Iardino (The Bridge): «Su salute mentale servono più risorse, ma anche investimento sul capitale umano»

Nel mondo, un miliardo di persone convive con problemi di salute mentale. Si calcola che ansia e depressione impattino sull’economia globale per circa 1.000 miliardi di dollari all’anno. Mentre i costi indiretti legati per esempio alla perdita di produttività sono incalcolabili. Il disagio mentale, inoltre, provoca oltre 700 mila suicidi all’anno. A dirlo è l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che ha recentemente pubblicato due rapporti sul tema: il World Mental Health Today e il Mental Health Atlas 2024

I disturbi mentali rappresentano la seconda causa di disabilità a lungo termine. Le più colpite sono le donne (che rappresentano il 14,8% della popolazione totale contro il 13 degli uomini). Nonostante tutto questo, la spesa pubblica per la salute mentale a livello globale non cresce da anni e si attesta sul 2% dei bilanci sanitari totali (in Italia è il 3%, a fronte di una normativa che prevede almeno il 5%).

Rosaria Iardino

«Gli ultimi dati diffusi dall’Organizzazione mondiale della sanità, che indicano come oltre 1 miliardo di persone conviva con disturbi mentali, come ansia e depressione, sono preoccupanti, perché certificano una inerzia di fondo nelle politiche di contrasto a questo problema – afferma Rosaria Iardino, Presidente di Fondazione The Bridge -. È un’emergenza trasversale, che riguarda tutti, uomini e donne, maschi e femmine, giovani e anziani, senza particolari distinzioni di carattere socioeconomico e con il suicidio che rappresenta una delle principali cause di morte tra i giovani. I nuovi Rapporti pubblicati dall’Oms evidenziano anche l’urgenza di garantire la salute pubblica attraverso l’avvio di misure più efficaci per migliorare i servizi di salute mentale».

Per fare questo, secondo Iardino, «occorre intervenire in una prospettiva più ampia, che coinvolga attivamente non solo le persone ma anche le intere comunità, le istituzioni, le imprese. Servono più risorse economiche e, allo stesso tempo, è necessario investire in maniera capillare sul capitale umano, su una adeguata formazione della comunità educante e sull’aggiornamento professionale degli operatori sociosanitari».

«La salute mentale – conclude la Presidente di Fondazione The Bridge – deve uscire dall’ombra dello stigma. Si avverte il bisogno di acquisire una maggiore consapevolezza di queste problematiche, di un coinvolgimento attivo e responsabile delle nuove generazioni e di un utilizzo avveduto e propositivo delle tecnologie, in particolare dell’intelligenza artificiale. Non bisogna sottovalutare, infatti, l’impatto che i dispositivi digitali hanno sullo sviluppo cognitivo e neurologico dei giovani. In questo contesto assume un ruolo di primo piano la scuola, che deve lavorare in piena sinergia con le famiglie e le istituzioni».

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