Negli ultimi anni il ruolo delle Associazioni di Pazienti nei processi regolatori si è consolidato, sia a livello europeo che nazionale, con un progressivo riconoscimento del loro contributo nelle decisioni di salute pubblica e una funzione centrale presso gli Enti regolatori, all’interno di EMA – Agenzia Europea per i Medicinali, ma anche nelle procedure adottate dalle Autorità regolatorie dei singoli Stati membri. Lo stesso processo sta avvenendo in Italia, anche grazie al lavoro svolto da associazioni e istituzioni, come quello sviluppatosi all’interno dei tavoli del Progetto “InPags – I pazienti protagonisti delle decisioni terapeutiche” (‘PAGs’ è l’acronimo inglese di associazioni di pazienti), iniziativa coordinata da Rarelab con la partecipazione dell’InPags Network, un gruppo di 68 Associazioni e 2 Organizzazioni di pazienti.
Di quanto emerso dal secondo anno di progetto si è parlato al convegno “Il Ruolo del Paziente nei Processi Regolatori. L’esperienza InPags”, nel corso del quale le associazioni hanno chiesto, in particolare – ma non solo – di rivedere il requisito dei 10 anni di attività previsto dalla legge, e di ridurlo a 3, per permettere anche a realtà più recenti, ma con esperienza specifica su determinate patologie, di contribuire ai processi regolatori, o di trovare alternative soluzioni che non abbiano come effetto la discriminazione delle associazioni più giovani.
Presentata la survey del secondo anno del progetto InPags sul ruolo del paziente nei processi regolatori
Il progetto è nato nel 2024 per trasferire in Italia un approccio partecipativo maturo, in cui le associazioni possano contribuire in modo effettivo ai processi regolatori, e da subito ha sottolineato la necessità che fosse prevista nel Regolamento sull’Organizzazione e Funzionamento della Commissione Scientifica ed Economica del Farmaco di AIFA – Agenzia Italiana del Farmaco la possibilità di convocare in audizione le Associazioni di pazienti per ampliare il quadro conoscitivo nell’ambito dei processi decisionali.
A questo è seguita l’istituzione del Registro Unico delle Associazioni della Salute (RUAS), previsto dalla Legge di Bilancio 2025 (n. 207/2024) e gestito dal Ministero della Salute.
Nonostante l’intento positivo del Registro, che non è ancora operativo, dall’InPags Network e da una survey nazionale condotta all’interno del progetto emerge che un terzo delle associazioni di pazienti attive in ambito raro, cronico e oncologico rischia di restare fuori dai nuovi processi di partecipazione istituzionale previsti dal RUAS. A creare il collo di bottiglia è nello specifico il requisito dei 10 anni di costituzione: oltre il 36% delle associazioni è più giovane.
«Il requisito dell’anzianità di 10 anni rischia di escludere realtà giovani, ma altamente qualificate, nate per rispondere a bisogni emergenti e dotate di competenze specifiche e solide connessioni con le comunità di riferimento – ha spiegato Francesco Macchia, Managing Director di Rarelab – e questo rischio è particolarmente forte in un settore per definizione giovane, quello delle malattie rare. Per questo vorremmo che la norma fosse modificata, cosa ancora fattibile poiché il RUAS non è ancora attivo, o modificando i termini oppure escludendo l’applicazione dei criteri del RUAS per quello che riguarda l’interlocuzione con AIFA, che per definizione ha una base più tecnica e meno politica».
Il requisito dell’anzianità di 10 anni per l’inserimento nel Registro Unico delle Associazioni della Salute (RUAS) rischia di escludere realtà giovani, ma altamente qualificate
«AIFA riconosce il valore strategico di un dialogo costruttivo, trasparente e continuativo con le associazioni di pazienti quale strumento essenziale per integrare, nei processi di valutazione e autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali sul territorio nazionale, le conoscenze e le esperienze dirette maturate dalle stesse associazioni, che possono arricchire il patrimonio informativo dell’autorità regolatoria. – ha sottolineato Lara Gitto, Presidente della Commissione scientifica ed economica di AIFA – In tale prospettiva, il Regolamento CSE prevede la possibilità di convocare in audizione le associazioni di pazienti, in relazione alle patologie di rispettiva competenza. A partire dall’introduzione di tale previsione, nell’ultimo anno AIFA ha dato concreta attuazione al principio di partecipazione, convocando, quando ne ha ravvisato la necessità, le associazioni di pazienti in audizione, rendendo così effettivo un confronto aperto e inclusivo a supporto delle proprie attività istituzionali”.
