Endometriosi: si lavora sulle linee guida, ma mancano ancora formazione medica e dati

La Legge 160 del 2017 è stata un passo importante, ma capacità di diagnosi e formazione specifica dei professionisti sanitari stentano e ad oggi una donna con endometriosi non ha esenzione e deve pagarsi a vita pillola, integratori, psicologo, fisioterapista…

Qualcosa si muove per le donne con endometriosi, malattia cronica che colpisce 3 milioni di italiane in età fertile. La SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia) su mandato dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità), sta lavorando, insieme ad altri 23 partner tra società e associazioni, sulle linee guida relative alla patologia. Il documento, che sarà pronto nella seconda metà del 2025 e pubblicato sul sito del CNEC (Centro Nazionale di Eccellenza Clinica), mira a individuare i centri di riferimento in Italia dove le donne possono avere una serie di servizi diagnostici e terapeutici.

L’endometriosi è la circolazione anomala di cellule dell’endometrio, il tessuto che riveste l’utero e che di norma si sfalda durante il ciclo mestruale, per essere eliminato proprio tramite le mestruazioni per poi rinnovarsi. Le cellule, invece di fuoriuscire dall’organismo, rimangono all’interno, aderendo ad altri organi vicini o permanendo nella cavità uterina (adenomiosi). Queste aderenze creano infiammazioni croniche con dolori lancinanti e invalidanti.

Vito Trojano

«La sintomatologia – spiega a TrendSanità il professor Vito Trojano presidente della SIGO – è aspecifica e questo rende difficile riconoscere la malattia». Gli effetti sono devastanti per le donne che, prima di arrivare ad una corretta diagnosi, attendono dai 7 ai 10 anni.

Lo sa bene Raffaella, oggi 42enne che a 15 anni venne operata di appendicite per dei dolori al fianco. Questi continuavano anche dopo l’intervento, compromettendo la normalità di un’adolescente con l’ansia di avere un attacco doloroso improvviso, tanto da impedirle qualunque attività quotidiana. I medici le hanno parlato di coliche renali, di sospetta celiachia, infiammazione dell’intestino, consigliando diversi tipi di cura, continui esami, ma nulla di risolutivo. L’endometriosi avanzava sugli altri organi con il rischio di comprometterne la funzionalità. Fino a quando non trovando niente di rilevante dalle endoscopie, Raffaella venne indirizzata dallo psichiatra. Così a soli 16 anni venne seguita per un anno dal CIM (Centro Igiene Mentale) della sua Asl e sottoposta ad una cura di psicofarmaci.

«Ero pazza – ci racconta Raffaella – ero quella esagerata che non accettava il dolore come qualcosa di fisiologico. Per tutti era normale che io soffrissi. Sono trascorsi dieci anni prima di arrivare alla diagnosi di endometriosi e sottopormi al primo intervento in uno dei centri specializzati».

A TrendSanità parlano esperti e associazioni e le pazienti si raccontano

Una condizione quella di Raffaella non tanto diversa dalle donne del passato. L’idea che il dolore pelvico cronico fosse correlato a una malattia mentale influenzò la cultura moderna nei confronti delle pazienti causando ritardi nella diagnosi e indifferenza verso la sofferenza delle donne vissute durante il XX secolo. Così, andando ancora più indietro nella storia, nonostante 2500 anni fa i medici ippocratici avessero riconosciuto e trattato il dolore pelvico cronico come una vera malattia organica, nel corso del Medioevo si tornò a colpevolizzare le donne, ritenendole pazze, immorali, affette da dolore immaginario o avvezze a una cattiva condotta. I sintomi del dolore pelvico cronico, tipico dell’endometriosi, erano spesso attribuiti a follia immaginaria, a debolezza femminile, a promiscuità o isteria. Come dimostra l’esperienza di Raffaella, in alcuni casi non è così diversa la cultura contemporanea che associa il dolore da endometriosi ad un disturbo mentale.

«C’è un problema culturale, ma anche di formazione dei medici – ci riferisce Annalisa Frassineti – presidentessa dell’Associazione Progetto Endometriosi (APE).» L’APE dal 2017 organizza corsi per personale sanitario con i fondi del 5 x 1000. Conoscere la patologia è fondamentale per evitare ritardi e conseguenze gravi come è accaduto a Chiara che, a soli 18 anni, ha subito un’isterectomia (asportazione dell’utero), diventando sterile.

«Non si dovrebbe arrivare a ciò – spiega Trojano a TrendSanità – la chirurgia va eseguita quando non ci sono alternative, ma spesso non è così. Per questo uno dei temi centrali delle linee guida che la SIGO sta mettendo a punto è quello delle buone pratiche sanitarie, con la tendenza a conservare il più possibile l’apparato riproduttivo della donna, ricorrendo a terapie o al massimo ad una chirurgia conservativa».

