Scompenso cardiaco: i pazienti migliorano le cure se partecipano alle sperimentazioni

Gestione dello scompenso cardiaco, coinvolgimento dei pazienti e nuove terapie in fase di sviluppo sono i temi al centro del 10° Congresso Nazionale che l’Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (AISC APS) ha tenuto a Roma, con il contributo non condizionante delle aziende Roche, Novartis e Bayer. L’evento intende valorizzare la partecipazione attiva dei pazienti per migliorare l’assistenza sanitaria. «Quest’anno – afferma Salvatore Di Somma, Direttore del Comitato Scientifico dell’AISC – il paziente non è solo destinatario, ma parte propositiva del cambiamento, avanzando proposte concrete per ottimizzare i processi assistenziali». 

Il Congresso è un’occasione di confronto fra tutti gli attori del sistema sulle nuove opportunità che la ricerca scientifica mette a disposizione. «La telematica, il Fascicolo sanitario elettronico, le Case di Comunità, le IcOT, le farmacie di servizio, i medici di medicina generale in grado di rispondere immediatamente alle necessità dei pazienti per noi affetti da scompenso cardiaco possono cambiarci la vita, sia in termini di durata sia di qualità, in quanto in grado di assicurare la diagnosi precoce, la presa in carico e allontanamento della situazione di emergenza – afferma Rossana Bordoni, Presidente di AISC -. Siamo pronti a fare la nostra parte, ci presentiamo come pazienti formati ed informati, ma è necessario che in questo processo di cambiamento della sanità, ormai imprescindibile, la nostra voce costruttiva e propositiva venga ascoltata dal governo centrale e regionale».

Attenzione sin dalla sperimentazione

Per permettere lo sviluppo di farmaci che possono migliorare la qualità di vita è necessario il coinvolgimento dei pazienti lungo le sperimentazioni cliniche. A sperimentarlo da anni sono gli Stati Uniti, «dove – spiega Di Somma – le Associazioni dei pazienti sono attivamente coinvolte, come nel progetto condotto da Novartis, approvato dalla Food and Drug Administration (FDA), al quale come Associazione contribuiamo e che mira a raccogliere dati su come i pazienti possano trarre beneficio, non solo dal punto di vista clinico, ma anche dal punto di vista della qualità della vita percepita. In Italia, nonostante il nuovo regolamento della Commissione Scientifica ed Economica dell’AIFA preveda la partecipazione dei pazienti all’iter di valutazione, l’AISC non è stata ancora chiamata a partecipare. La qualità della vita dei pazienti dovrebbe essere un parametro centrale nelle sperimentazioni cliniche, insieme all’ottimizzazione del carico terapeutico». 

Troppo spesso, al termine di una sperimentazione clinica, i pazienti non vengono adeguatamente seguiti nel follow up, anche quando hanno tratto benefici evidenti dai trattamenti sperimentali. «Chi partecipa a una sperimentazione – prosegue il professore – non può essere lasciato senza un adeguato follow-up o un percorso di cura continuativo. Dobbiamo garantire che i pazienti non perdano i vantaggi ottenuti, creando sistemi di monitoraggio e supporto che li accompagnino anche dopo la conclusione degli studi clinici».

Il Progetto Biotool-CHF

Un esempio concreto di coinvolgimento dei pazienti è il Progetto Biotool-CHF, supportato da un bando della Comunità europea che coinvolge diverse nazioni, fra cui l’Italia. Questo progetto utilizza questionari rivolti ai pazienti per valutare l’impatto delle terapie sulla loro vita quotidiana. «I dati raccolti attraverso questi strumenti – precisa Di Somma – permettono di migliorare l’approccio terapeutico mettendo al centro le reali esigenze dei pazienti».

Aderenza alle terapie

Un’altra area cruciale è quella legata all’aderenza alle terapie. Nonostante i progressi nelle terapie, molti pazienti non seguono correttamente le cure prescritte, spesso a causa della politerapia. «I pazienti con scompenso cardiaco devono assumere molti farmaci ogni giorno, rendendo difficile rispettare i protocolli terapeutici – continua Di Somma -. Sono in corso sperimentazioni su farmaci iniettabili che potrebbero essere somministrati una volta a settimana o una volta al mese, riducendo il carico quotidiano e migliorando la qualità della vita dei pazienti. «L’AISC continuerà a lavorare per sensibilizzare i pazienti sulla corretta gestione delle terapie, affinché possano trarne il massimo beneficio», conclude Di Somma.

Case di comunità

Nuovi orizzonti nella gestione delle malattie cardiovascolari si attendono a livello territoriale tramite le Case di Comunità.

«Il documento di Agenas sulle Case di Comunità, a cui ho contribuito – afferma Di Somma – prevede la presenza di medici e specialisti per garantire una continuità assistenziale 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Questo modello di assistenza potrebbe risolvere il problema del sovraffollamento nei pronto soccorso, perché le Case saranno in grado di gestire anche i codici minori, come accade già in alcune Regioni. Alcuni esempi di strutture aperte H12 si trovano già in Lombardia, ma la prospettiva è di estendere questo modello a tutto il territorio nazionale. In queste Case di Comunità, sarà possibile fare esami di laboratorio rapidi, grazie ai sistemi Point of Care, simili a quelli che abbiamo sperimentato per lo scompenso cardiaco, quali i peptidi natriuretici. Il documento di Agenas, firmato anche dai sindacati – conclude – stabilisce che le Regioni dovranno decidere come implementare queste strutture dal momento che, sebbene alcune Case di Comunità siano già state realizzate, il processo non è uniforme su tutto il territorio nazionale». Il prossimo passo sarà infine la preparazione di un documento su come la Telemedicina possa essere utilizzata in tali strutture.

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