Una rivoluzione della sanità è auspicabile e necessaria per diversi motivi. Se la pandemia ha evidenziato quali ambiti vadano potenziati e innovati e come, rimane il dubbio se questo cambiamento sia conciliabile con i principi dello sviluppo sostenibile promulgati dall’Agenda 2030. Alla luce degli ingenti investimenti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) abbiamo provato a capire se la sanità italiana si stia muovendo verso un approccio più sostenibile.
Partendo dalle basi: l’Agenda 2030 e l’Obiettivo numero 3
Quando si parla di sviluppo sostenibile non si può non fare riferimento all’Agenda 2030. Si tratta di un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 da 193 Paesi membri dell’ONU. L’Agenda è articolata in 17 Obiettivi, Sustainable Development Goals – SDG’s in inglese, declinati a loro volta in 169 target, da raggiungere idealmente entro il 2030. Coprono una serie di tematiche legate allo sviluppo sostenibile, dalla sfera economica a quella sociale, politica e ambientale. L’Obiettivo numero 3, in particolare, tratta di salute, racchiudendo diversi target nello slogan “Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età”.
Perché ci sia innovazione sostenibile, si deve adottare un approccio che tenga conto del miglioramento non solo del contesto sanitario, ma anche del tessuto socio-economico in cui è inserito
Secondo l’approccio promulgato dall’Agenda 2030 infatti, la salute è strettamente correlata al contesto sociale, economico e culturale nel quale è inserita e, di conseguenza, un suo sviluppo sostenibile non può prescindere da questi fattori. In poche parole, perché ci sia innovazione sostenibile, si deve adottare un approccio che tenga conto del miglioramento non solo del contesto sanitario, ma anche del tessuto socio-economico in cui è inserito. L’emergenza Covid-19 ha rimescolato le carte in tavola, evidenziando alcune criticità dell’attuale modello sanitario e dando l’opportunità, tramite gli investimenti previsti dal PNRR in sanità, di operare importanti cambiamenti in ambito sostenibilità.
La situazione italiana
L’Italia si interfaccia in maniera globalmente positiva con gli indicatori che misurano l’Obiettivo numero 3. La speranza di vita nel nostro paese è tra le più alte nel mondo, seppure abbia subito una piccola contrazione in seguito al Covid (secondo dati OCSE è passata dagli 83,6 anni del 2019 agli 82,4 del 2020). Il controllo delle patologie, soprattutto di quelle acute, è molto buono, così come la copertura dell’offerta sanitaria e la copertura vaccinale. Rimangono però, e in alcuni casi peggiorano, problematiche tipiche dei paesi avanzati. Secondo il “Rapporto SDG’s 2021” dell’Istat, infatti, sono in aumento le patologie legate all’invecchiamento della popolazione e al peggioramento degli stili di vita. Nel 2020, ad esempio, circa 3,5 milioni di persone, il 7 % circa della popolazione maggiorenne, dichiarano di avere il diabete, un valore che conferma il trend in crescita degli ultimi anni. Caso analogo quello dell’ipertensione, con circa 10 milioni di persone che ne soffrono, il 21,9 % della popolazione maggiorenne. In aumento anche i fattori di rischio per la salute come alcool, fumo e obesità.
L’aumentare della componente anziana della popolazione, dunque, unita a un conseguente incremento delle patologie croniche, pesa sempre di più sulla sostenibilità, in questo caso soprattutto economica, del sistema sanitario. A ciò si aggiungono problematiche di carattere gestionale che riguardano l’equità di accesso alle cure e l’equità in merito alla qualità dell’assistenza. Come evidenziato dal report “Rapporto europeo sull’equità nella salute”, pubblicato dall’OMS nel 2019, le disuguaglianze legate alla salute in molti paesi europei sono rimaste le stesse o sono peggiorate nonostante i tentativi da parte dei governi di affrontarle.
