Salute mentale, un mondo complesso dove mancano spesso finanziamenti per migliorare le diverse situazioni. È in arrivo, dopo oltre dieci anni dal precedente, il nuovo “Piano di Azione Nazionale per la Salute Mentale 2025-2030” (PANSM). A luglio il Ministero della Saluteha trasmesso alla Conferenza Unificata la bozza del Piano e l’iter normativo procede tra approvazioni e critiche. Nel frattempo sono state recepite molte delle proposte avanzate dalle Regioni, e inserite modifiche e integrazioni al piano.
Alla base del progetto legislativo ci sono l’integrazione dei servizi e la collaborazione fra professionisti, istituzioni, famiglie e comunità. È il modello “bio-psico-sociale” che supera l’approccio unicamente clinico e considera anche i determinanti sociali, ambientali e relazionali della salute mentale. Altro punto di riferimento è l’approccio “One Health”, secondo cui salute fisica, mentale e ambientale sono strettamente legate, in linea con gli orientamenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Essenziale anche la centralità della persona: il paziente è “soggetto attivo” nei percorsi di cura, affiancato da famiglie, caregiver e professionisti “in un’ottica partecipativa”.
Il nuovo PANSM 2025-2030 recepisce l’approccio “One Health” dell’OMS e il modello bio-psico-sociale
Vista la vastità degli argomenti, il PANSM è stato suddiviso in diversi ambiti di intervento: promozione della salute mentale, prevenzione e cura dei disturbi, quindi i temi legati a infanzia e adolescenza, ambito penale e forense, gestione del rischio clinico, integrazione tra servizi sanitari e sociali, infine formazione e ricerca.
Focus su disagio nei più giovani e nei detenuti
Il Piano dedica molta attenzione alla diagnosi precoce dei disturbi del neurosviluppo nell’adolescenza, al momento della transizione dai servizi per minori a quelli per adulti e all’integrazione tra neuropsichiatria infantile, scuole, consultori e servizi sociali. Le équipe di transizione diventano strumenti chiave.
Il documento introduce anche la figura dello psicologo di primo livello per la presa in carico delle forme lievi e moderate di disagio psicologico. Per i casi più complessi, è previsto il case management, un modello di gestione personalizzata finalizzato a garantire continuità e appropriatezza nei percorsi terapeutici.
Il Piano introduce la figura dello psicologo di primo livello per i casi lievi e moderati e del case management per i casi complessi
Nel Piano si dedica molta attenzione alla salute mentale dei detenuti allo scopo di avere una maggiore integrazione tra servizi penitenziari e territoriali e favorire la continuità della cura.
Altro fronte critico è la giustizia minorile. I Consultori familiari vengono riconosciuti come presidio di riferimento per le richieste dell’autorità giudiziaria, in sinergia con i servizi sociali e sanitari.
La valutazione della Società Italiana di Psichiatria
La Società Italiana di Psichiatria (SIP) ha espresso forte preoccupazione in merito al PANSM perché, a fronte delle attuali difficoltà dei Dipartimenti di Salute Mentale legate alla grave carenza di risorse umane e finanziarie, nel Piano non è prevista alcuna copertura di fondi ad hoc. Anzi, tale copertura sembra essere preclusa dall’affermazione che le suddette attività dovranno essere svolte “senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. La Società chiede pertanto con forza che il Piano sia accompagnato da un adeguato finanziamento, in linea con i parametri europei, al fine di garantire il potenziamento delle strutture e degli organici con investimenti costanti negli anni che permettano di stabilizzare e incrementare il capitale umano e riorganizzare i servizi.
La SIP chiede con forza che il Piano sia accompagnato da un adeguato finanziamento
Sottolinea la professoressa Liliana Dell’Osso, Presidente SIP: «La nostra Società scientifica auspica che vengano affrontati in modo più incisivo alcuni temi essenziali quali la promozione del benessere psicologico e della salute mentale a livello scolastico e lavorativo; l’identificazione e l’intervento precoce nei soggetti ad alto rischio per i disturbi mentali più gravi; il miglioramento degli strumenti atti a favorire il consenso al trattamento; la gestione dei problemi di salute mentale in contesti multiculturali e in relazione al genere; l’approccio multidisciplinare e integrato ai disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e alle dipendenze da sostanze e comportamentali eil potenziamento della psichiatria di consultazione per i reparti di medicina e chirurgia dell’ospedale generale, e la collaborazione con gli specialisti delle altre branche mediche nella gestione dei problemi di salute fisica spesso presenti nelle persone con patologie mentali gravi».
«Risulta evidente – prosegue Dell’Osso – che l’implementazione delle linee previste dal Piano richiede anche un continuo monitoraggio del raggiungimento degli obiettivi prefissati. La SIP, che rappresenta la maggioranza degli psichiatri italiani operanti a livello ospedaliero, territoriale e universitario, non mancherà di collaborare a questo monitoraggio nei ruoli di responsabilità organizzativa e in coerenza con le politiche sanitarie che tutelano la collettività».
Le richieste delle Regioni
Accogliendo le richieste delle Regioni, è stato rafforzato l’impianto territoriale e integrato del Piano: il documento PANSM precisa ora che, nelle Regioni dove sono presenti Dipartimenti autonomi per le Dipendenze, è necessario garantire protocolli interdipartimentali, per evitare frammentazioni nella presa in carico dei pazienti. Inoltre è stata chiarita la competenza regionale sull’organizzazione dei servizi: eventuali indicazioni nazionali possono essere formulate solo in presenza di una piena condivisione.
Nell’ambito delle dipendenze patologiche, le Regioni hanno ottenuto l’introduzione di un nuovo paragrafo che sottolinea l’importanza di prevedere un Piano d’Azione nazionale integrato per le dipendenze, da aggiornare periodicamente, e la valorizzazione dei PDTA (Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali) condivisi tra Dipartimenti di Salute Mentale, Dipendenze e Neuropsichiatria Infantile.
Sotto la spinta delle Regioni, è stato rafforzato l’impianto territoriale e integrato del Piano
Inoltre è stato riscritto l’inquadramento epidemiologico delle dipendenze con dati aggiornati al 2024. Il nuovo testo integra le cifre della Relazione al Parlamento 2025, inclusi: la diminuzione dell’uso di cocaina tra i minori (1,8%); la stabilità dell’uso di oppiacei (1,2%); l’aumento delle segnalazioni per reati droga-correlati tra i minori; e l’incremento dei pazienti in carico ai SerD, saliti a oltre 134.000 nel 2024.
Le Regioni hanno poi chiesto, e ottenuto, la rimozione o revisione di alcuni passaggi dove si assimilava il disagio giovanile a disturbi mentali veri e propri. Nel nuovo testo viene chiarito che il disagio non equivale a una patologia psichiatrica, e non può essere trattato unicamente con strumenti clinici. Richiede invece risposte educative, familiari e comunitarie.
Accolta anche la proposta regionale di rafforzare la rete di psichiatria forense, con l’istituzione di referenti e équipe forensi presso i Dipartimenti di Salute Mentale, e l’obbligo di predisporre un Progetto Terapeutico Individuale Condiviso (PTIC) per i soggetti autori di reato, spesso affetti da doppia diagnosi.
Uno degli ultimi punti sollevati dalle Regioni è la mancanza di indicazioni sulle risorse. Il documento originario non prevedeva una dotazione economica dedicata per l’attuazione del Piano, ma le Regioni hanno sottolineato che senza fondi certi, anche le migliori strategie rischiano di restare lettera morta.




