Salute, I-Com: “A rischio la competitività del SSN”

Il meccanismo dei tetti per la spesa farmaceutica, il payback, la difficoltà di trovare modelli finanziari adeguati, la mancata preparazione all’applicazione del nuovo Regolamento europeo sulle sperimentazioni cliniche e il lento e difficoltoso iter di approvazione degli studi. Sono questi alcuni dei fattori di freno al processo innovativo del Sistema Sanitario Nazionale secondo il rapporto annuale sul settore salute dal titolo “Salute e competitività. Strategie ed investimenti per vincere le sfide del recovery e della crescita” pubblicato dall’Istituto per la Competitività (I-Com), il think tank guidato dall’economista Stefano da Empoli con base a Roma e Bruxelles. Lo studio, curato dal direttore dell’area Innovazione I-Com Eleonora Mazzoni, è stato presentato oggi a Roma nel corso di un convegno pubblico realizzato con il contributo non condizionante di Daiichi Sankyo, Eli Lilly, Gilead, Gsk, Janssen, Roche, Sanofi e Servier e al quale hanno preso parte oltre venti relatori tra accademici, esperti e rappresentanti delle istituzioni, della politica e del mondo delle imprese.

 

Alla luce delle profonde modificazioni introdotte dalla pandemia di Covid-19, uno dei colli di bottiglia più evidenti per la competitività dell’Italia è sicuramente il meccanismo dei vincoli di spesa, il cui sfondamento è ormai un vizio strutturale, che unito a quello del payback (che obbliga le aziende a pagare il 50% dello sforamento dei tetti) e a modelli finanziari ormai troppo rigidi rispetto alla crescente innovazione scientifica, rallentano l’adozione di soluzioni diverse per l’accesso veloce ed equo alle cure da parte dei cittadini. “La possibilità di trovare modelli finanziari adeguati è anche legata alla configurazione della spesa sanitaria, nel Bilancio di Stato”, dichiara il direttore dell’area Innovazione I-Com Eleonora Mazzoni.

 

“Questo rinforza una riflessione strutturale: il perdurare dei silos di spesa non impatta solamente sul comparto farmaceutico, ma sull’intera filiera della salute, soprattutto ora che dobbiamo pensare a come rendere sostenibile il SSN dopo gli investimenti del PNRR”. Infatti, aggiunge il direttore, “le modalità sostanziali in cui verrà organizzata l’assistenza sanitaria dovranno poi essere sostenute e finanziate in modo strutturale negli anni a venire. Per questo è urgente programmare il fabbisogno di fattori produttivi (capitale e lavoro) ma anche pianificarlo e, cioè, prevederne l’allocazione all’interno del rinnovato setting assistenziale in modo funzionale. Anche perché, non dimentichiamo, lo spettro della recessione economica, unito alla crisi dei prezzi delle materie prime, pesa sull’intera filiera della salute”.

 

A far riflettere è anche il finanziamento stesso della sanità. La legge di bilancio 2022, sottolinea il rapporto I-Com, ha previsto un aumento del fabbisogno sanitario nazionale pari all’1,5% per il 2022, al 3,4% per il 2023 e al 5,1% per il 2024. Tuttavia, poiché l’incidenza sul PIL della spesa sanitaria arriverebbe a valere il 6,3% del PIL nel 2024 (una percentuale inferiore a quella del 2019), l’aumento delle risorse per il finanziamento del fabbisogno nazionale standard non sembra dare luogo ad un effettivo rafforzamento strutturale del SSN, ma piuttosto confermare la precedente dinamica di allocazione delle risorse. La nota di aggiornamento al documento di programmazione economica (NADEF), approvata recentemente dal Governo, conferma queste preoccupazioni con una nuova previsione dell’incidenza della spesa sanitaria sul Pil che si riduce al 7% nel 2022 fino al 6% nel 2025. Inoltre, nel 2021 la spesa farmaceutica totale è stata pari a 32,2 miliardi di euro, in aumento del 3,5% rispetto al 2020 e corrispondente all’1,9% del PIL. L’Italia è lo stato in cui la spesa farmaceutica, in proporzione alla spesa sanitaria totale, è maggiore tra i grandi paesi UE (17,9% nel 2020). Tuttavia, lo scorso anno il comparto pubblico ha coperto poco meno del 70%, seppur con un incremento del 2,6% rispetto al 2020. Contestualmente è aumentata più che proporzionalmente la spesa farmaceutica a carico dei privati (+6,3%).

