Il mercato dell’intelligenza artificiale in Italia oggi vale 380 milioni e la tendenza è in crescita con un +27% nel 2021. A dirlo è il risultato di un’indagine condotta dall’osservatorio dedicato della School of Management del Politecnico di Milano. Un terzo del mercato italiano dell’AI (Artificial Intelligence) interessa progetti di algoritmi per analizzare ed estrapolare informazioni dai dati, un comparto che a seguito della pandemia ha registrato una delle crescite più sostenute, incrementando le sue attività del 32% rispetto al 2020.
Come si può leggere questo dato in rapporto al sistema sanitario? L’intelligenza artificiale è da considerarsi una nuova frontiera nell’industria della salute? Quali sono le sue applicazioni e il suo impatto sul comparto?
Il mercato dell’AI nel settore sanitario
Secondo uno studio di Frost & Sullivan’s, a livello globale la previsione per il mercato dell’AI in sanità è di 6 miliardi per il 2022, con un tasso annuo di crescita del 68% e un risparmio generato di oltre 150 miliardi di dollari.
I fattori trainanti di questa crescita significativa sono diversi. In primis, la mole di dati sanitari in costante aumento congiuntamente all’aumento della complessità dei data set e all’arrivo della pandemia che ha richiesto uno sforzo notevolmente più considerevole in termini numerici.
Allo stesso tempo è nata l’esigenza urgente di comprimere i costi sanitari migliorando le performance di calcolo con hardware sempre più precisi che consentono la nascita di partnership intersettoriali.
Il mercato dell’intelligenza artificiale in Italia oggi vale 380 milioni e la tendenza è in crescita con un +27% nel 2021
Tra gli ambiti applicativi più promettenti vi sono l’imaging medico – in cui il mercato dell’AI secondo le statistiche segnerà + 30% nel quinquennio 2020-2025, grazie anche alla disponibilità di enormi data set, provenienti da monitor sanitari e dispositivi medici indossabili – e la tomografia computerizzata (TC). Per quest’ultima la stima di crescita è da imputare alla progressiva prevalenza di diverse patologie croniche, come il cancro, associate allo stile di vita e all’aumento della domanda di soluzioni avanzate di imaging integrate con l’AI.
Anche in questo caso la pandemia ha fatto la sua parte. Lo screening preliminare dei pazienti sospetti COVID-19 mediante TC può rivelare danni polmonari nelle fasi iniziali, con un impatto significativo sul trattamento dell’epidemia.
Una grande spinta propulsiva al mercato dell’intelligenza artificiale deriva poi dall’adozione a livello globale di soluzioni basate sull’AI da parte di aziende farmaceutiche e biotecnologiche volte a velocizzare lo sviluppo di vaccini o farmaci per Covid-19.
Più in generale, la pandemia ha certamente posto sotto la lente d’ingrandimento le grandi potenzialità dell’impiego di tecnologie di AI per far fronte in modo tempestivo all’emergenza sanitaria.
Il crescente interesse per l’applicazione dell’intelligenza artificiale in ambito sanitario, soprattutto con riguardo all’azione di contrasto nei confronti del Coronavirus, è testimoniato anche da iniziative come quella recentemente presentata all’Expo 2020 di Dubai: Hackathon Covid CXR. Si tratta di un progetto volto a promuovere lo sviluppo di soluzioni AI a supporto del personale medico sanitario nell’interpretazione dei dati clinici legati allo sviluppo della Covid19.
Il contributo nell’identificazione della struttura della variante Omicron
All’indomani delle dichiarazioni dell’OMS su Omicron, la variante del Coronavirus identificata per la prima volta in Sud Africa, una ricerca d’oltreoceano è riuscita a individuare grazie a soluzioni di AI la struttura della proteina spike nella nuova variante di Sars-Cov-2, con un buon anticipo rispetto alla metodologia tradizionale di laboratorio.
Conoscere la struttura di una proteina è essenziale, in quanto è proprio la sua forma a determinarne il comportamento. I coronavirus usano le proteine spike per legarsi ed entrare nelle cellule umane, ecco perché decifrare la proteina spike di Omicron era estremamente importante: le differenze nel suo Dna, infatti, hanno potuto fornire una spiegazione per la sua rapida diffusione rispetto ad altri ceppi.
A fine novembre 2021 il ricercatore di genomica computazionale Colby Ford della University of North Carolina di Charlotte ha deciso di ricorrere a software di intelligenza artificiale per tentare di predire la struttura della proteina spike, a partire dalla sequenza di aminoacidi codificata all’interno del genoma di Omicron.
A inizio dicembre Ford, con il contributo di altri due colleghi, è stato in grado di diffondere un paper più ampio in cui si prevedeva che alcuni anticorpi contro i precedenti ceppi si sarebbero rivelati meno efficaci nei confronti di Omicron.
