La centralizzazione degli acquisti: riflessioni sulle performance del sistema

La centralizzazione degli acquisti pubblici in sanità è ormai un dato di fatto, anche se la relazione tra dimensione dell’acquisto e prezzo di aggiudicazione non è così immediata. A pesare, evidenzia una ricerca di SDA Bocconi, sono soprattutto le modalità con cui si costruiscono i lotti e il grado di competitività della procedura di selezione. Ma quali sono gli esiti, e quindi gli impatti effettivi sui prezzi?

La centralizzazione degli acquisti pubblici, in particolar modo in sanità, è ormai un dato di fatto. La definizione delle categorie merceologiche da acquistare obbligatoriamente attraverso iniziative dei soggetti aggregatori (vedi DPCM 24 Dicembre 2015 e DPCM 11 Luglio 2018) ha impresso un notevole impulso all’aggregazione della committenza. Le Regioni d’altro canto hanno visto negli acquisti un driver importante di efficientamento. L’assunto base della centralizzazione è che a una maggiore dimensione della gara, corrisponda necessariamente un maggior potere di acquisto e quindi la possibilità di ottenere condizioni più vantaggiose.

Prescindendo per un momento da considerazioni di merito sull’opportunità di orientare gli acquisti al prezzo, anziché al valore generato per il sistema e per il paziente, come dimostrano i risultati dell’analisi qui presentata, in realtà la relazione tra dimensione dell’acquisto e prezzo di aggiudicazione non è così immediata. A pesare, come si dirà in seguito, sono soprattutto le modalità con cui si costruiscono i lotti e il grado di competitività della procedura di selezione adottata.

I farmaci sono stati, per il loro peso relativo sulla spesa (37% dell’acquisto di beni e servizi non sanitari nel 2018) e supposta facilità di aggregazione, al centro delle iniziative di centralizzazione. Dall’analisi dei dati disponibili sul portale dei soggetti aggregatori risulta, infatti, che i farmaci rappresentano circa il 50% delle iniziative chiuse, in corso e programmate dei soggetti aggregatori e il 63% in termini di valore stimato (Figura 1).

Figura 1. Numero e valore delle iniziative dei soggetti aggregatori

Fonte: www.acquistinretepa.it – dati estratti in data 1/03/2019

I soggetti aggregatori fanno (e faranno nel caso di iniziative programmate) ricorso a diversi strumenti (Tabella I) per l’acquisto di farmaci. Se in termini di numero di iniziative la convenzione è lo strumento più diffuso, i sistemi dinamici d’acquisto (SDA) hanno via via assunto maggiore importanza in termini di valore. Dai dati disponibili il valore delle convenzioni censite è pari a 36 miliardi di euro, quello dei SDA è pari a 39,6 a cui aggiungendo lo SDA Farmaci del 2017 di ARCA Lombardia non figurante nel database, si arriva a 45 miliardi di euro. La durata media delle iniziative è di circa 28 mesi, quella dei contratti di 31, per complessivi 5 anni. Gli accordi quadro (AQ) valgono 3,8 miliardi di euro. È bene ricordare che gli accordi quadro sono obbligatori per le gare di farmaci biotecnologici quando i prodotti in concorrenza sono più di tre, ovvero un originatore e almeno tre biosimilari.

Anno

ND

Altro*

AQ

Convenzione

Gara su delega

SDA

Totale

2014

20

2

22

2015

19

26

1

2

48

2016

48

2

112

12

4

178

2017

40

6

87

1

5

139

2018

9

28

14

171

4

1

227

2019

15

14

37

60

126

2020

7

4

4

12

27

2021

2

1

1

4

Totale

31

155

63

489

20

12

771

Tabella I. Strumenti utilizzati dai soggetti aggregatori

Fonte: www.acquistinretepa.it – dati estratti in data 1/03/2019

* Procedure negoziate e alcuni appalti specifici all’interno degli SDA (per cui di fatto si ha un double counting di alcune iniziative)

