Prosegue la collaborazione con il Cultural Welfare Center (CCW) sulla base di un progetto comune di diffusione della conoscenza sul valore delle arti e della cultura per il benessere e la salute
I benefici offerti dalla musica alla popolazione anziana sono ampiamente dimostrati da una letteratura vasta e diversificata. Oltre agli studi in ambito musicoterapico che dimostrano significativi effetti su pazienti affetti da demenza, ictus e malattia di Parkinson, negli ultimi anni si sono moltiplicate evidenze anche rispetto ai benefici offerti dalla partecipazione culturale e da attività incentrate sui contenuti artistici della musica. Cantare, suonare con altre persone o studiare uno strumento musicale può incrementare autostima, motivazione, energia e relazioni interpersonali, offrendo agli anziani benefìci a livello cognitivo e fisico. Anche ascoltare musica fa bene, in quanto può aiutare gli over 65 a mantenere contatti con la propria identità, offrendo emozioni appaganti e supporto psicologico e spirituale, mentre assistere regolarmente a concerti può ridurre ansia e solitudine, generando sensazioni di felicità, stupore e gratitudine. Questi risultati sono in linea con il concetto di invecchiamento attivo proposto dall’OMS nel 2002, secondo cui è necessario aiutare la persona anziana a realizzare il proprio potenziale in termini di benessere fisico, sociale e mentale considerando attentamente i suoi desideri, bisogni e capacità.
Il progetto Art for Ages (A4A) è partito da queste premesse concentrandosi sulle case anziani, un contesto in cui la ricerca si è focalizzata soprattutto su interventi di musicoterapia e dove l’impatto della partecipazione culturale non è stato indagato a fondo. La necessità di affrontare questa lacuna appare evidente se osserviamo l’incremento demografico della popolazione anziana e dell’aspettativa di vita in molti paesi, ed è sottolineata dalla raccomandazione dell’OMS di sostituire il needs-based approach con il rights-based approach, considerando anche le preferenze individuali, l’indipendenza, l’autonomia, la partecipazione nella collettività, la realizzazione personale e la dignità dell’anziano. La nostra ricerca, finanziata dalla fondazione Gebert Rüf e sviluppata dalla Divisione Ricerca e Sviluppo del Conservatorio della Svizzera italiana (Lugano) in collaborazione con il Royal College of Music (Londra), il Centro competenze anziani della SUPSI e il Dipartimento Economia Aziendale Sociale e Salute della SUPSI (Manno), si è concentrata su due grandi ambiti. Con uno studio preliminare abbiamo investigato il ruolo della musica nella vita dei residenti, considerando sia la loro quotidianità in struttura che il loro percorso di vita, e cercando di chiarire modalità, preferenze e desideri riguardo alle diverse forme di coinvolgimento con la musica. Nel secondo studio abbiamo cercato di ricostruire l’esperienza vissuta prendendo parte ad un programma musicale di dieci settimane in cui i residenti hanno potuto suonare e cantare insieme a studenti del conservatorio.
Il ruolo della musica nella vita dei residenti
Nel nostro primo studio abbiamo coinvolto 20 partecipanti di età compresa tra 71 e 99 anni ospitati in sei residenze dell’area luganese (Casa Serena, Residenza Gemmo, Piazzetta, Orizzonte, Castagneto e Meridiana) e reclutati dal personale di ogni struttura in modo da offrire eterogeneità in termini di profilo socio-economico e di preferenze musicali.
La musica ricopre un ruolo rilevante lungo tutta la vita dei residenti
Dall’analisi delle interviste è emerso che la musica ricopre un ruolo rilevante lungo tutta la vita dei residenti e che il coinvolgimento con essa può essere ancora molto importante. Come evidenziano i seguenti estratti, la musica rappresenta un supporto per mantenere un senso di continuità con il proprio passato e la propria identità, in quanto aiuta a ricordare persone importanti e momenti e periodi della vita significativi.
