Il tema della salute mentale non è mai stato così attuale. La pandemia prima, poi la guerra e la crisi economica conseguente, stanno sottoponendo la stragrande maggioranza dei cittadini italiani ad una pressione psicologica che va inevitabilmente ad aggiungersi a quella legata alle vicissitudini personali e private di ognuno. Ecco perché lo Stato ha pensato di istituire un contributo da dedicare al capitolo della salute mentale che ha avuto parecchio successo. Fin troppo. Tanto che le domande per il cosiddetto “bonus psicologo” sono molte di più di quelle che i 25 milioni di euro stanziati dal governo saranno in grado di soddisfare.
I termini per fare richiesta sono scaduti il 24 ottobre e il contributo per sostenere le spese relative alle sessioni di psicoterapia è stato già stato compilato e spedito dal sito dell’Inps da oltre 330 mila persone. Di queste, il 60% è under 35 e il 16% è un genitore che ha fatto domanda per un figlio o una figlia minorenne.
Le graduatorie saranno pubblicate il 7 dicembre e già dal giorno successivo si potranno prenotare le sedute. Solo 42 mila domande però potranno effettivamente essere accolte e ricevere così un contributo che va dai 600 ai 200 euro, a seconda della fascia Isee. A parità di condizioni reddituali conterà la data in cui è pervenuta la richiesta del contributo. In caso di accoglimento della domanda, il contributo è riconosciuto per un importo di massimo 50 euro per ogni seduta di psicoterapia, che verrà erogato fino all’esaurimento della somma massima assegnata. Ma meno di una persona su dieci, tra chi ha fatto richiesta, riceverà effettivamente il bonus. Abbiamo commentato questi dati con il dottor David Lazzari, Presidente del Consiglio Nazionale degli Psicologi che ha lanciato un appello: “Il bonus va reso strutturale tramite convenzioni permanenti e l’istituzione della figura dello psicologo di base”.
Il successo inaspettato del bonus: il segno dei tempi che cambiano
Il “contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia”, alias bonus psicologo, è “una misura volta a sostenere le persone in condizione di ansia, stress, depressione e fragilità psicologica, a causa dell’emergenza pandemica e della conseguente crisi socioeconomica, che siano nella condizione di beneficiare di un percorso psicoterapeutico”. Il contributo è erogato dall’Inps in base alle fasce Isee: un massimo di 600 euro per gli Isee inferiore a 15mila, 400 euro per Isee compresi fra 15 e 30 mila euro e 200 euro per chi ha un Isee che va da 30 mila e 50 mila euro. L’importo riconosciuto deve poi essere utilizzato dal beneficiario entro 180 giorni dall’accoglimento della domanda.
La grandissima adesione però ha posto una questione più profonda, mettendo in dubbio l’assunto di partenza, secondo il quale tutto questo bisogno di cura arrivi dal maggior stress piombato nelle vite delle persone a seguito della recente situazione pandemica o della guerra e della crisi economica e lavorativa ad essa legata. In realtà i dati in possesso del Consiglio Nazionale degli Psicologi raccontano di una situazione già in essere da tempo: “Il bisogno di psicologia e psicoterapia è in crescita da molti anni – conferma il Presidente David Lazzari –, ma certamente la pandemia lo ha aumentato, sia per il crescere delle varie forme di disagio e dei disturbi, sia per un diverso atteggiamento delle persone, c’è meno vergogna e più consapevolezza sull’importanza di affrontare questi problemi”.
Le risorse erogate dal governo per il bonus dedicato alla salute mentale si sono rivelate insufficienti ancora prima di essere erogate dall’Inps, superando quindi di gran lunga le previsioni inizialmente fatte dal Governo, che ha già incrementato il budget passando da 10 a 25 milioni di euro. Uno degli interrogativi emersi è quello relativo alle modalità di aiuto: un bonus una tantum è veramente lo strumento adatto per assicurare un intervento in favore del sostegno economico alla salute mentale di un’utenza così vasta? Un’utenza sempre più giovane, fra l’altro, e alle prese con le sfide famigliari e lavorative. Un’utenza sempre più aperta a dichiarare il proprio bisogno di cura.
