Assistenza protesica, causa allo Stato per 130 milioni di euro

La FIOTO lamenta che il nomenclatore è fermo a 25 anni fa e le piccole imprese sono a rischio fallimento. Per le associazioni i nuovi LEA peggiorano la situazione per le persone con disabilità

Non esistevano gli smartphone, lo scudetto l’aveva appena vinto il Milan di Zaccheroni, Putin diveniva presidente per la prima volta, nasceva a Seattle il movimento no-global e Anna Oxa vinceva il Festival di Sanremo con la canzone Senza Pietà. Era il 1999 e un caffè al bar costava circa 900 lire (46 centesimi di euro).

Il Ministro della Salute era Rosy Bindi e firmava il Decreto Ministeriale 332: “Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell’ambito del Servizio sanitario nazionale: modalità di erogazione e tariffe”.

Protesi d’arto, calzature ortopediche, carrozzine, pannoloni e molti altri ausili indispensabili per aiutare pazienti e portatori di disabilità a vivere una vita migliore, o a prevenire ulteriori complicazioni o patologie, trovavano una classificazione e venivano individuate le prestazioni fornite direttamente e le relative tariffe di rimborso.

I ritardi

In questi 25 anni molto è cambiato, un caffè costa almeno il 118% in più e la tecnologia ha fatto progressi impensabili in tutti i settori. Anche in quello dell’assistenza protesica. L’articolo 11 del DM 332 stabiliva in modo perentorio: “Il nomenclatore è aggiornato periodicamente, con riferimento al periodo di validità del Piano sanitario nazionale e, comunque, con cadenza massima triennale, con la contestuale revisione della nomenclatura dei dispositivi erogabili”. Ma in 25 anni, nell’alternarsi di governi e ministri di tutti i colori, c’è stato un solo aggiornamento.

I pazienti

Per chi aveva bisogno di quei supporti è diventato sempre più difficile rifornirsi, bilanciare l’evoluzione tecnologica con l’aumento dei costi non rimborsati, districarsi tra il vecchio nomenclatore e le diverse applicazioni che ne facevano ASL e Regioni.  

I fornitori

Le aziende ortopediche, quelle più piccole, quelle che realizzano presidi su misura o che operano sul territorio con un rapporto molto stretto con pazienti e portatori di disabilità hanno provato a resistere. Molte hanno dovuto chiudere, molte rischiano di farlo in questi mesi. Hanno provato a non far mancare le forniture in erogazione diretta senza costi per il cittadino, a non far gravare gli aumenti sugli altri ausili riducendo sempre di più i margini tra i costi dei materiali, quelli dei fornitori, l’aumento del costo del lavoro e l’inflazione.

Nel 2017 finalmente sono stati approvati i nuovi LEA, ma le tariffe della protesica sono ancora una volta rimaste ferme. Così, quando nel 2023 è finalmente arrivato l’aggiornamento (DM 23.06.23) e le aziende hanno scoperto che le nuove tariffe sarebbero entrate in vigore solo il primo aprile 2024, e che non era previsto nessun meccanismo per gli anni di mancato adeguamento, hanno detto basta e hanno fatto ricorso al TAR e causa allo Stato per 130 milioni di euro.

Una nuova difficile matassa da sbrogliare per il Governo, che si va ad aggiungere al già complicatissimo intreccio del payback dispositivi medici.

TrendSanità ne ha parlato con alcuni esperti.

Gli avvocati

“Dispiace dopo tutti questi anni di attesa e di rimpalli di responsabilità trovarci a dover discutere davanti alla Giustizia Amministrativa della legittimità del DM tariffe come del suo presupposto, ovvero dei nuovi LEA – spiega l’avvocato Eleonora Zazza (Studio Legale Zazza & Magliaro Associati) –. La prossima settimana presso il TAR del Lazio verrà infatti discussa la domanda cautelare avanzata con il ricorso presentato dall’associazione di categoria e dalle aziende ortopediche per l’annullamento del DM tariffe e degli atti presupposti. Parallelamente al ricorso, oltre 70 imprese del settore da noi assistite hanno diffidato le amministrazioni competenti a corrispondere il risarcimento dei danni patiti per il mancato adeguamento delle tariffe. La somma complessivamente della richiesta si aggira sui 130 milioni di euro. È necessario che, indipendentemente dalle procedure legali, il Ministro convochi la categoria e affronti la questione ripartendo da un dialogo costruttivo e da alcune indispensabili modifiche. C’è poco tempo e il DM così com’è non può entrare in vigore o si rischia una paralisi del settore e un grave danno ai cittadini più fragili”.

Gli operatori

Marco Lainieri, past president nazionale e referente Lazio della FIOTO (Federazione italiana degli operatori in tecniche ortopediche) spiega così il disagio della categoria: “Ci sentiamo presi in giro. Diciamo che siamo nel 2024 ma siamo costretti a fornire un cellulare del 2010 ad un prezzo del 1999. Centinaia di piccole aziende e migliaia di lavoratori sono in grave difficoltà. Lo Stato è inadempiente da anni ma ogni giorno chiede alle aziende di garantire l’erogazione diretta delle prestazioni protesiche a beneficio degli assistiti e della cittadinanza. E parliamo di persone in situazioni delicate: di chi ha subito amputazioni, di chi ha alterazioni cerebropatiche, malattie dismetaboliche, tetraplegia. In questa situazione, e con i nuovi LEA che nascono già vecchi, c’è lo spettro di molte criticità e scelte errate, che negheranno la fornitura di presidi indispensabili e rigetteranno nel caos prescrittori, assistiti, Asl, stazioni appaltanti e fornitori.