L’alto valore predittivo di soluzioni basate sull’AI lascia intendere che tali strumenti potranno diventare concretamente un elemento chiave nella ricerca
Una delle due strutture previste da Ford grazie all’intelligenza artificiale si è rivelata piuttosto esatta, secondo quanto riportato dai risultati di un gruppo di lavoro guidato dal professore della University of British Columbia, Sriram Subramaniam, e che per lo studio della spike di Omicron si è avvalso della microscopia elettronica, ossia di rilevazioni dirette.
Il professor Subramaniam ha utilizzato questa tecnica di laboratorio per identificare la struttura 3D delle proteine e comprenderne a pieno il funzionamento. Tuttavia, per poter procedere con la sua indagine, Subramaniam ha dovuto scontrarsi con l’attesa per la spedizione di campioni di Dna omicron. Le sue osservazioni al microscopio sono state così pubblicate solo il 21 dicembre 2021, insieme ai risultati di test su veri anticorpi.
L’alto valore predittivo di soluzioni basate sull’intelligenza artificiale lascia intendere che tali strumenti potranno diventare concretamente un elemento chiave nella ricerca, anche in relazione ad eventuali future epidemie, con l’obiettivo di intervenire in modo tempestivo. Anche se non potranno essere i soli algoritmi a fornire delle soluzioni, né il loro utilizzo potrà sostituirsi alle misurazioni dirette, ciò che verosimilmente accadrà è che le previsioni delle strutture ottenute grazie all’intelligenza artificiale aiuteranno gli studiosi a concentrare gli sforzi di sperimentazione su problemi più rilevanti.
Il progetto Hackathon Covid CXR
Partito il 1° febbraio Hackathon è un progetto lanciato dall’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), Fondazione Bruno Kessler (FBK) e Università di Modena e Reggio Emilia (UNIMORE), che s’inserisce nell’ambito del Workshop “Artificial Intelligence and Cybersecurity for Health” co-organizzato da Italia, Israele ed Emirati Arabi Uniti. L’iniziativa – della durata di un mese – è promossa dalle Università di Genova, Modena e Technion (Israele) della rete europea ELLIS e dalla Fondazione Bruno Kessler, con il supporto di CINI AIIS (National Laboratory of Artificial Intelligence and Intelligence Systems), Bracco Imaging, Centro Diagnostico Italiano e NVIDIA AUE.
“Covid CXR Hackathon è stato pensato per trasformare l’esperienza della pandemia in uno stimolo per la comunità scientifica – ha raccontato Alessio Del Bue, responsabile della linea di ricerca PAVIS (Pattern Analysis and computer VISion) dell’Istituto Italiano di Tecnologia a Genova –: a dimostrare che lo sviluppo di sistemi intelligenti automatici, sia per il riconoscimento di immagini che di dati di altro tipo, è pronto al confronto con i problemi più urgenti della nostra società. Il confronto con i clinici, le aziende e le realtà industriali è fondamentale.”
Hackathon Covid CXR si configura come una vera e propria sfida virtuale rivolta all’intera comunità scientifica internazionale – ricercatori ma anche dottorandi e studenti – per restituire soluzioni in grado di supportare il personale medico nella fase di prognosi, a partire da radiografie toraciche e dati clinici raccolti in fase di triage ospedaliero. I partecipanti all’Hackathon sono chiamati a ideare sistemi in grado di elaborare i dati reali, riguardanti il primo ricovero di pazienti Covid e provenienti da diverse strutture sanitarie del Nord Italia attive durante i primi focolai.
“L’intelligenza artificiale si è evoluta in modo significativo negli ultimi anni e sta ancora evolvendo a un ritmo veloce – ha commentato Diego Sona, ricercatore dell’unità Data Science for Health –. Questa sfida vuole dimostrare che l’AI è pressoché pronta per essere utilizzata e applicata a problemi di salute reali. Chiaramente questo solleverà questioni etiche e un modo per far fronte a questi aspetti è rendere trasparenti gli strumenti dell’IA attraverso il concetto di spiegabilità del modello che il medico può utilizzare per prendere una decisione supportata dall’AI, per questo abbiamo introdotto un premio per la migliore metodologia che spiega le predizioni dell’AI”.
Le tecniche automatiche o semiautomatiche sviluppate grazie al machine learning potrebbero venire in soccorso del personale medico per valutare quali pazienti possono beneficiare di cure domiciliari in sicurezza e quali invece potrebbero richiedere il ricorso alla terapia intensiva, in ottica di ottimizzazione delle risorse sanitarie disponibili.
“Questa iniziativa, inserita nella prestigiosa vetrina di Dubai Expo 2020, testimonia innanzitutto l’alto livello della comunità italiana nell’ambito dell’Intelligenza artificiale e sottolinea l’importanza della ricerca fondazionale in questo settore – ha commentato anche Rita Cucchiara, professore ordinario di Visione Artificiale e Direttore di AIRI, l’Artificial Intelligence Research and Innovation Center di UNIMORE –: solo attraverso la ricerca avanzata si possono ottenere soluzioni concrete e impatti significativi a vantaggio della salute di tutti e a supporto dell’industria della salute”.