Breve presentazione della rubrica
Già da alcuni anni il mondo giuridico ha imparato a misurarsi su temi propriamente medico-scientifici, sia in via normativa sia, sempre più spesso, per via giurisprudenziale anche a causa dell’impossibilità del legislatore di stare al passo con la crescente complessità delle questioni poste dal progresso scientifico e tecnologico nel campo dei farmaci e dei dispositivi medici.
Così è per via giurisprudenziale che, a partire dai primi anni 2000, la giurisprudenza ha avuto a che fare con le gare d’appalto in equivalenza terapeutica tra farmaci con principi attivi diversi, applicando alle procedure di acquisto pubbliche le poche norme che definivano il concetto di categoria terapeutica omogenea; il quinquennio 2009-2013 è invece caratterizzato dalle specificità delle procedure di gara relative ai farmaci biosimilari ed in particolare alla definizione delle conseguenze giuridiche in relazione al loro legame con l’originatore, con i relativi sviluppi, anche normativi, e la salvaguardia delle competenze tecniche delle autorità statali a ciò deputate e nella specie di AIFA.
Le sfide però non cessano perché nuovi e sempre più complessi temi affiorano dalla casistica giurisprudenziale. Tra quelli più attuali, due meritano di essere evidenziati perché certamente vi sarà molto dibattito in un futuro prossimo.
Il legislatore spesso si scontra con la crescente complessità delle innovazioni scientifiche
Il primo pare un ulteriore sviluppo dei temi sopra indicati ed è rappresentato dalla configurabilità di un lotto di gara nel quale possano competere principi attivi diversi (che AIFA ritiene equivalenti terapeutici) ed i rispettivi biosimilari. In altri termini, si tratterà di definire il rapporto tra i biosimilari di una molecola ed i biosimilari di un’altra, laddove i rispettivi originatori siano in equivalenza terapeutica e occorrerà comprendere se il rapporto di equivalenza, emesso tra gli originatori, possa essere trasferito automaticamente anche ai loro biosimilari.
Il secondo attiene alla definizione del concetto di continuità terapeutica e alle sue implicazioni sulla struttura delle nuove gare d’appalto: se, infatti, in passato la continuità terapeutica era stata un dogma utilizzato dai produttori dell’originatore per preservarsi i benefici della copertura brevettuale nell’immediatezza del suo esaurimento, oggi invece l’argomento è invocato da chiunque, originatore o biosimilare, abbia vinto la gara precedente, per porre un argine ad un eventuale crollo delle vendite in caso di non riconferma dell’aggiudicazione. Continuità terapeutica è concetto ancora troppo poco trattato dalla giurisprudenza, che non ha avuto occasione di approfondire le diverse sfumature con cui questo principio si declina, a seconda del tipo di farmaco, del suo uso e delle indicazioni terapeutiche: vi sarà certamente spazio per la giurisprudenza di precisare in quale modo le amministrazioni debbano considerare il periodo di wash out di un dato farmaco ai fini, per esempio, di determinare la durata degli appalti da aggiudicare.
La valutazione della qualità nelle gare per l’acquisto di farmaci e di dispositivi medici
Se questi sono temi ancora interamente da solcare, la giurisprudenza presenta qualche novità molto interessante, perlopiù derivanti dalle più recenti norme che hanno interessato il settore farmaceutico, quello dei dispositivi medici ed il nuovo codice degli appalti.
Tra i trend giurisprudenziali più evidenti vi è quello relativo allo spazio da riservare alla valutazione qualitativa nelle gare farmaci. Tradizionalmente, solo le gare per l’acquisto di dispositivi medici sono state impostate utilizzando il meccanismo di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, mentre quelle per l’acquisto di farmaci sono tutte con valutazione del solo prezzo.
Lo scenario non è mutato neppure dopo che, come noto, il nuovo codice degli appalti ha relegato ad eccezione il meccanismo di aggiudicazione al prezzo più basso, prescrivendo che ordinariamente la gara vada aggiudicata con valutazione anche qualitativa. La giurisprudenza ha tuttavia già avuto modo di precisare che, nel nuovo quadro normativo, l’art. 95 del d.lgs. n. 50/2016 impone un onere di adeguata motivazione da parte della P.A. che intenda utilizzare il criterio del prezzo più basso e che tale onere non può dirsi assolto affermando che i prodotti oggetto di gara presentano caratteristiche standardizzate, dovendosi invece spiegare il perché le caratteristiche dei prodotti presenti in commercio appaiano, nello specifico, standardizzate o definite dal mercato (T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, sentenza n. 166 del 25 febbraio 2017).
