Degenerazione maculare legata all’età: impatto economico e leve per migliorare la presa in carico

La miglior presa in carico di un singolo paziente con degenerazione maculare legata all’età (AMD) porterebbe a un risparmio di risorse di quasi 24.000€ su una stima lifetime pro capite. È questo il risultato dell’indagine condotta dall’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi sanitari – Facoltà di Economia nel campus di Roma dell’Università Cattolica (ALTEMS) con il supporto non condizionato di Roche Italia.

Lo studio condotto dall’ALTEMS ha permesso di quantificare l’impatto economico della gestione del paziente affetto da degenerazione maculare senile sul Servizio Sanitario Nazionale e sull’intera società, ma anche di identificare i punti sui quali far leva per garantire una miglior presa in carico di questi pazienti.

La degenerazione maculare legata all’età è tra le prime 5 cause di cecità nei paesi industrializzati per i soggetti di età superiore ai 65 anni

La degenerazione maculare legata all’età è tra le prime cinque cause di cecità nei paesi industrializzati per i soggetti di età superiore ai 65 anni e comporta una significativa diminuzione della capacità visiva. Per questo motivo ha un impatto importante sulla qualità di vita di questi pazienti, che non sono più in grado di svolgere azioni quotidiane essenziali e secondarie. In Italia, la forma avanzata, cosiddetta “neovascolare” (nAMD), colpisce prevalentemente fasce d’età (65-69 anni e over 85) in cui le persone sono già fragili, perché presentano un elevato tasso di comorbidità tra cui ipertensione, dislipidemie e diabete.

La nAMD si caratterizza per una perdita della vista rapida, i cui danni non regrediscono. L’unica soluzione al momento disponibile è rappresentata dalle iniezioni intravitreali con trattamenti antagonisti del fattore di crescita endoteliale vascolare (anti-VEGF) che permettono di ottenere un forte rallentamento della progressione della malattia. Tuttavia, questi trattamenti sono efficaci solo se somministrati in maniera stabile e continuativa nel tempo. Ad oggi però, secondo le stime, molti pazienti non si presentano ai follow up, soprattutto per paura delle iniezioni e a causa delle frequenti visite. La mancata aderenza alle terapie ha un peso economico ma anche sociale, per il paziente e per l’intero sistema.

Secondo l’indagine condotta da Altems, nell’attuale pratica clinica italiana il peso economico per ogni singolo paziente affetto da nAMD, su un orizzonte life-time, è pari a € 60.017,94. Il maggior dispendio di risorse è associato ai costi sociali, che rappresentano il 67,83% della spesa e, in parte anche, al trattamento farmacologico (il 16,58% del totale). Oltre al costo, l’indagine tiene conto anche del tempo impiegato dal paziente e dal caregiver per ogni singolo episodio terapeutico: almeno 5 ore per singola iniezione.

Il maggior dispendio di risorse è associato ai costi sociali (oltre il 67% della spesa) e al trattamento farmacologico (oltre il 16%)

In una situazione di presa in carico ottimale del paziente con nAMD, basata su una migliore aderenza alle terapie farmacologiche, la spesa complessiva stimata diminuisce drasticamente (€ 36.068). L’indagine, facendo quindi un confronto tra lo scenario attuale e quello ottimale, fa emergere chiaramente come una miglior presa in carico del paziente permetterebbe un risparmio di risorse, abbattendo principalmente i costi sociali. Una miglior risposta e aderenza alle terapie da parte del paziente si traduce, nel concreto, nella riduzione dell’indennità pensionistica e di accompagnamento, che sono oggi riconosciute ai pazienti ipovedenti o con ridotta capacità visiva. Questo risparmio, calcolato su un orizzonte temporale life-time, compenserebbe l’aumento dei costi relativi alla spesa farmacologica, alla somministrazione della terapia e al follow-up del paziente nel lungo termine. Inoltre, il paziente sarebbe monitorato in maniera più idonea, riducendo così il tasso di abbandono della terapia.