Per me è un piacere la musica, assolutamente un piacere. […] La prima volta che mi hanno portato all’opera in famiglia avevo 4 anni e ho visto l’Aida. Mi aveva portato mio nonno, e quando c’è stato il finale mi sono messa a piangere. E devo ammettere che quasi 90 anni dopo, quando sento il finale dell’Aida, io mi ritrovo con le lacrime (ridendo). (Sonia, 86 anni)
Io ho quella canzone napoletana, “Anema e core’’… quella lì mi ricorda il mio ragazzo, guarda. Non è stato mio marito il mio amore, il mio amore è stato quel ragazzo. E quando io sento “Anema e core”…mi viene la pelle d’oca. […] Perché una canzone ti può ricordare una vita, ti può ricordare un periodo della tua vita. (Grazia, 83 anni)
A casa mia cantavamo sempre. Mio papà aveva una bella voce, cantava e mi ha insegnato lui. […] A scuola abbiamo imparato, tanti anni fa, il Nabucco. Era bravo quel maestro lì! Avevo 14 anni, e deve pensare che quando cantano il Nabucco lo canto sempre anche io. Mi piace, è molto bello. (Olga, 79)
La musica è considerata una risorsa preziosa anche per il suo forte impatto in termini di emozioni e benessere. Essa è infatti in grado di provocare emozioni intense e per lo più positive come gioia, svago, energia, sostegno spirituale e appagamento estetico. In questo modo essa costituisce una risorsa in grado di migliorare l’umore e offrire supporto nei momenti di tristezza. Le dichiarazioni di alcuni intervistati suggeriscono che l’importanza della musica sia aumentata con il passare degli anni, perché aiuta ad affrontare le difficoltà collegate ai processi di invecchiamento e risulta più accessibile rispetto ad altre forme creative.
Adesso non posso più scrivere come una volta, e sono contento di poter ascoltare la musica. La musica fa parte della mia vita, proprio come disegnare e scrivere…è qualcosa di fondamentale. […] Forse questo legame cresce ancora di più invecchiando. (Carlo, 82)
La musica mi aiuta molto a vivere qui […] ascolto la mia mia musica e sono tranquilla. […] Ho perso la memoria ma ancora mi ricordo la musica […]: la musica mi tiene compagnia […] mi piace molto perché è un arricchimento, una cosa intima ma non triste… per me la musica è vita. Ascolto un brano musicale, forse sono stanca o triste, ma il mio morale si risolleva. (Giovanna, 94)
Il coinvolgimento con la musica è rilevante sia sul piano individuale che collettivo
Le interviste rivelano anche che il coinvolgimento con la musica è rilevante sia sul piano individuale che collettivo. Per alcuni residenti l’ascolto individuale o l’abitudine a cantare privatamente restano, in linea con le proprie abitudini nel passato, l’opzione preferita. Allo stesso tempo, per non poche persone le compromissioni a livello visivo e di motricità rendono difficile o impossibile utilizzare la radio e altri dispositivi. Per questo motivo, le iniziative organizzate dalle strutture, solitamente incentrate sul canto di canzoni popolari, vengono generalmente apprezzate e offrono come valore aggiunto preziosi momenti di condivisione e socialità. A ogni modo, dalla nostra ricerca emerge una generale diminuzione di ascolto, pratica musicale e frequentazione di concerti dopo il trasferimento in struttura. I seguenti estratti evidenziano i principali ostacoli incontrati a questo riguardo:
Da quando mi sono trasferita qui, non ascolto più musica. A casa, invece, avevo più opportunità […] Pensi che avevo 70 e più dischi di canzoni di una volta. E dopo li ho dati via tutti perché qua non posso fare niente. (Simona, 91)
Prima di essere qui in casa per anziani, posso dire che se c’era un bel concerto, con mia moglie non lo perdevamo mai. […] E adesso anche qui, per esempio: la domenica mattina non perdo mai, alle 10 e mezzo, quella trasmissione che fa la televisione della Svizzera italiana sulla musica. Fanno dei concerti bellissimi. […] La televisione fa il grande sbaglio di mettere le parti più belle della cultura e della musica dopo le 11 di sera. Io alle 11 di sera dormo già da due ore. (Pietro, 91 anni)
Ascolto la radio pochissimo perché mi fanno male le mani e non riesco a farla funzionare. […] e poi, la sera non ci vedo (Paola, 99)
L’esperienza vissuta dai residenti suonando insieme agli studenti del Conservatorio
Il nostro secondo studio si è focalizzato su un programma di dieci settimane in cui i residenti di quattro strutture dell’area luganese (Casa Serena, Residenza Gemmo, Piazzetta e Cigno Bianco) hanno avuto la possibilità di cantare e suonare insieme a nove studenti del Conservatorio della Svizzera italiana di età compresa tra 19 e 26 anni. I partecipanti hanno avuto la possibilità di usare strumenti a percussione di uso intuitivo, maneggevoli e di sonorità contenuta in modo da non arrecare disturbo alle altre persone presenti in struttura. Per rendere il clima più informale e incoraggiare a partecipare i residenti più timidi, abbiamo incluso tra gli strumenti impiegati oggetti di uso comune come cucchiai, grattugie e bidoni di plastica. Il repertorio eseguito, definito con i residenti di ciascuna struttura sulla base delle loro preferenze, comprendeva brani di musica classica, lirica, jazz, etnica, leggera e popolare, e gli studenti, preparati attraverso un training specifico, hanno offerto in ogni sessione anche brevi performance dal vivo.