Dalla Survey è emersa anche un’altra informazione importante. Le associazioni stanno cambiando: crescono i dipendenti impiegati nelle attività e calano i volontari: molte associazioni “nuove” sono spesso composte da persone esperte, con competenze trasversali, e si dotano di strumenti che fino a poco tempo fa non erano obbligatori anche per far fronte ad una sempre crescente richiesta di trasparenza in tutte le sue parti, con più attenzione sui bilanci, ai requisiti RUNTS, al GDPR in ambito sanitario e quindi, pur non avendo il requisito dell’anzianità sono in grado di interloquire con competenza nel dialogo con istituzioni ed enti regolatori.
«In ambito europeo, abbiamo dei paesi dove il processo di partecipazione delle associazioni di pazienti ai processi decisionali in materia regolatoria è stato avviato da tempo ed è ormai una realtà, seppur migliorabile, maggiormente consolidata. – ha affermato Dario Martino, Presidente ATES – Associazione Talassemia ed Emoglobinopatia Sardegna – Nel nostro Paese, tale percorso è stato intrapreso più recentemente, con l’obiettivo di promuovere un coinvolgimento sempre più strutturato e rappresentativo. Un primo passo in questa direzione è stato compiuto con l’introduzione del Regolamento CSE, cui ha fatto seguito l’istituzione del RUAS, che tuttavia — per come attualmente configurato — rischia di limitare le potenzialità di una partecipazione pienamente effettiva. Anche a seguito dell’entrata in vigore del Regolamento europeo sull’Health Technology Assessment (HTA), la partecipazione delle associazioni di pazienti ha trovato una concreta valorizzazione, rappresentando un elemento chiave per assicurare che le decisioni regolatorie siano sempre più fondate su un approccio inclusivo, trasparente e orientato ai bisogni reali delle persone».
«Esistono oggi associazioni che, pur avendo una storia inferiore ai dieci anni, hanno sviluppato competenze avanzate e una solida esperienza operativa – ha sottolineato Italia Agresta, Vicepresidente Associazione Nazionale Persone con Malattie reumatologiche e Rare – APMARR APS ETS. Queste realtà agiscono con continuità, serietà e spirito collaborativo, e sono già pienamente in grado di contribuire al dibattito pubblico e alle politiche sanitarie del Paese. Per questo auspico che il criterio temporale previsto per l’accesso al RUAS venga interpretato con flessibilità, valorizzando il merito e la reale capacità di incidere sui processi decisionali. La possibilità di relazionarsi con interlocutori di alto livello, come AIFA o altre autorità sanitarie, non dipende dall’anzianità, ma dalla formazione dei rappresentanti, dalla qualità delle attività svolte, dalla coerenza tra obiettivi statutari e azioni concrete, e dalla capacità di generare un impatto reale nel contesto in cui l’associazione opera».
Il progetto “InPags” è stato realizzato da Rarelab con la media partnership di OMaR e con il contributo non condizionante di BioCryst, Boehringer Ingelheim Italia, CSL Behring S.p.A, Kedrion, Kyowa Kirin, Pfizer.
All’incontro sono intervenuti anche: l’On. Ilenia Malavasi, Commissione XII “Affari Sociali”, Camera dei Deputati; la Sen. Elisa Pirro, Commissione V “Bilancio”, Senato della Repubblica; Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Direttrice di OMaR – Osservatorio Malattie Rare; Stefano Svetoni, Direzione Legale, Fiscale e Compliance di Farmindustria.