Un percorso di presa in carico inappropropiato comporta inefficienze economiche e contribuisce negativamente alla qualità di vita di paziente e caregiver, con i relativi costi associati

“La ricerca evidenzia come un percorso di presa in carico se declinato in modo inappropriato, non solo comporta inefficienze economiche ma contribuisce negativamente alla qualità della vita di paziente e caregiver e ai relativi costi associati. Infatti, il rapporto conferma l’importanza di assicurare condizioni di massima aderenza alle terapie al fine di garantire appropriatezza clinica ed economica, e ci ricorda l’importanza di garantire un’assistenza integrata al paziente attraverso modelli di presa in carico focalizzati sulla diagnosi precoce e sull’appropriatezza terapeutica” commenta il Prof. Stanislao Rizzo, Ordinario di Malattie dell’Apparato Visivo alla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica e Direttore della UOC di Oculistica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS.

L’indagine identifica anche quattro importanti punti sui quali far leva per garantire una presa in carico integrata e basata sul valore, utili per definire le strategie future:

  1. Acquisire consapevolezza sull’attuale presa in carico dei pazienti con maculopatia e il relativo impatto economico e sociale da parte di tutti gli stakeholder coinvolti
  2. Costruire una presa in carico integrata riducendo le disuguaglianze 
  3. Favorire condizioni di massima appropriatezza (ad es. massima aderenza terapeutica)
  4. Misurare l’impatto degli investimenti sanitari in base al valore generato all’interno del percorso di presa in carico

“Considerando quanto emerso dalla ricerca ALTEMS e che la quasi totalità dei pazienti con maculopatia convive con almeno un’ulteriore comorbidità, riteniamo fondamentale assicurare la partecipazione attiva dei pazienti nella ricerca e sviluppo dei modelli di presa in carico. Questo coinvolgimento deve essere operato con la consapevolezza che il paziente ed il suo caregiver sono gli unici che possono restituire un punto di vista sulla patologia, in quanto vissuto in prima persona. Inoltre, all’interno di una patologia caratterizzata da frequenti ingressi in ospedale per controlli e trattamenti è fondamentale capire quanto tempo il paziente trascorre all’interno delle strutture, a maggior ragione se questo ha un impatto sul totale costo della presa in carico del paziente, e sull’impegno psicofisico del paziente”, ha dichiarato Assia Andrao, Presidente Retina Italia.

L’analisi evidenzia la necessità di una pianificazione strategica degli investimenti integrata tra sfera sanitaria e sfera sociale, da misurare in base al valore generato nel percorso complessivo di presa in carico

Questo il commento del Prof. Americo Cicchetti, Ordinario di Organizzazione Aziendale alla facoltà di Economia dell’Università cattolica e direttore dell’ALTEMS: “Il rapporto fa emergere chiare necessità legate alla sfera economica e di investimento. Da un lato è indispensabile favorire una pianificazione strategica degli investimenti sempre più integrata tra la sfera sanitaria e quella sociale. Dall’altro è necessario misurare l’impatto dell’investimento sanitario in base al valore generato all’interno del percorso di presa in carico”.

L’indagine, identificando i punti sui quali far leva per una miglior presa in carico, lascia aperta la possibilità di individuare nuove soluzioni per il futuro.

“La fotografia presentata da questo studio evidenzia quanto sia importante acquisire consapevolezza sull’attuale presa in carico dei pazienti con maculopatia ed il relativo impatto economico e sociale. Occorre definire indirizzi politico-istituzionali tesi al miglioramento della presa in carico dei pazienti: l’assistenza dovrebbe assicurare la continuità tra ospedale e territorio, condizioni di massima appropriatezza clinica ed organizzativa, dialogo continuo e partecipato tra tutti gli stakeholders ed i ministeri coinvolti” commenta la Senatrice Elisa Pirro, membro della Commissione Affari sociali del Senato.

“Lo scenario attuale ci mostra come le maculopatie e il loro peso sociale ed economico, per il paziente e il caregiver, siano ancora poco riconosciute. Come emerge chiaramente dall’analisi di ALTEMS, si tratta patologie croniche ancora non riconosciute come tali. Proprio per questo l’assistenza che dovrebbe essere fornita a questi pazienti, dovrebbe avere direttrici legislative chiare ed efficaci. Con questa consapevolezza ci impegneremo per costruire una direttrice assistenziale che vada maggiormente incontro alle esigenze di tutte le parti coinvolte”, conclude l’Onorevole Simona Loizzo, membro della Commissione Affari sociali della Camera.

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