Il ricorso a strumenti diversi dalla classica convenzione e appalto ha un impatto sul mercato. Un sistema dinamico di acquisizione, infatti, consente, accorciando i tempi di pubblicazione, di tornare più frequentemente sul mercato lanciando confronti competitivi frequenti per l’aggiudicazione degli appalti specifici. Questo permette alle stazioni appaltanti di stringere contratti più brevi e approfittare dell’uscita di biosimilari e generici in tempi più rapidi. La conseguenza è potenzialmente quella di accrescere le pressioni competitive con conseguenti ricadute in termini di prezzi di aggiudicazione. Oltre agli strumenti, occorre inoltre considerare le modalità con cui vengono definiti i lotti, con un passaggio da lotti merceologici a lotti funzionali in cui poter mettere in competizione farmaci per cui è dimostrata l’equivalenza terapeutica.

Questi dati tuttavia ci mostrano soltanto gli input del processo, occorre, infatti domandarsi quali siano gli esiti, quindi gli impatti effettivi sui prezzi. A questo proposito uno studio recente (Armeni et al. OASI 2018) ha approfondito la performance del sistema di acquisto di specialità medicinali da parte dei soggetti pubblici del SSN, in termini di concorrenza generata nel mercato dei farmaci (numero di offerte per lotto, sconto aggiudicato rispetto al prezzo ex-factory, fattori che influenzano la non aggiudicazione). L’analisi ha considerato tutte le procedure di acquisto pubblicate dal 2006 al 2016 (fonte IHS) ed è stata strutturata al livello dell’ambito competitivo rilevante (tipicamente il singolo lotto o sub-lotto).

Dai risultati emerge, innanzitutto, una diffusa riduzione del numero di lotti per gara che potrebbe essere interpretata come lo specchio di una sempre più marcata aggregazione dei lotti e di acquisti di prodotti specialistici, il che spiega anche la crescente proporzione di lotti semplici. D’altro canto, questo potrebbe anche essere frutto del crescente ricorso nel tempo ai sistemi dinamici di acquisizione per cui a grandi gare multi-lotto si sostituiscono appalti specifici. Dallo studio, sorprendentemente, non emergono rilevanti risultati legati alla tipologia di lotto. Intuitivamente un lotto più aperto (unico) dovrebbe portare a più offerte. Questo è confermato solo in parte, dato che le gare per lotti unici hanno una probabilità di andare deserte minore rispetto a quelle per lotti semplici, ma solo se la gara è regionale o di area vasta, mentre nel caso di gare aziendali o di network, il lotto unico è associato a probabilità di non aggiudicazione maggiori.

In merito al fenomeno della mancata aggiudicazione lo studio osserva un numero crescente di lotti andati deserti. Questo potrebbe dipendere da requisiti di partecipazione sproporzionati, da basi d’asta inadeguate, ancora da condizioni di fornitura giudicate inappropriate dalle imprese. D’altro canto si potrebbe trattare di comportamenti deliberati da parte delle imprese con il risultato di generare proroghe di contratti in essere o ancora forzare le singole aziende a ricorrere a procedure negoziate con la motivazione di gara deserta. Questo fenomeno, oltre a comportare costi amministrativi non indifferenti, nei casi peggiori può condurre a indisponibilità di farmaci con una riduzione dell’accesso dei pazienti alle terapie farmacologiche.

Le analisi hanno rilevato una riduzione dell’aggiudicazione di gare da parte dei generici, indice di un sistema concorrenziale sempre più maturo, in cui anche i farmaci branded offrono condizioni di prezzo vantaggiose per il SSN. Tuttavia, in merito agli sconti in gara, emerge che la scontistica risulta più elevata quando la gara viene aggiudicata a generici o biosimilari. Aumentano in modo rilevante le aggiudicazioni di biosimilari, grazie alle prime scadenze di brevetti di molecole biotecnologiche.