La sostenibilità in azienda sanitaria
“Guardando alla pratica delle aziende sanitarie italiane, la ricerca esplorativa che ho condotto con la Professoressa Emidia Vagnoni, ordinario di Economia Aziendale presso il Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Ferrara, nell’anno 2017, aveva l’obiettivo di investigare l’implementazione del principio di sviluppo sostenibile nella popolazione delle aziende sanitarie italiane”, racconta Caterina Cavicchi, docente di Management e E-Governance della Pubblica Amministrazione, ricercatore di Economia Aziendale presso il Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Ferrara e autrice del manuale “Lo Sviluppo Sostenibile in Azienda Sanitaria. Progettazione, implementazione e misurazione della performance”.
Dall’indagine svolta è emersa la consapevolezza delle aziende sanitarie rispetto all’importanza del concetto di sviluppo sostenibile in sanità, che si estrinseca nelle tre prospettive, economica, sociale e ambientale, in linea con la definizione data dal Rapporto Brundtland delle Nazioni Unite del 1987.
“In tal senso, la necessità di garantire qualità ed efficienza delle prestazioni erogate, ritenuta prioritaria dai rispondenti e attinente all’integrazione tra dimensione economica e sociale della sostenibilità, viene affiancata da una crescente sensibilità per l’impatto ambientale. Tra le azioni perseguite nel campo della sostenibilità, abbiamo riscontrato principalmente l’uso razionale delle risorse naturali, la prevenzione tramite la promozione di stili di vita sostenibili, gli acquisti verdi, i progetti per la salute e sicurezza sul luogo di lavoro e la gestione sostenibile dei rifiuti”.
Uso razionale delle risorse naturali, promozione di stili di vita sostenibili, acquisti verdi, progetti per la salute e sicurezza sul luogo di lavoro e gestione sostenibile dei rifiuti sono tra le azioni più implementate
La ricerca evidenzia inoltre che nelle aziende sanitarie la progettazione di queste iniziative è generalmente di competenza di uffici/posizioni dedicate o di organi e strutture informali creati ad hoc. Una minoranza ha invece utilizzato organismi collegiali con competenze interdisciplinari per supportare la progettazione.
“In generale, sembrava delinearsi una modalità di gestione della sostenibilità per progetti. Al contrario, solo la metà delle aziende aveva dichiarato di aver inserito obiettivi di sviluppo sostenibile all’interno del proprio piano strategico”, continua Cavicchi. “Certamente questi risultati erano in linea con un contesto nazionale in cui la Strategia di Sviluppo Sostenibile era appena stata delineata. Stiamo ripetendo in questi giorni l’indagine, assieme alle colleghe professoressa Emidia Vagnoni e dottoressa Chiara Oppi, ricercatrice di Economia Aziendale presso l’Università di Bergamo, per capire se, e in che misura, questi trend siano cambiati, anche alla luce dell’emanazione del PNRR che ha posto più che mai l’accento sulla necessità di investire sul sistema salute per renderlo sostenibile, soprattutto dopo gli effetti generati dalla pandemia Covid-19”.
Gli indicatori di sviluppo sostenibile
Ma come si misura la sostenibilità? Esistono due tipi di indicatori: quelli a livello nazionale e quelli a livello di azienda sanitaria. “I primi dipingono la situazione dell’intero sistema salute, in quanto misurano la performance di sostenibilità del nostro sistema sanitario. Ci sono poi quelli utilizzati a livello di azienda per il monitoraggio della performance organizzativa”, chiarisce Cavicchi.
