Emilia-Romagna, Toscana, Lazio e Puglia. In Italia per ora sono solo quattro le regioni che, finanziandola con i propri soldi, offrono gratuitamente ad alcune fasce della popolazione la pillola anticoncezionale attraverso i consultori. A livello nazionale invece la contraccezione resta a pagamento, nonostante la sua accessibilità e gratuità sia prevista dalla legge che negli anni Settanta la fece diventare legale, specificando che debba essere proprio lo Stato a fornire “i mezzi necessari alla procreazione responsabile”.
L’idea di Aifa, al momento congelata, sarebbe quella di poter arrivare a quello che accade già in Francia, dove dal 1° gennaio 2022 la contraccezione è gratuita per tutte le donne fino ai 25 anni, al di là della posizione economica.
Solo Emilia-Romagna, Toscana, Lazio e Puglia offrono gratuitamente ad alcune fasce della popolazione la pillola anticoncezionale attraverso i consultori
La situazione attuale in Italia prevede invece che la pillola anticoncezionale sia gratuita fra i 26 e i 45 anni solo per chi può dimostrare, tramite codici di esenzione o stato di disoccupazione o cassa integrazione, di essere in condizioni economiche particolarmente precarie.
L’idea di cambiare le regole e di rendere i contraccettivi orali gratuiti per le giovani donne a livello nazionale sembrava essere ad un passo dal concretizzarsi solo un mese fa. Quella che sembrava una decisione quasi immediata ha però subito uno stop burocratico, legato alla sostenibilità finanziaria, in cui ha giocato un ruolo tutt’altro che marginale anche la formazione del nuovo governo. Entrambe le commissioni dell’Agenzia del Farmaco coinvolte nella decisione, nel frattempo, sono state nuovamente prorogate fino al 23 febbraio 2023.
Ad oggi quindi tutti i contraccettivi orali restano a carico delle donne, che si accollano una spesa che va dai 4,6 euro al mese ai 20 euro al mese per le pillole di quarta generazione.
Le premesse
In Italia la contraccezione orale è diventata legale il 10 marzo del 1971. Questa misura ha avuto il grande vantaggio di diffondere la cosiddetta cultura contraccettiva, secondo la quale è appannaggio esclusivo della donna il decidere se e quando portare avanti una gravidanza. Dalla possibilità di autodeterminare le proprie scelte in fatto di maternità, ne è conseguito statisticamente il calo dei ricorsi all’aborto.
Quando, nel 2013, in Francia entrò in vigore la gratuità dei contraccettivi per le ragazze tra i 15 e i 18 anni, vi fu una netta diminuzione delle interruzioni di gravidanza volontarie, che sono passate dal 9,5% del 2012, al 6% nel 2018, per continuare a calare progressivamente negli anni successivi.
Quando, nel 2013, in Francia entrò in vigore la gratuità dei contraccettivi per le ragazze tra i 15 e i 18 anni, vi fu una netta diminuzione delle interruzioni di gravidanza volontarie
Nel 2016, non senza suscitare qualche polemica, sotto l’impulso dell’allora Ministro Beatrice Lorenzin, l’Agenzia del Farmaco aveva tolto dalla rimborsabilità il 10% delle pillole anticoncezionali, rimaste sul mercato prevalentemente per i disturbi ormonali, ascrivendole nella classifica dei farmaci a pagamento. La motivazione riguardava però i farmaci stessi, ormai desueti e superati da prodotti più moderni e aggiornati.
Da allora nessun passo avanti è stato fatto verso la direzione della rimborsabilità piena per le giovani donne, anche se il progetto è in cantiere da tempo e ora il provvedimento è in discussione fra la Commissione Tecnico-Scientifica e il Comitato Prezzi e Rimborso dell’Agenzia del Farmaco.
I dati dei consumi
Secondo la banca dati dell’Aifa, le italiane che prendono la pillola ogni giorno sono oltre 2,5 milioni. I numeri, se confrontati con il resto d’Europa, parlano di una “rivoluzione contraccettiva” che nel nostro paese tarda a decollare. Secondo una ricerca stilata nel 2020 da Aidos, l’Associazione italiana donne per lo sviluppo, in collaborazione con l’annuale Contraception Atlas di European Parliamentary Forum for Sexual & Reproductive Rights, l’Italia occupa la 26esima posizione nella classifica dei 45 Stati dell’Europa geografica per uso della contraccezione: con un tasso del 58%, vicino a Paesi come Turchia e ben lontani da Stati come Francia, Spagna o Gran Bretagna.
Secondo l’ultimo rapporto Istat sulla salute riproduttiva della donna, pubblicato nel 2017, una intervistata su quattro sceglie il coito interrotto, anziché sistemi anticoncezionali medico-scientifici, per esplicare le sue scelte di genitorialità.
L’Italia occupa la 26esima posizione nella classifica dei 45 Stati dell’Europa geografica per uso della contraccezione
Ricollegando questo dato al grado di educazione sessuale europeo, l’Italia è ancora una volta in coda: mentre in Svezia, Austria, Germania, Francia e Regno Unito l’educazione sessuale fa parte ormai da tempo dei programmi scolastici, in Italia non è fra le materie di insegnamento.
Il costo elevato della contraccezione ormonale e la mancanza di educazione sessuale nelle scuole si accompagnano ad un terzo dato significativo: il più alto numero di ginecologi obiettori di coscienza d’Europa che non portano a termine l’interruzione di gravidanza.
Le dichiarazioni di Aifa: una questione di costi
Sentita sull’argomento, Aifa ha preferito non commentare i dati né fare considerazioni ulteriori, confermando che l’iter per l’approvazione della gratuità per le under25 sarebbe tutt’ora in corso: “Non ci sono aggiornamenti significativi riguardo l’istanza – ha fatto sapere l’Agenzia del Farmaco in una nota scritta -: è in corso l’interlocuzione da parte di CTS e CPR e la ricognizione sui costi per il Servizio Sanitario Nazionale”.
Con il tariffario attuale dei contraccettivi, la spesa complessiva a carico dello Stato potrebbe essere di 200 milioni di euro all’anno
Secondo il rapporto nazionale di Aifa sull’uso dei farmaci, con il tariffario attuale relativo ai contraccettivi, la spesa complessiva a carico dello Stato potrebbe essere di 200 milioni di euro all’anno. A meno che, in virtù della nuova eventuale disposizione, il Comitato Prezzi e Rimborso di Aifa non riuscisse a concordare una riduzione dei costi. Se poi la gratuità fosse garantita solo alle under25, la spesa per le casse statali sarebbe senz’altro parecchio inferiore.