Il distretto protagonista della nuova sanità territoriale

Le sfide aperte sono tante e in attesa di essere risolte. La questione di fondo riguarda la necessità di contemperare due esigenze: standardizzare l’organizzazione e gli interventi, valorizzando però le peculiarità delle diverse realtà

Nel 2022, a seguito delle criticità emerse con la pandemia da Covid-19 e con le riforme previste dal PNRR, il governo italiano ha introdotto una significativa riforma nel sistema di assistenza sanitaria e sociale attraverso il Decreto Legislativo 77/2022. Questa nuova normativa, che costituisce uno dei cardini del PNRR e definisce la rete dell’assistenza delineata dalla Missione 6, ha portato alla ridefinizione del concetto di Distretto Socio Sanitario (DSS) in Italia, con l’obiettivo di migliorare l’accesso ai servizi e la qualità dell’assistenza fornita ai cittadini.

Il Decreto Legislativo 77/2022 ha introdotto una significativa riforma nel sistema di assistenza sanitaria e sociale

Il Distretto Socio Sanitario è un’unità territoriale che riunisce diverse strutture e servizi socio-sanitari, al fine di garantire un’assistenza integrata e personalizzata alle persone che ne hanno bisogno. Il suo scopo principale è quello di favorire la continuità dell’assistenza e la coerenza tra i vari servizi, promuovendo una visione olistica della salute e del benessere.

Nuovi principi organizzativi e gestionali del distretto

Il Decreto 77/2022 ha stabilito nuovi principi organizzativi e gestionali per i Distretti Socio Sanitari. È stata introdotta una maggiore autonomia gestionale per consentire ai DSS di adattarsi meglio alle specificità del proprio territorio e alle esigenze della popolazione. Ciò significa che i DSS avranno una maggiore responsabilità nella pianificazione, erogazione e valutazione dei servizi socio-sanitari.

La riforma promuove inoltre l’integrazione delle competenze tra diverse figure professionali, quali medici, infermieri, assistenti sociali, psicologi e operatori socio-sanitari. Ciò favorirà la cooperazione tra i vari settori dell’assistenza, consentendo una risposta più tempestiva e mirata alle esigenze dei cittadini. Inoltre, si incentiveranno anche le collaborazioni tra il settore pubblico e privato, al fine di garantire un’offerta di servizi completa ed efficiente.

I distretti avranno una maggiore responsabilità nella pianificazione, erogazione e valutazione dei servizi socio-sanitari

Il Decreto 77/2022 prevede un potenziamento dell’assistenza domiciliare come alternativa all’ospedalizzazione o all’istituzionalizzazione delle persone che necessitano di cure. L’obiettivo è quello di favorire il benessere delle persone nel proprio ambiente familiare e di ridurre i ricoveri ospedalieri non necessari. Saranno, quindi, potenziate le risorse e le competenze necessarie per fornire un’assistenza domiciliare di qualità.

I numeri del nuovo distretto

Secondo la definizione del Decreto 77, “il distretto deve comprendere una popolazione di circa 100.000 abitanti, con variabilità secondo criteri di densità di popolazione e caratteristiche orografiche del territorio. La programmazione deve prevedere i seguenti standard:

  • 1 Casa della Comunità hub ogni 40.000-50.000 abitanti
  • Case della Comunità spoke e ambulatori di Medici di Medicina Generale (MMG) e Pediatri di Libera Scelta (PLS) tenendo conto delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio al fine di favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali (tutte le aggregazioni dei MMG e PLS (AFT e UCCP) sono ricomprese nelle Case della Comunità avendone in esse la sede fisica oppure essendo collegate funzionalmente;
  • 1 Infermiere di Famiglia o Comunità ogni 3.000 abitanti (tale standard è da intendersi come numero complessivo di Infermieri di Famiglia o Comunità impiegati nei diversi setting assistenziali in cui l’assistenza territoriale si articola;
  • 1 Unità di Continuità Assistenziale (1 medico e 1 infermiere) ogni 100.000 abitanti;
  • 1 Centrale Operativa Territoriale (COT) ogni 100.000 abitanti o comunque a valenza distrettuale, qualora il distretto abbia un bacino di utenza maggiore;
  • 1 Ospedale di Comunità dotato di 20 posti letto ogni 100.000 abitanti”.

La parola agli esperti

Nell’ultimo Rapporto OASI 2022 realizzato da CERGAS Bocconi, si evidenzia l’evoluzione normativa che ha caratterizzato la definizione del distretto, a partire dalla Legge 83 del 1978 (il distretto era già presente nella legge che ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale), attraverso i Decreti legislativi 502 del 1992 e 299 del 1999, fino alla Legge 328 del 2000 e al recente Decreto 77 del 2022, che ha riportato con forza l’attenzione sull’organizzazione e le peculiarità del distretto.

Il distretto è stato al centro di un’evoluzione normativa che ha, di volta in volta, spostato l’attenzione su aspetti diversi, ad esempio dalla partizione territoriale alla popolazione di riferimento

Molto interessante è l’analisi del Rapporto OASI 2022 laddove sottolinea come in questa evoluzione normativa, di volta in volta, si siano sovrapposte e integrate alcune accezioni del distretto, che ne disegnano la complessità: il distretto è stato infatti definito, nel tempo, come una “partizione territoriale della ASL”, “legata alla popolazione di riferimento”, con “responsabilità organizzativa rispetto al territorio di riferimento” e con una “vocazione esplicita rispetto alle relazioni e ai processi di integrazione con i soggetti istituzionali presenti nel suo territorio di riferimento”. Nell’implementazione pratica a livello regionale si sono quindi sviluppati diversi modelli, che hanno enfatizzato in maniera differente alcune di queste accezioni, anche in relazione alle caratteristiche e peculiarità dei territori.