In un Paese che appare ai primi posti per denatalità, l’endometriosi diventa anche un problema sociale

L’endometriosi, se trascurata, può causare l’infertilità. Il 40% di coloro che soffrono di questa patologia risulta sterile e, in un Paese che appare ai primi posti per denatalità, l’endometriosi diventa un problema sociale. È importante quindi prevenire anche per ridurre il calo nascite.

Alice Maraschini

Un tema quello della prevenzione, già affrontato nel 2004, quando 266 membri del Parlamento Europeo firmarono la Written Declaration on Endometriosis, segnalando la poca conoscenza della malattia e l’importanza della prevenzione nei programmi comunitari. A distanza di 13 anni dalla direttiva europea, l’Italia ha emanato la Legge 160 del 2017, con cui ha stabilito nel 9 marzo di ogni anno la giornata nazionale per la lotta all’endometriosi. La norma prevede inoltre, un registro nazionale presso l’ISS e dei registri regionali. «La regionalizzazione – dice a TrendSanità la dottoressa Alice Maraschini del servizio statistica dell’ISS – rende difficile la raccolta e analisi dei dati a livello nazionale. Non tutti i territori si sono adeguati e il registro italiano di fatto è incompleto». Non è un caso che l’ISS stia collaborando con l’ospedale triestino Burlo per un progetto di ricerca epidemiologica.

Con la Legge italiana è stata introdotta anche l’esenzione di alcune prestazioni specialistiche di controllo (ecografia e visita ginecologica, clisma opaco ovvero esame radiologico del colon e retto), solo per le forme più gravi della malattia (terzo e quarto stadio), compresi i servizi necessari per la procreazione medicalmente assistita. Nonostante la norma abbia rappresentato un passo epocale, non ha ancora soddisfatto le pazienti che oggi devono pagarsi a vita terapia, integratori, psicologo, fisioterapista, fondamentali per chi ha difficoltà ad avere una vita normale, una sfera sessuale serena, per chi deve rinunciare alla maternità o che ha avuto un intervento demolitivo.

Come fa notare la Frassineti, la normativa non tiene conto di un presupposto fondamentale: la formazione dei medici. Serve esperienza nella diagnosi e nella terapia dell’endometriosi, che proprio la SIGO individuerà nelle prossime linee guida, in base alla casistica, ovvero ai casi di endometriosi trattati presso le strutture.

Nel frattempo, Agenas ha concluso un progetto finanziato dal Ministero della Sanità della durata due anni per la formazione e informazione sull’endometriosi. Una serie di percorsi formativi, sia nelle scuole con il coinvolgimento di 8mila studenti, sia in modalità FAD, a distanza, destinati ai professionisti sanitari che sono stati però appena un centinaio. All’iniziativa, conclusasi nel 2023, non è seguita alcuna programmazione del Governo, salvo un Disegno di Legge, numero 630 del 28 marzo 2023, in attesa di approvazione e che prevede anche per gli stadi più lievi dell’endometriosi l’esenzione dalla spesa di tutte le prestazioni correlate, oltre alla formazione del personale medico e la tutela del posto di lavoro che la donna spesso rischia di perdere per le assenze dovute ai dolori invalidanti.

Il 14% delle lavoratrici ha dovuto ridurre l’orario di lavoro, con costi per lo Stato che arrivano a 4 miliardi di euro: l’endometriosi non è un problema solo delle donne, ma della collettività.

Secondo l’Osservatorio delle Malattie Rare, la perdita di produttività di una donna è di poco più di 6mila euro l’anno, contro i 3mila euro di spesa per l’assistenza sanitaria di ciascuna paziente. Il 14% delle lavoratrici ha dovuto ridurre l’orario di lavoro, con costi per lo Stato che arrivano a 4 miliardi di euro.


Come asserito dal presidente francese Emmanuel Macron, sceso in campo nel gennaio del 2022 per lanciare la Strategia Nazionale per la Lotta alla malattia, l’endometriosi non è un problema solo delle donne, ma della collettività. La Francia è stato il primo paese in Europa a farsi promotore di una campagna nazionale per una maggiore conoscenza, diagnosi più rapide e trattamenti più efficaci. Non è un caso che proprio in Francia sia stato scoperto in un laboratorio nella periferia di Dax, il primo test salivare in grado di scoprire l’endometriosi e che poco dopo sia arrivata anche l’approvazione dall’Assemblea Nazionale francese per il riconoscimento dell’endometriosi tra i disturbi di “lunga durata” con un rimborso al 100% delle spese sanitarie: un modello per l’Europa. Ora tocca all’Italia per non essere da meno…

Può interessarti

Roberta Grima
Giornalista professionista, specializzata in politica sanitaria, salute e medicina