La possibilità di prendere parte alle sessioni è stata aperta a tutti i residenti interessati, e circa 90 di loro hanno partecipato con regolarità lungo le dieci settimane. Per questo studio sono stati intervistati 22 partecipanti di età compresa tra 72 e 95 anni, reclutati sulla base della partecipazione ad almeno otto sessioni e la capacità di sostenere un’intervista. In questo modo abbiamo cercato di ricostruire l’esperienza vissuta dai residenti e di chiarire gli effetti percepiti prendendo parte al programma.
La figura 1 illustra il quadro ricostruito attraverso la nostra procedura di analisi e rivela che suonare e cantare insieme agli studenti ha rappresentato un’esperienza significativa in grado di generare in maniera pressocché unanime emozioni positive. Il programma è stato accolto con interesse e gratitudine e le dichiarazioni dei partecipanti sono molto chiare in questo senso:
Arrivavate qui e ci facevate trascorre un’ora in allegria, con qualcosa di diverso da ciò che facciamo tutti i giorni. È meraviglioso avere qualcosa di coinvolgente da fare, ti cambia la giornata. (Rosa, 83)
Noi aspettavamo solo il venerdì! Perché c’era la lezione! Perché per noi era una cosa piacevole. E quando una cosa ti piace, aspetti che passano i giorni perché arriva quel giorno lì. (Lucia, 75)
Ciò sembra essere dovuto a tre dimensioni principali. La prima, in linea con i risultati dello studio precedente, ha a che fare con l’importanza attribuita alla musica, come rivelano i seguenti estratti:
Tutto quello che ha rapporto con l’arte e che è qualcosa che ti parla al cuore, è sempre ben ricevuto. Se togliamo l’arte alla vita, cosa ci rimane? Posso dire che la musica è una parte rilevante della mia vita, sicuramente, anche se non ho mai suonato uno strumento (Tina, 86)
Quando canti una canzone, anche se non l’hai composta tu, la canti con gioia perché è qualcosa che ti risveglia. Risveglia il corpo e l’anima. E poi, tiene lontani certi pensieri, come “Devo solo aspettare di morire”… no! (Alba, 83)
La seconda dimensione si riferisce alle opportunità di apprendimento offerte dal programma. Esplorare gli strumenti e gli oggetti proposti, scoprendone le sonorità e le possibilità espressive con la guida dei giovani musicisti in un contesto inclusivo, è stato divertente e coinvolgente. Come emerge dai seguenti estratti, i residenti hanno manifestato soddisfazione e appagamento sia per i progressi percepiti nel suonare che nel comprendere e apprezzare generi e autori che non conoscevano.
Per noi era una specie di imparare giocando. Nel senso: come si insegna ai bambini come giocare, si può anche insegnare agli anziani come giocare […] All’inizio si prendeva più sullo scherzo, sul ridere. Invece, piano piano, abbiamo capito che oltre ad essere divertente si imparava qualcosa. (Luciana, 75)
Ho scoperto anche musica che non conoscevo! Musica russa, spagnola…specialmente la musica russa: per me era sconosciuta e mi è piaciuta molto. (Marcello, 95)
Ora ascolto la musica con più attenzione… cerco di ascoltarla un po’ più da vicino, e ritrovo un po’ quello che mi hanno insegnato a scuola. (Paolo, 72)
La terza dimensione si riferisce alle relazioni interpersonali. Da un lato, trovarsi ogni settimana a fare musica insieme ha facilitato o rafforzato i legami tra i residenti, offrendo argomenti di conversazione e stimolando il supporto reciproco, come emerge dai seguenti estratti:
Io parlavo [del programma] con gli altri residenti! Anche venerdì scorso, con la signora lì vicino. Abbiamo parlato di musica, di pezzi d’opera. (Amelia, 79)
Ho parlato tanto con la mia amica e noi siamo soddisfatte, veramente […] Ci si conosce meglio, facendo musica! Si condivide una complicità del suono. (Carmela, 75)
Una persona con cui sono diventata amica, che anche ha partecipato al programma, lo ha apprezzato molto. Lei ha alcuni problemi con la memoria, e mi diceva: “Ricordami quando c’è la sessione di musica così ti raggiungo”, e l’ultima volta è arrivata prima di me e ha tenuto il posto per me (Sarah, 90)
Dall’altro lato, le interazioni con gli studenti del Conservatorio hanno avuto effetti positivi, rendendo i residenti felici di vedere visi nuovi, generando empatia e rievocando nei residenti momenti e sensazioni legate alla propria giovinezza o agli anni in cui i propri figli avevano l’età degli studenti.