Un’evoluzione sociale e culturale ha reso le persone consapevoli che questi aspetti fanno parte del diritto alla salute
“Lo abbiamo visto con le dichiarazioni di tanti campioni dello sport e personaggi pubblici che sono lo specchio di un cambiamento diffuso – ha aggiunto Lazzari -. C’è stata un’evoluzione sociale e culturale che ha reso le persone consapevoli che questi aspetti fanno parte del diritto alla salute e che non sono segno di una debolezza personale ma fanno parte del percorso della vita, delle sfide e delle crisi. Si sta comprendo anche l’importanza della psicologia non solo come cura ma anche come aiuto, risorsa, per gestire meglio i problemi e gli aspetti della vita”.
Perché la psicoterapia non è ancora fra le prestazioni sanitarie dell’SNN?
Perché la psicoterapia e i trattamenti psicologici in generale non rientrano ancora nelle prestazioni garantite dal servizio sanitario nazionale? È un’altra delle domande che sembra aver aperto il bonus psicologo. Al momento lo Stato prende in carico tramite SSN le malattie psichiatriche attraverso i Centri Psico-Sociali (CPS) che si occupano della prevenzione, della cura e della riabilitazione dei disturbi mentali.
La schizofrenia, i disturbi di personalità borderline, le psicosi e la depressione maggiore sono quindi trattate quando si manifestano perché sono patologie che impattano in maniera importante sulla vita dei pazienti e hanno spesso la necessità di una terapia farmacologica.
La salute mentale è un campo più ampio che non comprende solo ed esclusivamente le patologie psichiatriche
Ma la salute mentale è un campo più ampio che non comprende solo ed esclusivamente le patologie psichiatriche. Ci sono anche l’ansia e gli attacchi di panico, i problemi relazionali e sessuali, lo stress e il burnout, le difficoltà scolastiche, il problema del bullismo, le questioni dell’adolescenza e le difficoltà nel rapporto fra genitori e figli. Tutte queste questioni, non certo banali nella vita delle persone, ad oggi restano appannaggio delle terapie psicologiche e psicoterapiche eseguite e pagate privatamente dagli utenti. Quelli che se le possono permettere economicamente, visto che spesso queste terapie durano anni, ad un costo che statisticamente va dai 50 ai 150 euro a seduta. A giudicare dalle domande pervenute per il bonus psicologo, sono moltissime le persone che vorrebbero ricevere finanziariamente una mano dallo Stato per poter continuare a permettersele o per decidere di iniziarle per la prima volta.
Una novità importante in questo senso sembra proprio quella rappresentata dalle nuove Linee di Indirizzo per la funzione della Psicologia nel Ssn, redatte dal Ministero della Salute e approdate ora sul tavolo della Conferenza Unificata con l’obiettivo di far diventare le attività psicologiche un servizio sanitario pubblico alla portata di tutti. Il documento per ora definisce quali criteri quantitativi e qualitativi dovrebbero essere tenuti in considerazione per selezionare le strutture psicologiche che operano a livello territoriale e ospedaliero. È in corso di valutazione la possibilità di organizzare l’attività degli psicologi del Ssn, dipendenti e convenzionati, in un’unica funzione aziendale.
L’appello di Lazzari: “Serve lo psicologo di base”
“Il SSN ha una rete capillare di servizi di salute mentale che trattano problemi psichiatrici ma non ha una rete per la prevenzione, la promozione e l’ascolto psicologico – ha detto Lazzari -. Siamo rimasti indietro rispetto a questa esigenza in modo drammatico, tra l’organizzazione dei servizi e le richieste/bisogni dei cittadini c’è un divario crescente che è sotto gli occhi di tutti. Il bonus, nello specifico, è una novità positiva che va resa strutturale attraverso una convenzione con i liberi professionisti e con l’introduzione della figura dello psicologo di base”.
Il 60% delle domande è arrivato da under 35: c’è una maggiore sofferenza in questa fascia d’età
Questa esigenza è ancora più impellente, secondo il Presidente del Consiglio Nazionale degli Psicologi, se partiamo dall’assunto che le domande arrivate da giovani e giovanissimi (il 60% arrivano da under 35) hanno numeri importanti: “Che c’è una maggiore sofferenza in queste fasce d’età – ha concluso Lazzari -, e questo è un problema perché i problemi non risolti in queste età si ripercuotono sullo sviluppo futuro e lo condizionano. Non garantire ai ragazzi un ascolto e un aiuto alla crescita psicologica nella scuola o la possibilità di un aiuto psicologico o psicoterapico nei servizi consultoriali è un grave danno non solo per le persone ma per tutta la società. Il bonus è una prima e importante risposta ma come si vede dai numeri c’è un divario importante tra le richieste e le possibili risposte. C’è una lunghissima fila in attesa di una risposta”.