Dalla plenaria “Ambiente e Planetary Health” del 58° Congresso SItI emerge una visione chiara: sono gli stili di vita e l’ambiente, più che i geni, a determinare la diffusione di molte patologie cronico-degenerative e infettive. Il presidente SItI Emilia-Romagna, e Professore Ordinario di Igiene presso UniMoRe, Marco Vinceti, richiama la necessità di agire su politiche ambientali e preventive per ridurre diseguaglianze e migliorare la salute collettiva.
“Partendo da questo presupposto, oggi solidamente sostenuto da una base scientifica, il mondo della Medicina preventiva, dell’Igiene, della Sanità pubblica si deve muovere lottando non solo per conoscere, ma anche e soprattutto per modificare ciò che ci circonda – sottolinea Vinceti – Facendo questo avremo un netto miglioramento della condizione di salute della nostra popolazione e di tutti noi. Questo deterioramento, sia ambientale che sanitario, è in grado di indurre sensibili differenze socio-economiche creando, o accentuando, diseguaglianze sociali che, a loro volta, generano sensibili conseguenze nocive sull’ambiente e, più in generale, sulla Planetary Health. Si ritiene necessario, quindi, coinvolgere e responsabilizzare i decisori politico-amministrativi, nonché l’intera popolazione, avendo come riferimento centrale il nostro Paese, pur nella consapevolezza della stretta interdipendenza esistente in tale ambito tra i diversi Paesi europei ed extra-europei”.
Ogni politica diretta a risanare e proteggere l’ambiente è fortemente legittimata da ragioni di sanità pubblica
L’inquinamento atmosferico, per esempio, rappresenta un fenomeno particolarmente preoccupante in termini sanitari. L’Agenzia Ambientale Europea stima in oltre 200.000 i decessi prematuri attribuibili al solo particolato fine (PM2,5), un contaminante individuato a livelli di pericolo per la salute umana nella quasi totalità (>90%) delle aree urbane europee e le stime effettuate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per l’intero Pianeta sono addirittura di 8,5 milioni annui di decessi prematuri, di cui ben 700.000 in bambini sotto i 5 anni.
In aggiunta a questo, ci sono fattori di rischio quali il rumore urbano (cui vengono attribuiti 50.000 casi di coronaropatia ischemica all’anno in Europa), elevati livelli di metalli pesanti e di sostanze organiche volatili specie in prossimità di vie ad intenso traffico e di impianti industriali.
Particolarmente serio l’impatto dell’inquinamento atmosferico a livello di salute riproduttiva, con una stima di ben 6 milioni di parti prematuri e 3 milioni di neonati sottopeso nell’intero pianeta. Estremamente elevati anche i casi di neoplasia, con un numero annuo di soli tumori al polmone pari a ben 200.000 al mondo, e con un chiaro incremento del rischio nel caso dei tumori in età pediatriche ed in particolare di quelli più frequenti, le leucemie infantili. Quest’ultima tipologia di neoplasia, in particolare, vede incrementare il suo rischio del 50% qualora la residenza del bambino sia a soli 50 m dal bordo delle strade ad intenso traffico, secondo uno studio realizzato nel nostro Paese.
All’inquinamento atmosferico si aggiunge poi quello del suolo, degli alimenti e delle acque, dovuto a fattori quali contaminanti organici, metalli pesanti e metalloidi quali piombo, cadmio e selenio, tossici quali diossine, furani e PCB, pesticidi, e microplastiche tra gli altri.
Molto rilevanti, poi, gli effetti dell’inquinamento ambientale non solo nei confronti delle patologie neoplastiche e respiratorie, ma anche nei confronti di patologie quali quelle neurodegenerative (demenza di Alzheimer, morbo di Parkinson e Sclerosi Laterale Amiotrofica) e quelle metaboliche (diabete di tipo 2), oltre ovviamente a quella cardiovascolari.
L’inquinamento ambientale incide non solo su tumori e malattie respiratorie, ma anche su patologie neurodegenerative, metaboliche e cardiovascolari
Secondo il Global Burden of Disease Study 2023, più di un sesto del carico globale di diabete di tipo 2 è attribuibile all’esposizione a PM2,5, con circa 3,2 milioni di nuovi casi di diabete ogni anno e più di 190.000 decessi da diabete correlato all’inquinamento a livello mondiale.
Relativamente alle patologie neurodegenerative, invece, studi mostrano come per ogni lieve aumento della concentrazione media annuale di PM2,5 (polveri fini), si osserva un incremento non solo del rischio di insorgenza di Alzheimer, ma anche della gravità dei cambiamenti neuropatologici correlati, come pure di altre patologie neurodegenerative. Il rischio di decadimento cognitivo serio, in particolare, sembra addirittura raddoppiare per un incremento pari a 50 µg/m³ di polveri fini. Questi effetti nocivi, che riguardano in realtà un numero molto elevato di patologie, vengono fortemente potenziati in presenza delle alterazioni climatiche in corso (il cosiddetto Climate change).
Le alterazioni climatiche sono da un lato potenziate dall’inquinamento ambientale, e d’altro canto contribuiscono esse stesse ad un incremento di tale inquinamento. Molto serio è inoltre l’effetto dell’inquinamento ambientale e del cambiamento climatico, nonché purtroppo di alcune improvvide politiche urbanistiche, sulla disponibilità e fruibilità del verde urbano, un fattore certamente benefico per la salute, con riferimento sia a quella mentale sia a diverse patologie cosiddette ‘organiche’.
“Complessivamente, pertanto, ogni politica diretta a risanare e proteggere l’ambiente è fortemente legittimata da ragioni di Sanità pubblica, essendo in grado di esercitare marcati effetti benefici, a breve, medio e lungo termine, sulla salute umana e più in generale sull’ecosistema in prospettiva One Health”, conclude Vinceti.



