Riforma della medicina generale, Scotti (FIMMG): «No a strumentalizzazioni del dissenso»

«La nostra è sempre stata un’organizzazione sindacale capace di assumersi le proprie responsabilità e favorevole ad evoluzioni che si muovessero nel rispetto della solidità e universalità del Servizio Sanitario Nazionale». A parlare è il Segretario Generale della FIMMG, Silvestro Scotti, che rivendica il ruolo della medicina generale in un quadro di collaborazione e confronto, non di scontro, con tutte le parti interessate a garantire la migliore assistenza ai cittadini. «Nel corso degli anni – prosegue il leader FIMMG – ci siamo distinti per la capacità di essere proattivi, sia per garantire la massima efficacia nella risposta ai bisogni di salute di una popolazione sempre più anziana e fragile, sia per massimizzare l’impiego delle nuove tecnologie».

La FIMMG, ricorda Scotti, ha creduto e sostenuto (già dal 2007) una riforma che portasse il sistema del convenzionamento dalla proposta assistenziale individuale ad una che si configurasse anche in Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT). Strutture nelle quali si mettessero insieme “fiduciarietà” e “prossimità”, responsabilità individuali e responsabilità collettive e di gruppo, rispetto per obiettivi di salute dei pazienti e appropriatezza nell’uso delle risorse. Un sistema perfettamente “assonante” e collegato anche a pari organizzazioni delle altre realtà convenzionate (pediatria di libera scelta e specialistica ambulatoriale) in un sistema definito per la legge Balduzzi come Unità Complesse di Cure Primarie, oggi di fatto come elemento facilmente coincidente per tutto il personale convenzionato con la partecipazione nelle case di Comunità Hub”. 

Scotti sottolinea l’assurdità del disconoscere oggi questo percorso, anche perché «non individuando responsabilità, si omette che la riforma è stata in realtà bloccata per 8 anni (di fatto dal 2010 al 2018) per lo stop ai rinnovi contrattuali dovuto alla crisi economica di quegli anni e definito all’epoca in varie leggi di bilancio».

Ma c’è dell’altro. «Ancor più incredibile– denuncia il Segretario Generale – è che oggi con un ACN 2019/2021 reso vigente dall’Intesa della Conferenza Stato Regioni, che di fatto ha permesso in prima applicazione la definizione normativa di quella legge e che grazie alla necessità voluta dal Governo e sostenuta dalle stesse regioni, (lo testimonia l’Atto di Indirizzo che ha dato inizio alla trattativa) ci ha permesso di collegare la struttura contrattuale all’intervenuto progetto del PNRR delle Case di Comunità Hub e Spoke».

Uno scenario che apre, legittimamente a diverse domande: cosa c’è dietro la mancanza di volontà di applicare quel percorso? Quali sono i ritardi di programmazione che non hanno consentito di creare le AFT e renderle coerenti e connesse con la realizzazione delle nuove case di Comunità? «Aggregazioni Funzionali Territoriali – evidenzia Scotti – che sono sempre state di fatto obbligo per i medici e, teoricamente – per le Regioni, che avrebbero dovuto realizzarle entro 180 giorni dalla legge Balduzzi con azione sostitutiva mai esercitata da parte di chi ha governato in tutti questi anni.   Forse cosa frena è la necessità di ulteriori affinamenti che diano maggiore chiarezza alla relazione contrattuale tra singolo medico, AFT, UCCP e Case di Comunità, che rendano necessaria l’apertura immediata della discussione su un ACN sempre più legato alla giusta coerenza temporale e non più che rincorra tempi già passati e applicazioni di norme superate dai tempi e dalle necessità».

Sulla scorta di queste domande, FIMMG – sin dalla firma dell’ultimo ACN – ha sempre sostenuto la propria disponibilità ad aprire la discussione, certa di poter dare un valido contributo. «Il prolungarsi dei tempi di queste necessarie evoluzioni dipende da molti fattori, ma non di certo da una azione di lobby sindacale. Anzi». Dai medici di medicina generale arriva dunque un ennesimo grido d’allarme: «Le polemiche di questi giorni ci preoccupano molto, non per il nostro interesse – come qualcuno vuole sostenere – piuttosto perché si sta creando confusione sul futuro dei medici che ancora vogliano scegliere quest’area professionale. Ci sembra che, mentre si discute, per carenza di vocazioni “il malato rischia di morire».

Intanto, entro febbraio, le Regioni dovrebbero inviare al Ministero i contingenti dei medici per il nuovo bando del Corso di formazione in Medicina Generale (in molte regioni, val bene ricordarlo, ricorre già a piene mani alla possibilità di usare i medici del corso per un convenzionamento durante il corso stesso). Ancora, entro marzo le Regioni dovrebbero programmare i nuovi ambiti carenti sulla base del nuovo ACN e l’insieme dello stallo di questi aspetti, in attesa di una riforma che comunque non risolverà nell’immediato i problemi ordinari dei pazienti che non trovano o trovano sempre meno la possibilità di una scelta, si aggraverà con il pensionamento dei medici già valutabile per quest’anno.

«Appare chiaro che lo scontro diretto, la ricerca di nemici che purtroppo sta interessando tutte le parti, comprese parti della nostra stessa organizzazione che si muovono indipendentemente dai principi che sono stati individuati con chiarezza nel nostro ultimo Consiglio Nazionale e da cui prendo le distanze e non approvo, ci stia distraendo da incominciare a risolvere l’oggi e stia minando la possibilità di ascoltarsi». Scotti vede dunque nella posizione della Premier Giorgia Meloni di dare una pausa a queste discussioni un ottimo segnale. «La possibilità che si ascoltino le categorie professionali in modo da motivarci insieme come sistema paese per affrontare le sfide che abbiamo oggi e nel prossimo futuro – dice – ci sembra un segnale da cogliere. Dobbiamo ricercare il dialogo, così come si è fatto con i tanti interlocutori con i quali il confronto non è stato mai interrotto, si pensi ad esempio al ministro Schillaci, ai presidenti di Regione, ai segretari di partito».

Il leader FIMMG stigmatizza poi la ricerca tutta mediatica di “fumate nere, grigie o bianche”. «Quando si parla di salute gli schieramenti non aiutano le soluzioni. Non stiamo lavorando all’elezione di un pontefice, abbiamo l’onere di dare ad ogni cittadino di questo Paese un “parroco della salute” e stili di vita improntati alla prevenzione, poiché solo investendo in questo senso, forse, riusciamo a salvare il nostro Sistema Sanitario Nazionale in termini di sostenibilità. Concentriamoci sui problemi veri, in primis sul permettere ai giovani medici di trovare le motivazioni, le prospettive e le giuste condizioni di lavoro».

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