non vi è una sede cerebrale precisa o un singolo circuito neuronale. La creatività emerge dall’attività di ampie aree della corteccia associativa (spazio di lavoro globale) dove è rappresentata con un notevole grado di ridondanza
- Malattie neurologiche come Parkinson e ictus non alterano l’espressione della creatività
- La creatività implica flessibilità cognitive, generalizzazioni e ricche associazioni
- L’intuizione creativa è un momento di discontinuità, di non-linearità, un conflitto momentaneo fra percezione e cognizione
La creatività è esclusivamente umana?
Anche se siamo soliti pensare alla creatività come atto esclusivamente umano, ci sono casi come quello di Congo, lo scimpanzé pittore degli anni ’50, apprezzato da Picasso e Dalì, che dimostrano come non sia in realtà appannaggio del genere umano. “Ma, al di là di situazioni eccezionali come quella, la creatività è molto diffusa anche tra altri animali inferiori”, sostiene Benfenati.
Alcuni esempi: la cinciallegra che in Inghilterra ha scoperto come bucare la pellicola di plastica sulla bottiglia del latte, novità presto diffusa sia a Londra che nei paesi limitrofi; o le scimmie giapponesi che hanno intuito che immergerle nelle acque del fiume fosse il modo più semplice per togliere la sabbia dalle patate. Il punto centrale non è infatti l’innovazione in sé, ma la trasmissione dell’innovazione che porta a un vantaggio per la specie.
La creatività nell’arte e nella scienza
La creatività nell’arte e nella scienza sono mosse da finalità profondamente diverse, sottolinea l’esperto: “L’artista cerca di mettere in atto il proprio sentire interiore e ai fruitori tocca cercare di ricostruire il mondo interiore dell’artista dall’opera d’arte, mentre l’obiettivo della ricerca è svelare qualcosa che esiste già nel mondo o nell’universo, ma in un linguaggio non facilmente comprensibile: noi cerchiamo la chiave per riuscire a decifrare questi aspetti. Ma, nonostante ciò, le due attività non sono in realtà lontane come sembrano”.
“Lo scienziato non studia la natura perché sia utile farlo. La studia perché ne ricava piacere; e ne ricava piacere perché è bella” – Henri Poincaré
I punti in comune fra arte e scienza:
- Si pongono domande non ovvie
- Necessitano di talento e genialità
- Fanno avanzare la conoscenza
- Sperimentano ed esplorano
- Espandono la nostra percezione
- Producono emozioni e generano bellezza e armonia
- Vengono stimolate dal progresso scientifico e tecnologico
- Soddisfano un impulso “interiore (non sono “lavori”)
Pensatori del passato, come Francois Jacob, premio Nobel per la Medicina nel 1965, sono riusciti a inquadrare il senso di questa affinità: La scienza in biologia non si propone di spiegare l’ignoto con ciò che è noto, come in certe dimostrazioni matematiche. Essa mira a giustificare ciò che si osserva con le proprietà di ciò che si immagina, a spiegare il visibile con l’invisibile, ed evolve con l’evoluzione dell’invisibile, con il ricorso a nuove strutture nascoste, a nuove proprietà ipotetiche.
C’è di più: gli artisti, e in questo i pittori sono maestri, sono in realtà degli scienziati inconsapevoli, che sanno sfruttare meccanismi connaturati alla nostra percezione; così come d’altro canto gli scienziati sono, nel momento magico della scoperta, in realtà degli artisti, pur senza saperlo. Un esempio: l’arte cinetica e la percezione del movimento.
Nell’ultima parte della conferenza, Benfenati è passato a illustrare come la scienza influenza l’arte e viceversa. Un esempio del primo tipo di influsso arriva con Vasilij Vasil’evič Kandinskij, che dipinse il primo quadro astratto avendo in mente la teoria della relatività e la celeberrima equazione di Einstein E = mc2, riflettendo cioè su come la materia, che siamo abituati a immaginare con una forma, si possa trasformare in energia. Di contro, c’è la cronofotografia, base dell’odierno motion capture: Étienne-Jules Marey (1830-1904), medico fisiologo francese, inventò il cronofotografo per portare avanti i suoi studi sul movimento degli uccelli, dei cavalli e soprattutto dell’uomo.
Quando la scienza avrà messo tutto in ordine, toccherà agli artisti mischiare daccapo le carte. – Ennio Flaiano
Infine, ha spiegato Benfenati citando Einstein, c’è un momento in cui i due campi si toccano: Raggiunto un alto livello di competenza tecnica, la scienza e l’arte tendono a fondersi nell’estetica, nella plasticità e nella forma: i più grandi scienziati sono sempre anche degli artisti.