I medici ospedalieri lavorano più del dovuto, guadagnano meno di quel che spetterebbe loro e non fanno carriera. Sono queste le conclusioni che è possibile trarre analizzando il Conto annuale 2021, pubblicato da poco, e i dati forniti dalle aziende sanitarie relativi ai fondi contrattuali. Un’analisi, condotta dal sindacato CIMO-FESMED, da cui emerge chiaramente il mancato rispetto del contratto collettivo nazionale di lavoro, la mancata attribuzione degli incarichi dirigenziali, il ricorso eccessivo agli straordinari in sostituzione delle prestazioni aggiuntive per colmare le sempre maggiori carenze di organico e un utilizzo improprio dei fondi.
Su 225 aziende sanitarie, oltre l’86% ha fornito informazioni complete. Parliamo dunque di una solida base dati da cui emerge subito che l’entità del residuo dei tre fondi contrattuali della dirigenza medica e sanitaria ammonta, su 192 aziende, a 389,7 milioni di euro, cifra che supera i 455 milioni se il dato è proiettato a tutte e 225 le aziende. Parliamo di un tesoretto, derivante dal non completo utilizzo dei tre fondi contrattuali, che deve essere integralmente riversato nelle buste paga dei professionisti nel corso dell’anno successivo. Purtroppo questo non avviene: dall’indagine emerge infatti che gran parte dei residui del 2021 non sono stati ancora erogati dalle aziende; anzi, nei bilanci continuano a comparire ingenti residui relativi anche agli anni precedenti, che dunque non sono stati ancora distribuiti ai medici.
Approfondendo ulteriormente l’analisi dei tre fondi, emerge un ulteriore elemento di riflessione. Sono ben 105 le aziende che hanno registrato, nel corso del 2021, un disavanzo del proprio fondo di risultato (sistema premiante) e/o di disagio (retribuzione straordinari, turni festivi, notturni, ecc.) pari, complessivamente, a oltre 116 milioni di euro.
Le cause del disavanzo possono essere molteplici: un numero eccessivo di turni e disponibilità rispetto alla reale capienza dei fondi che regolamentano il lavoro dei medici o il ricorso al lavoro straordinario al posto delle prestazioni aggiuntive per sopperire alla carenza di personale, che consente alle aziende di risparmiare risorse proprie sottraendo risorse al fondo dei medici e sanitari per completare le ore di assistenza. In altre parole, il lavoro aggiuntivo dei medici è finanziato non con risorse aziendali aggiuntive, ma con i fondi degli stessi medici.
Tuttavia il saldo negativo di questi due fondi è compensato da parte dei residui del fondo destinato agli incarichi dei professionisti. Sarà forse questo il motivo per il quale gli incarichi professionali non vengono attribuiti? La progressione di carriera dei medici sarà forse impedita per poter garantire alle aziende la possibilità di utilizzare il fondo di posizione per eliminare i saldi negativi degli altri fondi?
Ecco perché il trasferimento delle risorse da un fondo all’altro è fortemente contrastato da CIMO-FESMED; infatti senza queste acrobazie contabili i residui del 2021 ammonterebbero ad un totale di 578 milioni di euro.
Risultato finale: ciascun dirigente medico, sanitario e veterinario nel 2021 ha perso mediamente tra i 3.566 e i 4.480 euro, ovvero dai 297 ai 373 euro mensili, a cui si aggiungono, ovviamente, i residui non ancora distribuiti degli anni precedenti. Ad esempio, nel 2020, la perdita pro capite mensile oscilla tra i 235 e i 316 euro. Cifre che superano di parecchio quanto previsto dall’aumento del prossimo rinnovo contrattuale.
«Sono numeri impietosi, che fanno luce su come i fondi contrattuali della dirigenza medica e sanitaria siano oramai un ginepraio – commenta Guido Quici, Presidente della Federazione CIMO-FESMED (che riunisce le sigle ANPO, ASCOTI, CIMO, CIMOP e FESMED) -. Per questo, nelle trattative in corso presso l’Aran per il rinnovo del CCNL 2019-2021, stiamo insistendo affinché il contratto sia realmente esigibile, obbligando le Aziende ad affidare gli incarichi ai medici e ad utilizzare i fondi in maniera corretta. Se i vincoli di bilancio limitano l’aumento delle retribuzioni, non accettiamo che i nostri diritti vengano negati da contratti resi volutamente non esigibili».