Ho trovato i ragazzi molto simpatici! Si impegnavano per farci fare un bel lavoro e ci sono riusciti! Proprio cari, sì. Belli e cari. (ridendo) Eh, la gioventù che sprizzava, lì! (Elisabetta, 80)
Mi è piaciuto stare a contatto con i ragazzi. Mi ricordava gli anni in cui mio figlio era all’università, e avevo la sensazione di poter comprendere i loro problemi e condividere con loro i miei. (Maria, 77)
La rilevanza del programma nel suo complesso è sottolineata dalle riflessioni di alcuni residenti, da cui emerge che il programma ha aiutato a contrastare isolamento, dubbi sulle proprie capacità cognitive e mancanza di stimoli.
La vostra idea è buona, così non ci sentiamo completamente persi, vediamo più persone e abbiamo più contatti. […] Qui molti residenti non riescono nemmeno a muoversi dalle loro sedie. (Emilia, 88)
[Il programma] è stato positivo soprattutto perché si impara a fare attenzione, che è qualcosa che noi qui non dobbiamo fare spesso (Carla, 75)
In conclusione
La presenza di studenti provenienti da una scuola universitaria di musica ha avuto un ruolo chiave
I nostri studi rivelano che la musica ricopre un ruolo importante nella vita dei residenti delle case anziani e che può offrire importanti benefici in termini di salute e benessere. La nostra ricerca evidenzia inoltre che fare musica in gruppo ha offerto in ampia misura emozioni positive, che le attività proposte sono state coinvolgenti e che le sessioni hanno facilitato le relazioni interpersonali. I partecipanti hanno vissuto esperienze significative, in quanto il programma ha risposto al desiderio di novità e di stimoli proponendo contenuti in grado di evocare ricordi, rafforzare legami con la propria identità e offrire esperienze estetiche gratificanti. Infine, grazie alla sua componente pratico-interattiva e alle opportunità di apprendimento offerte, il programma ha avuto effetti in termini di appagamento, dovuti ai progressi percepiti dai partecipanti riguardo alle proprie capacità e conoscenze musicali. La presenza di studenti provenienti da una scuola universitaria di musica ha avuto un ruolo chiave, sia in termini di qualità dei contenuti musicali che di incontro intergenerazionale. Un ulteriore studio del progetto A4A ha analizzato proprio la prospettiva dei giovani musicisti, rivelando effetti positivi sia sulla sfera personale che professionale e supportando l’ipotesi che l’incontro tra queste due popolazioni possa dare luogo a benefici reciproci.
La consapevolezza dell’impatto della musica su salute e benessere non è ancora adeguatamente diffusa né tra gli operatori socio-sanitari né tra quelli culturali
Se consideriamo l’incremento della popolazione over 65 e dell’aspettativa di vita in molte nazioni, la necessità di favorire il benessere e la partecipazione attiva degli anziani nella società è innegabile, e la nostra ricerca evidenzia la necessità di promuovere collaborazioni tra istituzioni di ambiti socio-sanitari e artistici. Garantire la sostenibilità e la continuità nel tempo di interventi efficaci e sistematicamente monitorati resta una grande sfida, e investire nella ricerca e nella formazione costituisce un passo fondamentale in questo senso. La consapevolezza riguardo all’impatto della musica su salute e benessere non è ancora adeguatamente diffusa né tra gli operatori socio-sanitari né tra quelli culturali. Coinvolgere concretamente gli studenti di queste discipline in progetti collaborativi e offrire loro competenze idonee ad interpretare scenari complessi e monitorare l’impatto del proprio operato potrebbe favorire il moltiplicarsi di buone pratiche basate sulla partecipazione culturale, a vantaggio di tutti gli attori coinvolti. Recenti studi, infatti, suggeriscono che prendere parte ad attività musicali offre benefici anche a infermieri e operatori, in termini di riduzione dello stress e miglioramenti sul piano della motivazione, della comunicazione e dell’empatia.
Promuovere il dialogo tra il mondo sanitario e quello musicale appare dunque estremamente importante. Questa visione trova riscontro in due recenti contributi provenienti dalla Baring Foundation e l’Associazione Europea dei Conservatori, che invitano ad impegnarsi nel favorire l’integrazione di pratiche artistiche nei contesti di cura e a rendere consapevoli i giovani musicisti dell’importante contributo che possono offrire alla società attraverso le loro competenze artistiche.