La bozza della legge di Bilancio continua il suo cammino che la porterà a diventare legge dello Stato. Tra i primi step, le audizioni preliminari dei portatori di interesse delle diverse filiere. Quest’anno la sanità è tornata — finalmente, diranno in molti — al centro della discussione.
Tra i primi step, le audizioni preliminari dei portatori di interesse delle diverse filiere
Ma, tra le richieste e le riflessioni dei player e i primi riscontri politici, si percepisce un’urgenza particolare. Perché il termometro di un Paese si misura anche con la propria tenuta sanitaria, tra orgoglio industriale, allarmi professionali e la consapevolezza che, senza una svolta, il Servizio sanitario nazionale rischia di arrivare al cinquantesimo compleanno più fragile che mai.
Industria farmaceutica: orgoglio e preoccupazione
In occasione delle audizioni preliminari in ambito sanitario, il presidente di Farmindustria Marcello Cattani, cifre alla mano, ha esibito risultati più che positivi per il comparto che rappresenta: il settore farmaceutico chiuderà il 2025 con un export in crescita del 35 per cento, per oltre 70 miliardi di euro. Ricordando che senza la farmaceutica, il saldo dell’export italiano sarebbe negativo. E che, ciononostante, non si può restare imbrigliati da regole obsolete.
Naturalmente Cattani si riferisce al payback, la compensazione che obbliga le imprese a restituire parte della spesa sanitaria pubblica. Che doveva essere una misura temporanea e che, invece, è diventato un cappio strutturale. Ecco perché le aziende del farmaco hanno espresso la richiesta cristallina di superarlo entro il 2027, in favore di un modello value-based, legato agli esiti delle cure.
Modelli value-based e tetti di spesa che considerino l’innovazione sono tra le richieste degli operatori economici
Positivo il riscontro di Fratelli d’Italia, che per voce del senatore Michele Barcaiuolo afferma che le imprese del farmaco hanno ragione. E che, finalmente, dopo anni di tagli si stanno rimettendo fondi nel sistema. Anche se occorre una riforma vera, che dia respiro all’innovazione e alle aziende che investono.
Proprio in tema di investimenti il numero uno di Farmindustria ha voluto anche aggiungere che senza stabilità normativa si rischia di perdere il treno globale; e che, o si investe oggi, o tra cinque anni ci si troverà costretti a importare ciò che invece si potrebbe produrre in Italia.
Imprese di dispositivi medici in ginocchio a causa del payback
A sciorinare numeri più che dignitosi è stata anche Confindustria Dispositivi Medici che per voce del presidente Fabio Faltoni ha voluto evidenziare alla politica in ascolto le caratteristiche di un settore fatto da una miriade di imprese, ben 4.600 per lo più di piccole e medie dimensioni, che cubano 130 mila occupati e un giro d’affari di 19 miliardi di euro annui. Settore che, nonostante l’innovazione che introduce nel SSN, deve lavorare con tetti di spesa studiati in un passato remoto che poco ha a che fare con il presente e il futuro. Per non parlare del payback, già costato alle imprese del settore oltre 500 milioni di euro. Aziende che, tra l’altro, lamentano una programmazione sanitaria con orizzonti troppo vicini.
Una sponda alle richieste di Confindustria Dm arriva dai banchi del Partito Democratico, che per voce di Beatrice Lorenzin ha rimarcato come il settore privato e industriale sia parte integrante del sistema pubblico. E che per mantenere un equilibrio utile e vitale per la tenuta del SSN stesso occorre una programmazione pluriennale, con regole certe nel tempo.
Ospedali privati: parte integrante del SSN, che nessuno riconosce
Tra le audizioni anche quella dell’Associazione italiana dell’Ospedalità privata accreditata (Aiop), che nella figura del presidente Gabriele Pellissero ha tenuto un intervento preciso, quasi chirurgico, incentrato sul fatto che il 30% dei posti letto del SSN è garantito dalle strutture del privato accreditato, così come il 28% dei ricoveri e oltre un terzo delle prestazioni ambulatoriali. Anche se le tariffe, ha ricordato Pellissero, sono ferme da più di dieci anni, erose del 23,9% dall’inflazione. Il che mette a repentaglio la tenuta del sistema del privato accreditato.
Le richieste di questo segmento della filiera della salute sono state espresse da Enzo Paolini, vicepresidente dell’Associazione coordinamento ospedalità privata: stessi benefici fiscali del pubblico per i lavoratori privati accreditati; una misura a costo zero, ma di giustizia.