Lo Stato è inadempiente da anni ma ogni giorno chiede alle aziende di garantire l’erogazione diretta delle prestazioni protesiche a beneficio degli assistiti e della cittadinanza

Da mesi chiediamo alle Istituzioni di provvedere a uniformare le prestazioni LEA nelle diverse Regioni superando classificazioni e regolamenti difformi, rivedere le tariffe, rivedere gli elenchi delle prestazioni erogabili, accreditare la filiera degli erogatori di prestazioni ortoprotesiche, determinare una metodica di lavoro e aggiornamento permanente dei LEA e delle tariffe e di semplificare i processi di erogazione e controlli. Qui non parliamo di dare a tutti un ginocchio bionico che ha costi molto elevati, ma di articolarne, secondo principi di appropriatezza definiti su evidenza scientifica e buon senso, i criteri di erogabilità ai cittadini aventi diritto, affinché i principi di universalità e uguaglianza diventino una realtà uniforme sul territorio. Tante piccole attenzioni che fanno la differenza e possono migliorare la qualità della vita a chi necessita di ausili e protesi ortopediche per l’autonomia e la terapia quotidiana. Un esempio sono le calzature ortopediche di serie con intersuola in carbonio o con fodere ceramiche per chi ha particolari sofferenze, tutte cose assenti nei nuovi LEA e che, se nel passato potevano essere in qualche modo fornite utilizzando un articolo di riconduzione funzionale, domani, con le nuove regole, il paziente dovrà pagare di tasca sua”.

I portatori di disabilità

E anche per chi apprezza l’aggiornamento dei nuovi LEA i problemi sembrano non essere finiti e il 1999 sembra tornare sempre a galla. “Con i nuovi LEA, se possibile, siamo riusciti a peggiorare le cose – spiega Alessandro Bardini, membro dell’Associazione Luca Coscioni e avvocato impegnato per i diritti delle persone con disabilità –. L’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza dopo molti anni è positivo ma è stato consapevolmente ignorato il tema dell’appropriatezza delle modalità con cui gli ausili vengono forniti dal SSN alle persone con disabilità.

Fornire attraverso gare anche i dispositivi per un singolo portatore di disabilità significa escludere dalla scelta tanto la persona a cui sono destinati quanto il medico che l’ha in cura

Le procedure previste ora sono diventate molto più complicate e molti ausili dovranno essere acquistati direttamente dalle ASL tramite appalti. Purtroppo, in questa procedura sono stati compresi anche quei tipi di ausili che sono sì di produzione industriale ma che, per essere utilizzati efficacemente, devono essere individuati e allestiti ad personam. Si sa che una gara pubblica comunque gestita serve per acquistare tanti prodotti tutti uguali: ma fornire attraverso gare anche quei dispositivi che necessitano di essere scelti in base alle esigenze di un singolo portatore di disabilità significa escludere dalla scelta tanto la persona a cui sono destinati quanto il medico che l’ha in cura e che deve prescrivere l’ausilio più adatto per il suo progetto di riabilitazione.

E siccome non è accettabile, né possibile, acquistare a gara prodotti destinati a bisogni molto complessi, che devono essere individuati e allestiti ad personam, in molte Regioni le gare non vengono portate avanti e le persone con le disabilità più gravi possono ottenere soltanto i dispositivi contenuti nel vecchio elenco, alle tariffe del 1999. Sono pertanto private della possibilità di ottenere i nuovi ausili, pur inseriti nei nuovi LEA. Su questo abbiamo già fatto ricorso al TAR che ci ha dato ragione e ha condannato il Ministero della Salute ad intervenire e garantire un percorso di erogazione appropriato di ausili e protesi”.

I diabetici

Addirittura, per i pazienti diabetici il 1999 torna anche a farsi rimpiangere se viene paragonato a quello che prevedono i nuovi LEA. Scrive Emilio Augusto Benini, Presidente Nazionale FAND Associazione italiana diabetici, in una lettera indirizzata al Ministro della Salute, Orazio Schillaci: “Il ‘piede diabetico’ colpisce il 5% delle persone con diabete (almeno 300mila), pesa per il 25% sulle risorse totali per la cura del diabete e per il 4% causa ricoveri per diabete. La qualità di vita del paziente con ulcera del piede risulta gravemente compromessa per i lunghi tempi di guarigione e, purtroppo, nonostante l’Italia sia all’avanguardia nel trattamento, ogni anno sono sottoposti ad amputazione 7mila pazienti.

È fondamentale prevenire con i presidi dedicati, cioè con calzature di serie tecniche di prevenzione, la cui prescrizione dal marzo 2017 è esclusa dai LEA e delegata dal SSN alle Regioni con notevoli difficoltà di applicazione. Auspichiamo che la persona con diabete, che già vive la difficoltà quotidiana di una cronicità diffusa in vari distretti del corpo, possa sentirsi cittadino di serie A in tutto il Paese”.

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Cesare Buquicchio
Giornalista professionista. Condirettore TrendSanità. Capo Ufficio Stampa Ministero della Salute dal 2019 al 2022. Direttore scientifico del corso di perfezionamento CreSP, Università di Pisa