Con questa nuova riforma del distretto, disegnata dal DM77, quali elementi saranno sviluppati in particolare e quali criticità si devono ancora affrontare? Abbiamo intervistato sul tema alcuni esperti che si stanno occupando, a livello accademico o a livello organizzativo, delle nuove competenze e responsabilità del distretto.

Emanuele-Porazzi

Esordisce così Emanuele Porazzi (Direttore Healthcare Datascience Lab – HD LAB e Direttore del Corso per Direttore di Distretto presso LIUC Business School): “Una criticità riguarda sicuramente il personale, in particolare per trovare il giusto equilibrio tra il personale che rimarrà a lavorare in ospedale e quello che deve essere destinato al territorio. Sappiamo che la coperta è corta e dobbiamo essere bravi a trovare il giusto mix di prestazioni da portare sul territorio, spostando in questo setting anche una certa parte di professionisti, senza scoprire troppo l’ospedale. Questa è una criticità non da poco, nel senso che bisogna elaborare i dati, condividere con tutti i professionisti, concordare un piano d’azione, metterlo a terra.

L’altra criticità è quella di formare le persone all’utilizzo di nuove tecnologie sul territorio. Attualmente si dà per scontato che tutti siano già in grado di lavorare con i nuovi strumenti e con la telemedicina ma in molti casi può non essere così: ad esempio, pensando alla gestione dei codici bianchi e i codici verdi da parte dei medici di medicina generale, non darei per scontato che tutti sappiano già come utilizzarli e servirebbe piuttosto una formazione ad hoc”.

Conferma queste criticità anche Aldo Atzori (Presidente CARD Sardegna e Direttore del Distretto Socio-Sanitario ASL Carbonia), che prosegue: “Distinguere tra il contenitore e il contenuto diventa fondamentale: sono necessarie le risorse, e che queste vengano formate adeguatamente. Inoltre dobbiamo anche concentrarci su un altro aspetto, che riguarda il raggiungimento degli obiettivi. Ora stiamo assistendo ad una sorta di ‘corsa’ per raggiungere gli obiettivi previsti nel PNRR e soprattutto nel DM77, ma dobbiamo tener ben presente che è necessario monitorare questa implementazione. Alla fine dovremo effettivamente capire se i vari interventi che faremo nel rafforzamento del territorio corrispondono ad un miglioramento reale dei servizi, se questi interventi avranno degli effetti e, a mio parere, la ricaduta positiva di questi interventi dovrà essere misurata in relazione al miglioramento dei servizi per i cittadini e alla qualità degli interventi e nel coinvolgimento della comunità intesa in senso lato. Non dimentichiamoci infatti che oggi tutti gli interventi che si stanno portando avanti, già nei termini che vengono utilizzati, come ‘casa della comunità’ o ‘ospedale di comunità’, vanno nella direzione di costruire una nuova rete e una nuova forma di interazione tra i vari punti che di questa rete fanno parte”.

Conclude Emanuele Vendramini (Professore ordinario in economia aziendale, Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza): “Un tema prioritario è la governance: il Decreto 77 e in parte anche il PNRR identificano un modello ma il vero interrogativo è se questo modello possa essere valido e applicabile per tutte le realtà. Per mille motivi, la risposta a questa domanda non può che essere no, e quindi subentra un secondo interrogativo: come dobbiamo affrontare questa diversità? A che livello dobbiamo porci nella programmazione? In pratica, se parliamo di territorio e di sanità di prossimità, un conto è organizzare l’assistenza domiciliare integrata in una città, un altro conto è organizzarla in un piccolo paese: sono contesti completamente diversi, pur rimanendo, in molti casi, in zone sostanzialmente limitrofe. Anche dal punto di vista dei bisogni, ad esempio, la città esprime delle esigenze che altri contesti, con minore densità abitativa e maggiori tempi di percorrenza, non sentono o presentano in maniera diversa. In sostanza, non si può parlare di una ‘taglia’ che vada bene per tutti, anche all’interno dello stesso contesto regionale.

E l’altro tema cruciale emerge proprio dal confronto dei diversi modelli regionali: ci sono Regioni che da più di 10 anni hanno sviluppato le Case della salute, come Toscana ed Emilia Romagna, o altre esperienze in Veneto e in Friuli. Come si collocano le nuove Case di comunità in relazione a queste realtà che già sono esistenti e operative da più di un decennio?”

Le sfide aperte sono tante e in attesa di essere risolte. In particolare, la questione di fondo sembra essere la necessità di contemperare due esigenze: uniformare, programmare e standardizzare l’organizzazione e gli interventi, senza dimenticare però di valorizzare le differenze che esistono tra le diverse realtà.

Per approfondire

https://trendsanita.it/evento/il-distretto-di-domani-quali-competenze-e-quali-modelli/

Può interessarti

Rossella Iannone
Direttrice responsabile TrendSanità