Su questi temi la politica si è mostrata meno possibilista. Perché, a detta di Barcaiuolo, l’aggiornamento delle tariffe va bene, ma deve essere sostenibile. Cosa che pare non essere possibile, oggi come oggi. E sarà oggetto di discussione con il governo nella primavera prossima.
Infermieri: la voce del cuore del sistema
Altro punto caldo in sede di audizioni è stato quello del personale sanitario. In particolare, degli infermieri. Circa 461 mila unità all’attivo, ma stanche. E con lo spettro di una gobba pensionistica che inizierà nel 2029 e che porterà a perdere circa 12 mila professionisti l’anno. Questo il messaggio portato dalla presidente della Federazione degli Ordini Infermieristici, Barbara Mangiacavalli. Che riconosce i passi avanti, come l’aumento dell’indennità di specificità infermieristica, ma chiede un segnale più forte. Come una legge per le specializzazioni e il riconoscimento formale della professionalità degli infermieri. Anche perché nel 2024, 19 mila giovani hanno scelto infermieristica come prima opzione. Un segnale di speranza che non va tradito, ha avvertito Mangiacavalli.
Parole queste ultime, raccolte dalla senatrice Elisa Pirro (M5S), che ha lanciato la proposta di portare la spesa sanitaria al 7% del Pil, in linea con la media europea.
Più soldi, meno sanità
Sul fronte numeri e spesa è intervenuto anche il presidente della Fondazione GIMBE Nino Cartabellotta, che ha messo altri puntini sulle i, auspicando una più attenta e sincera considerazione dei dati reali da parte della politica e di coloro che si occupano di programmazione sanitaria. Perché di fatto, anche se la manovra prevede 6,5 miliardi in più per la sanità, nel 2028 la quota di spesa relazionata al Pil scenderà al 5,93 per cento, sotto la soglia psicologica del 6 per cento. Come a dire che la spesa aumenta, ma nella realtà dei fatti la sanità pesa di meno; con il rischio concreto di mettere a repentaglio la garanzia dei Lea e della salute universale ed equa prevista e sancita dalla nostra Carta Costituzionale.
Un grido d’allarme che deve essere risuonato bene nelle orecchie del senatore Daniele Manca del Pd, che ha ribadito la necessità di una riforma strutturale della spesa e, richiamando il concetto di efficienza, che possa dare più autonomia alle Regioni virtuose e preveda più controlli su quelle che lo sono meno.
Le associazioni: prevenzione e diritti
Nelle aule del parlamento si è parlato anche di prevenzione e di diritti. Con il plauso della delegata di Europa Donna, Giuseppina Giambertone, rispetto alla previsione di estendere lo screening mammografico alle donne tra 45 e 74 anni. Il che potrebbe salvare vite e risparmiare 35 milioni l’anno al sistema.
Risparmi ed efficienza che potrebbero arrivare anche grazie all’impiego delle tecnologie digitali e innovative applicate alla sanità, capaci di modernizzare il sistema. Come ha riferito con convinzione Letizia Pizzi, direttrice generale di Anitec-Assinform, che però ha ricordato come la strumentazione di cui si avvale il SSN è ferma a dieci anni fa. Come a dire che non si può innestare il motore di una Ferrari su un maggiolino degli anni ’70.
Non bastano i fondi, servono visione e stabilità
E allora, la richiesta in questo caso è di aggiornare il Piano 4.0, rendere strutturali gli incentivi e sperimentare la telemedicina. Così da attrarre i giovani professionisti e riducono le distanze tra Nord e Sud del Paese. Concordi in questo senso Fratelli d’Italia e Pd: è tempo di usare la tecnologia per gestire i dati ma soprattutto per curare meglio le persone. Naturalmente investendo in prevenzione e salute e non solo in cure d’emergenza.
Al netto dei confronti e degli scambi di opinione, immaginiamo che sui taccuini della politica siano rimaste parole cerchiate e sottolineate come “riforma”, “personale”, “innovazione” e “fiducia”. E ben impresso il monito comune lanciato dalla filiera della salute: non bastano i fondi, servono visione e stabilità. Vedremo nelle prossime settimane se tutto ciò resterà lettera morta o se troveremo riscontro negli emendamenti alla bozza di legge. Secondo i beninformati, pare che il termine ultimo per presentarli sarebbe il prossimo 14 novembre alle ore 10.