Riguardo agli effetti della centralizzazione lo studio giunge ad alcune considerazioni interessanti. Se si guarda al livello di competizione, ovvero al numero di offerte ricevute per ogni lotto, si osserva una crescita del numero di offerte nel caso di procedure aperte e dinamiche di acquisto/accordi quadro. In particolare, nel caso di farmaci biotecnologici, un lotto aperto a originatore e biosimilare si traduce in un numero maggiore di offerte riducendo sensibilmente la probabilità che il lotto non venga aggiudicato, oltre che a generare uno sconto più consistente. Gli effetti totali però non sono univoci, a testimonianza di due dinamiche contrapposte: da una parte il maggiore effetto competitivo presunto sui prezzi può rappresentare un’importante barriera all’entrata, dall’altra non partecipare ad una gara regionale significa non cogliere rilevanti opportunità di mercato.

In merito alla dimensione del lotto e all’ente aggiudicatario, la ricerca ha mostrato effetti statisticamente significativi nonostante un’entità dell’effetto piuttosto contenuta. Non emerge chiaramente, infatti, che il processo di centralizzazione degli acquisti (ovvero le gare pubblicate dalle centrali) porti ad uno sconto maggiore. Nonostante le due limitazioni riportate nello studio e cioè: i) la valutazione della performance delle gare si è basata sugli effetti diretti (esito delle gare stesse) e non ha indagato le conseguenze indirette come ad esempio la disponibilità effettiva dei prodotti; e ii) i lotti non sono stati distinti tra lotti con una molecola e lotti con più molecole (equivalenza terapeutica), le evidenze emerse sono abbastanza chiare. Dai risultati della ricerca condotta da Armeni e colleghi risulta infatti che le procedure e la modalità di definizione dei lotti (per alcuni aspetti) sembrano pesare di più rispetto al livello di centralizzazione. In altre parole, il potere contrattuale non è il risultato della mera forza bruta, misurata in dimensione della gara, quanto della capacità delle stazioni appaltanti, centrali di committenza o singole aziende, di adottare una strategia di acquisto efficace.

A livello internazionale Toulemon (2018) osserva come l’appartenenza a un gruppo di acquisto comporti un impatto sui prezzi di acquisto dei medicinali, con una diminuzione media del 2% del prezzo di acquisto rispetto agli acquisti individuali. Occorre però distinguere tra tipologie di medicinali. Se da un lato non vi è alcun impatto significativo dell’acquisto di gruppo per i farmaci in esclusiva, per quanto riguarda i farmaci in cui vi è presenza sul mercato di biosimilari/generici, i prezzi medi sono inferiori del 9% quando gli ospedali fanno parte di un gruppo di acquisto rispetto a quando acquistano singolarmente.

Entrambi i risultati sembrano confermare che in questo caso la centralizzazione non alteri dinamiche di mercato già presenti, ma le possa rafforzare accrescendo i costi di non partecipazione alla gara perché un fornitore si troverebbe tagliato fuori non solo da un’azienda, ma da un’intera regione.

La domanda che resta per certi versi irrisolta è come si misuri l’efficacia di un acquisto. Riprendendo quanto detto in precedenza non è detto che il prezzo sia espressione del valore. I temi della disponibilità dei prodotti, dell’innovazione, dell’orientamento agli outcome, necessariamente devono essere presi in considerazione laddove si parli di acquisti che impattano direttamente sulla salute dei pazienti. La centralizzazione è nata principalmente per generare risparmi in un momento di forte stress finanziario dell’SSN. La capacità di risposta del sistema ai fabbisogni, tuttavia, richiederà in futuro di concentrarsi effettivamente sulla creazione di valore. Questo richiede siano prese scelte politiche e strategiche chiare su qual è il livello di cure che il sistema sanitario è disposto a offrire e quali risorse impegnare.

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