Nel campo dei farmaci questo approfondimento viene spesso trascurato, sia per ragioni pratiche (le gare si compongono spesso di molte centinaia di lotti, per i quali è impossibile approfondire uno ad uno questi aspetti), sia perché si presume che l’identità di principio attivo conduca ad una standardizzazione in re ipsa dei prodotti.
Quale impatto può avere la continuità terapeutica sulla struttura delle nuove gare?
Tuttavia, sempre più frequenti sono i farmaci che vengono immessi in commercio unitamente ad un dispositivo medico per la loro somministrazione, e sempre più frequenti sono i casi in cui le amministrazioni richiedono la fornitura non solo del farmaco ma anche dell’eventuale dispositivo medico per la sua somministrazione. In tutti questi casi, dove cioè vi è una componente di dispositivo medico, la standardizzazione non può più essere presunta, perché le caratteristiche tecniche dei diversi dispositivi medici possono essere grandemente diverse, e condizionare anche le modalità di impiego del farmaco stesso e, di conseguenza, l’economicità del prezzo proposto.
Un dispositivo medico più efficiente nella somministrazione può giustificare un prezzo unitario apparentemente più elevato, se, ad esempio, vi è minore spreco del farmaco o vi è migliore efficacia della terapia o comunque un minor consumo del farmaco stesso. In queste situazioni, l’unico strumento per garantire una gara davvero selettiva anche nell’ottica dell’interesse pubblico è l’adozione del criterio di aggiudicazione all’offerta economicamente più vantaggiosa.
Ne è esempio la sospensione di una gara avente ad oggetto la fornitura di gas medicinali e dispositivi medici per crioterapia da parte del T.A.R. per la Lombardia (Milano, sez. IV, ord. n. 87 del 13 gennaio 2017) proprio per l’impossibilità di ricondurre la prestazione richiesta a quella standardizzazione che consentirebbe di aggiudicare al solo prezzo più basso. Oppure la vicenda di una gara laziale, nella quale il Consiglio di Stato ha ritenuto non dirimente il rilascio della AIC ad un farmaco, al fine di verificare sotto il piano qualitativo i profili di sicurezza d’uso dello stesso, suggerendo che in tali casi il criterio di aggiudicazione più opportuno è quello che consente una valutazione quali-quantitativa (Sez. III, ord. n. 208 del 18 gennaio 2017).
Le equivalenze nei dispositivi medici
A ben vedere, anche questi temi si riconducono alla ben più annosa questione delle equivalenze tra dispositivi medici, che a differenza di quelle tra farmaci (che sono di fatto risolte da AIFA) restano soggette alla disciplina generale di cui all’art. 68 del codice degli appalti.
Che cosa cambia con il nuovo codice degli appalti e la valutazione qualitativa delle offerte?
Sotto questo aspetto la giurisprudenza è sempre attenta, sia nel valorizzare la necessità dell’apposizione della dicitura “o equivalente” nei capitolati di gara che indichino marchi o prodotti determinati al fine di salvaguardare la concorrenza (da ultimo T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, n. 394 del 10 marzo 2017), sia anche nel caso opposto, ossia di escludere prodotti privi delle caratteristiche tecniche minime richieste dall’amministrazione, e qualitativamente neppure equivalenti a quelli presenti sul mercato e perciò non confrontabili con essi (ne è esempio T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, sentenza n. 3233 del 13 giugno 2017 sull’inidoneità di medicazioni prive di schiuma di poliuretano e di idrofibre).
Quest’ultimo caso è anzi ben significativo nel rimarcare ancora una volta come, da un lato, le amministrazioni debbano prestare molta attenzione nella individuazione delle caratteristiche tecniche indispensabili e, dall’altro, le imprese non possano tergiversare nel contestare requisiti che ritengono troppo restrittivi.
Il dibattito resta comunque aperto e questa rubrica cercherà di dare soddisfazione alle curiosità e alle sollecitazioni provenienti dalla casistica di gara, e di tenere i propri lettori al passo con le più recenti novità normative e giurisprudenziali sul mondo delle gare in sanità.