 

Secondo lo studio, un altro fattore di freno allo sviluppo è un impianto normativo e regolatorio non adeguato alle necessità del settore. Ne è un esempio il processo (non concluso) di allineamento al Regolamento europeo in materia di sperimentazioni cliniche, entro gennaio 2025. Alcune nazioni si sono preparate attraverso una profonda revisione e semplificazione del proprio apparato regolatorio, mentre lo stesso non è accaduto per l’Italia. Qui la precedente Direttiva ha infatti portato a una serie di decreti ministeriali e di atti legislativi difficili da sistematizzare, dando vita ad un lungo processo di riorganizzazione legislativa, che avviato con la cosiddetta Legge Lorenzin è ancora lontano dall’essere completato. Di fatto, dopo otto anni dalla deliberazione della nuova normativa europea, l’Italia non ha ancora emanato i necessari decreti attuativi. Questo si inserisce in un quadro italiano in cui la spesa per Ricerca e Sviluppo rispetto al PIL è dell’1,86%, decisamente inferiore rispetto a quella dei principali paesi europei (con il Belgio al 3,68%, la Germania al 3,64%, la Francia al 2,59%, i Paesi Bassi al 2,46%), e i trial clinici avviati per 100.000 abitanti nel 2021 sono 3,14, nettamente al di sotto della media EU27 (5,43).

 

L’età media e le patologie croniche diventano un tema di sempre maggiore rilevanza. Nonostante la prevalenza di queste ultime tra 2014 e 2019 si sia complessivamente ridotta, appare oggi maggiormente diffuso il fenomeno della comorbidità: l’essere soggetti a due o più malattie croniche è una condizione che riguarda ormai il 13% della popolazione over 75 e il 3% della popolazione complessiva. Per quanto riguarda il personale sanitario pubblico, il dato più evidente è che il numero di professionisti che lavorano negli ospedali pubblici e quello dei medici di base è in calo. Per le professioni infermieristiche, nel 2022 il 26% dei posti resta scoperto, contro il 19% del 2013. Nel 2021 oltre 2.800 i medici si sono licenziati dal SSN, ovvero il 2,9% del personale ospedaliero. Inoltre, la quota di medici di medicina generale (MMG) su 10.000 abitanti è calata del 5% dal 2015.

 

Anche per questo, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza gioca un ruolo cruciale, destinando alla Missione 6 “Salute” risorse pari a 15,6 miliardi di euro e prevedendo pure all’interno delle altre Missioni importanti interventi nell’ambito del settore delle life sciences. Lo studio evidenzia come risulti però prioritario intervenire definendo il fabbisogno dei fattori produttivi (capitale e lavoro) necessari alla tenuta del PNRR. Solo così sarà sensato stimare la spesa sanitaria pubblica corrente che, a regime, dovrà essere allocata per finanziare in modo strutturale l’attività del Servizio Sanitario Nazionale. Questo risponde, d’altra parte, alla necessità di rilanciare la riforma del SSN in un’ottica di medicina di popolazione, dichiaratamente voluta dalla riforma dell’assistenza sanitaria territoriale e non solo.

 

Dalle interviste condotte da I-Com ad un gruppo di aziende del settore il giudizio sugli interventi relativi alla Missione 6 è nel complesso positivo, pure se non a tutti viene riconosciuta la stessa capacità di avere effetti sugli obiettivi dichiarati dal Piano. Permangono inoltre, secondo le imprese, alcuni ostacoli agli investimenti. Sul podio dei cinque driver più critici per l’attrattività del sistema paese si trovano il grado di industrializzazione, la domanda interna, la dinamica del PIL, gli investimenti privati in Ricerca e Sviluppo e le infrastrutture fisiche. Un miglioramento più significativo negli ultimi dieci anni è stato registrato per le politiche fiscali, i tempi della giustizia, i tempi e la trasparenza della pubblica amministrazione, le infrastrutture fisiche e la stabilità del Governo. In generale, è opinione comune che il PNRR avrà un impatto positivo sul sistema della ricerca, sulle infrastrutture fisiche e sulle politiche fiscali. Non viene riconosciuta però agli interventi previsti la capacità di influenzare la stabilità e la certezza del quadro normativo e regolatorio, così come l’efficienza dei processi della pubblica amministrazione. Preoccupano inoltre gli effetti sulla filiera della salute derivanti dall’aumento dei costi energetici e delle materie prime, oltre allo spettro della recessione economica.

 

In riferimento al mondo del farmaco e nell’ottica del legame sempre più forte con il mondo del digitale e dei dispositivi medici, nel rapporto vengono messi in luce anche i modelli e le buone pratiche che in questi anni hanno supportato gli investimenti in ricerca e sviluppo e l’accesso dei pazienti alle terapie. Ne è un esempio la rolling review, strumento normativo di stampo europeo che può essere utilizzato in caso di emergenze legate alla salute pubblica per accelerare la valutazione di un trattamento promettente. Di impatto notevole sulle tempistiche di accesso, se divenisse una pratica standard potrebbe portare ad una riduzione media delle tempistiche totali per l’accesso del 10% nei Paesi UE.

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