Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Sardegna, Toscana e Valle d’Aosta: queste, fra le 20 contattate da Cittadinanzattiva attraverso una nuova istanza di accesso civico, sono le 10 Regioni che hanno fornito risposte complete rispetto all’utilizzo dei fondi previsti dalla Legge di bilancio 2022 (5 milioni di euro in totale) e dedicati all’individuazione sul proprio territorio di uno o più centri specializzati, idonei alla diagnosi e alla cura della fibromialgia e in grado di assicurare ai pazienti una presa in carico multidisciplinare. Mancano completamente le risposte di Calabria e Campania, i cui fondi ammontano rispettivamente a 160.034 euro e 471.957 euro. La Sicilia inizialmente non ha risposto alle istanze di accesso civico, ma ha successivamente inviato tutta la documentazione relativa all’utilizzo dei fondi ricevuti (410.113 euro). Basilicata, Liguria, Molise, Puglia, Umbria e Veneto hanno fornito risposte non complete.
Queste sono le informazioni che emergono dalla “Indagine civica per l’impiego e la destinazione dei fondi ripartiti destinati alle Regioni dedicati allo studio, alla diagnosi e alla cura della fibromialgia”, presentata da Cittadinanzattiva lo scorso marzo e focalizzata sull’aggiornamento e possibile completamento dei dati della prima indagine (avviata nel dicembre 2022 sempre attraverso richiesta di accesso civico ai Presidenti e agli Assessori alla Sanità delle Regioni).
Alla prima istanza avevano risposto tutte le regioni ad eccezione di: Calabria, Puglia e Sicilia. In particolare Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Marche, Piemonte, Sardegna, Toscana, Valle d’Aosta avevano fornito risposte molto complete rispondendo in maniera soddisfacente a tutti i quesiti. Le risposte parziali erano state quelle di: Basilicata, Liguria, Lombardia, Molise, Umbria, Veneto.
«Si conferma innanzitutto – dichiara Tiziana Nicoletti, Responsabile Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici e rari (CnAMC) – la tendenza delle Regioni a non rendicontare in modo esaustivo ai cittadini, oltre alla scarsa propensione al favorire la partecipazione delle organizzazioni civiche e dei pazienti alla politica della salute e, infine, anche un utilizzo opaco e poco trasparente dei fondi pubblici che, se non impiegati vanno persi. Anche in questo ambito il mancato aggiornamento dei LEA favorisce e genera difformità regionali di accesso alle cure con ricadute sui cittadini e le loro famiglie in termini di qualità di vita ed esiti di salute. I fondi, se ben utilizzati, potrebbero fornire delle prime importanti risposte, in termini di accesso alle cure per i pazienti e per chi li assiste, ci auguriamo che questo avvenga prima possibile».