I pazienti siciliani colpiti da una distrofia retinica ereditaria, per la prima volta, potranno sottoporsi al test per individuare il gene responsabile della patologia in una struttura pubblica della regione. Un’importante opportunità offerta dal Campus di Ematologia ‘Piera Cutino’ degli Ospedali Riuniti Villa Sofia Cervello di Palermo. Nonostante siano considerate malattie rare, la forma più comune, la retinite pigmentosa, colpisce circa una persona ogni 3mila e può portare a gravi disturbi della vista, come cecità notturna, difficoltà di adattamento ai cambiamenti di luminosità, riduzione della capacità visiva periferica e centrale.
“Le distrofie retiniche ereditarie sono patologie genetiche che colpiscono la retina, la porzione neurosensoriale dell’occhio. Sono causate da un difetto del DNA e presentano sintomi, età d’insorgenza e progressività estremamente variabili – spiega la prof.ssa Fabiana D’Esposito, oculista esperta di genetica molecolare e ricerca di base presso l’Imperial College Healthcare di Londra, l’Università Federico II di Napoli e l’Azienda Ospedaliera Villa Sofia-Cervello di Palermo con la Fondazione Piera Cutino –. Spesso i pazienti affetti riportano una familiarità per la patologia, ma non sempre. La prevalenza dipende dal tipo di distrofia: la più comune è la retinite pigmentosa, ma ne esistono moltissime forme diverse. Si riscontrano più frequentemente dove c’è un tasso di consanguineità più alto, dove le persone più facilmente condividono le caratteristiche genetiche. Si può anche essere portatori sani della malattia e scoprirlo solo dopo averla trasmessa ai figli. Conosciamo almeno 280 geni responsabili di queste patologie: è di fondamentale importanza scoprire qual è quello ‘colpevole’ per ogni singolo paziente. Così come la stessa malattia può esser causata da geni diversi, lo stesso gene può causare tante diverse patologie, rendendo le diagnosi e le correlazioni gene-malattia molto complesse.
Fare i test significa caratterizzare in modo non equivoco e definire lo status dei familiari con grandi vantaggi, come ad esempio scoprire se un figlio potrebbe esserne affetto, permettere ai pazienti in fase preclinica di scegliere una professione che non risenta particolarmente di un deficit visivo, assicurarsi di poter inserire i pazienti in un database al quale poter accedere per un potenziale reclutamento in vista di terapie sperimentali o già approvate. Per questo, nel centro Piera Cutino dell’ospedale Cervello, è stato attivato il servizio di diagnostica molecolare a integrazione della diagnostica clinica, in una sinergia di diverse competenze professionali.”
“La diagnosi parte da un’imaging della retina. Il passo successivo sono gli esami elettrofunzionali, per indagare sul suo malfunzionamento e quantificarlo. Poi si effettuano le indagini molecolari, per scoprire il gene responsabile – sottolinea la dott.ssa Elena D’Alcamo, Direttrice del Laboratorio di diagnosi molecolare e biochimica del Campus Ematologia Franco e Piera Cutino –. Si può fare una consulenza genetica mirata per scoprire se qualcuno in famiglia ha quella variante e indagare su chi potrà svilupparla. La possibilità di sottoporsi al test è un grandissimo vantaggio per i pazienti siciliani. La metodica NGS (Next Generation Sequency), permette di analizzare un grandissimo numero di geni in contemporanea, per poi interpretare i risultati e correlarli alla storia medica del paziente. Per uno di loro c’è già una terapia approvata, mentre per molti altri sono in corso i trial clinici. Si tratta, in poche parole, di inserire il gene funzionante dove serve. I risultati sono estremamente promettenti.”
“Esistono degli stili di vita da adottare per modulare l’espressione di queste malattie, come proteggersi dal sole e rinunciare al fumo. Sono patologie che incidono molto sulla qualità di vita, perché insorgono generalmente tra i 35 e i 50 anni – conclude Giuseppe Cutino, fratello di Piera (venuta a mancare nell’82 a causa di un’altra patologia rara molto diffusa in Sicilia, la Talassemia) e fondatore dell’Associazione Piera Cutino –. Per questa ragione poter fare il test in una regione ad alta incidenza e in cui prima non era possibile, se non privatamente, è importante. I laboratori in Italia sono davvero pochi, è quindi un’opportunità per tutto il Paese. Inizialmente, come Fondazione, ci occupavamo solo di talassemia, poi abbiamo deciso di ampliarci ad altre malattie rare non ematologiche. Questo cambiamento di mission è dovuto al desiderio di supportare al meglio il Campus e di mettersi al servizio dei tanti pazienti che faticano a trovare aiuto.”