L’innovazione tecnologica interessa in maniera sempre più incisiva l’ambito della salute e, in un’ottica prospettica, è destinata ad influire in maniera sempre più rapida e dirompente nell’erogazione della prestazione sanitaria.
L’intelligenza artificiale (AI) è infatti foriera di nuove applicazioni sempre più diffuse nell’attività chirurgica, ma anche in quella diagnostica, terapeutica, riabilitativa, palliativa, di triage, in un’ottica di miglioramento e ottimizzazione in termini di efficacia ed efficienza nonché di sostenibilità dell’attività stessa e con l’obiettivo di ridurre i rischi, eventi avversi e il grado di incertezza ad essa correlati.
Ad oggi siamo ancora lontani non solo da una puntuale regolamentazione della materia ma anche da una definizione univoca e omogenea di AI
Ad oggi siamo ancora lontani non solo da una puntuale regolamentazione della materia ma anche da una definizione univoca e omogenea di AI. L’intelligenza artificiale, di per sé refrattaria a definizioni statiche, in linea generale può essere identificata con quella tecnologia avente l’obiettivo di imitare mediante l’utilizzo di algoritmi alcuni aspetti dell’intelligenza umana attraverso lo sviluppo di “prodotti informatici o macchine” in grado sia di interagire e di apprendere dall’ambiente esterno sia di assumere decisioni con crescenti e diversi gradi di autonomia.
Una tematica complessa che, oltre ad imporre un approccio sistemico e multidisciplinare, è suggestiva sin da subito di necessarie riflessioni bioetiche riguardo non solo ai settori di applicazione dell’AI nel campo sanitario e agli aspetti che in ciascun settore vengono coinvolti, ma anche rispetto allo stesso ruolo del medico che utilizza tali supporti e a quello di tutti i soggetti chiamati alla progettazione e alla applicazione di tali tecnologie.
Occorre inoltre sottolineare che, come evidenziato nel parere congiunto del CNB (Comitato Nazionale per la Bioetica) e del CNBBSV (Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie e Scienze della Vita) del 29 maggio 2020, l’impiego della AI deve essere inscritto in un’ottica di supporto ed entro un rapporto sinergico tra macchina e uomo, consentendo a quest’ultimo di avvalersene come supporto e non come sostituzione, mantenendo un controllo significativo in termini di supervisione e attenzione.
È evidente infatti come l’utilizzo di siffatte tecnologie sia destinato ad incidere sulla relazione medico-paziente, chiamando in campo la necessità di attuare un giusto bilanciamento tra dimensione artificiale e dimensione umana e di preservare il ruolo fondamentale della relazione medico-paziente mantenendo un approccio individuale ed empatico che tenga conto delle specificità del caso concreto e delle individualità, non solo cliniche, ma anche umane di ciascuno ed il fondamentale e insostituibile apporto relazionale e comunicativo che deve caratterizzare la relazione di cura.
L’impiego della AI deve essere inscritto in un’ottica di supporto ed entro un rapporto sinergico tra macchina e uomo, consentendo a quest’ultimo di avvalersene come supporto e non come sostituzione
Il sopra richiamato parere rammenta infatti che “Non è possibile dimenticare che ogni soggetto è malato “a suo modo” e che il contatto personale costituisce l’elemento essenziale di ogni diagnosi e di ogni terapia. In questo senso, la macchina non potrà sostituire l’umano in una relazione che si costruisce sull’incontro di ambiti complementari di autonomia, competenza e responsabilità”.
È infatti doveroso ricordare che la prestazione medica si inscrive entro la relazione di cura ove si incontrano da un lato l’autonomia del paziente e dall’altro lato la professionalità del medico e ove la comunicazione con il paziente assurge a tempo di cura ed è funzionale all’esercizio del diritto di autodeterminazione del paziente.
In tale contesto occorre inoltre tenere presente che ai fini della valida manifestazione del consenso informato è necessario mettere il paziente in condizione di essere informato non solo rispetto all’impiego della tecnologia ma anche relativamente ai benefici, al grado di autonomia della macchina e di supervisione e controllo umano e rispetto ai rischi e ai limiti prevedibili connessi all’utilizzo della stessa e, se del caso, sul fatto che l’impiego della stessa è oggetto di sperimentazione e validazione.
Il consenso informato per l’uso dell’AI deve comprendere anche il grado di autonomia della macchina e di controllo umano, oltre a benefici, rischi e limiti prevedibili connessi
Una sfida di non poco conto, se solo si pensa alla complessità e al tecnicismo della materia e all’asimmetria informativa, che interessa non solo il paziente ma che è intrinseca anche allo stesso medico che a sua volta deve essere informato e formato sul punto, e se si considera come l’informazione da rendere debba essere non solo completa ed esaustiva ma anche comprensibile dal paziente proprio nel senso di metterlo nella condizione di comprendere appieno quanto gli si prospetta.
Riflessioni etiche ma non solo si impongono inoltre sotto il profilo della acquisizione, raccolta ed utilizzo dei dati: i dati sono infatti indispensabili per il “training” della macchina e sono gli elementi base della costruzione di algoritmi, modelli matematici che interpretano gli stessi ed ove s’incontrano non poche difficoltà di realizzare un consenso informato e di tutelare la privacy degli utenti e di garantirne la sicurezza.
La raccolta e selezione dei dati che costruiscono gli algoritmi pone inoltre riflessioni anche rispetto ai passaggi, non sempre spiegabili e trasparenti, attraverso cui tali dati si interpretano.
La raccolta e selezione dei dati che costruiscono gli algoritmi pone riflessioni anche rispetto ai passaggi, non sempre spiegabili e trasparenti, attraverso cui tali dati si interpretano
Tutte riflessioni non solo rilevanti sul piano etico ma anche suggestive della necessità di una rigorosa valutazione e gestione del rischio associato all’utilizzo dell’AI e dei profili di responsabilità che si affacciano nell’approccio a tale materia in rapida e dirompente evoluzione, e che impongono bilanciamenti tra la dimensione umana e la dimensione artificiale nonché la necessaria integrazione, in modo dinamico, della formazione dei professionisti sanitari sotto l’aspetto tecnologico, oltre che sotto il profilo bioetico e di etica clinica, di tutti gli attori coinvolti nel processo e la promozione di una coscienza sociale su opportunità e rischi delle nuove tecnologie.