Gli indicatori devono essere sviluppati sia a livello nazionale sia a livello di azienda sanitaria, per misurare le performance di sostenibilità delle organizzazioni
“Nel primo campo rientrano gli indicatori che intendono monitorare il posizionamento del paese rispetto all’Obiettivo numero 3 dell’Agenda 2030 e che sono stati individuati per il presidio dell’area strategica ‘Promuovere la salute ed il benessere’ della Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile. Il loro andamento è consultabile nel report che annualmente viene stilato dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile. Per quanto riguarda invece la misurazione della performance a livello organizzativo, l’indagine condotta nel 2017 ci ha permesso di identificare i principali indicatori utilizzati dalle aziende sanitarie per presidiare la propria performance di sostenibilità. In particolare, indicatori atti a cogliere l’impatto ambientale delle strutture sanitarie, indicatori che afferiscono alla quantità, qualità ed appropriatezza dell’assistenza sanitaria offerta rispetto ai bisogni del territorio, indicatori di performance economico-finanziaria e altri indicatori riferiti a parità di genere e benessere organizzativo. Su queste quattro linee principali si muove la misurazione dell’aderenza di una azienda sanitaria ai principi di sviluppo sostenibile”.
L’approccio One Health
Nell’ottica di sviluppo sostenibile in sanità, il tema della collaborazione, tra discipline diverse e diversi professionisti, è centrale. Per approccio One Health, si intende, infatti, una strategia multidisciplinare per la salute globale che tenga conto dell’impatto sulla salute delle scelte operate in ambito sociale, economico e ambientale. Nato nel 2004 nel corso di una conferenza della Wild Conservation Society, dal concetto di interconnessione tra la salute umana e quella animale si è a oggi espanso fino a racchiudere l’impatto dell’ambiente e della società sulla salute, come l’inquinamento delle risorse ambientali, il cambiamento climatico o la perdita di biodiversità. In termini di governance sanitaria l’approccio One Health identifica una strategia di cooperazione che possa portare a “uno sviluppo armonico e rispettoso degli equilibri tra sfera naturale, sociale e istituzionale, delle compatibilità̀ globali e delle esigenze delle generazioni future”, riporta a tal proposito il report dell’ASviS, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, Salute e non solo sanità: come orientare gli investimenti in sanità in ottica di sviluppo sostenibile.
Nel rapporto di ASviS si fa inoltre riferimento alla “resilienza trasformativa”, ovvero “un approccio che consolidi le capacità di resistenza e tenuta delle forze sociali ed economiche in campo, ma lo faccia in un’ottica di ripensamento del modello di sviluppo in termini di sostenibilità e circolarità”.
PNRR e sostenibilità
“Il PNRR ha evidenziato la vulnerabilità del SSN di fronte alla pandemia Covid-19 e ha altresì identificato alcune criticità strutturali significative dello stesso – afferma Cavicchi -. Per rispondere a queste criticità, il PNRR, che discende dal pacchetto Europeo NEXT Generation EU, programma investimenti nel comparto salute in linea con l’approccio One Health, per favorire la transizione del sistema sanitario verso la sostenibilità. Il PNRR prevede in questo senso uno stanziamento di 15,63 miliardi di euro per la Missione Salute. Tale missione si muove su due assi principali: l’asse ‘Reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale’ e l’asse ‘Innovazione, ricerca e digitalizzazione del SSN’. Per quanto riguarda il primo asse, gli investimenti sono orientati a promuovere il potenziamento dell’assistenza domiciliare anche tramite l’uso della telemedicina, la creazione delle Case della Salute quale punto di riferimento per attività di prevenzione e presa in carico e la creazione degli Ospedali di Comunità di media/bassa intensità clinica per favorire l’appropriatezza delle cure.
La transizione verso la sostenibilità del SSN dipenderà dunque dalla capacità di cogliere queste opportunità, tramite l’attuazione di interventi sostanziali
Nel secondo asse troviamo, invece, l’ammodernamento del parco tecnologico e digitale delle strutture sanitarie, investimenti in sicurezza e nella formazione del personale, il potenziamento della ricerca tramite la riorganizzazione della governance degli IRCSS e gli investimenti per la ricerca biomedica, il potenziamento nell’uso del Fascicolo Sanitario Elettronico e l’utilizzo di modelli predittivi che permettano di programmare prestazioni in linea con le caratteristiche della popolazione e l’evoluzione dei bisogni sanitari. La transizione verso la sostenibilità del SSN dipenderà dunque dalla capacità di cogliere queste opportunità, tramite l’attuazione di interventi sostanziali che siano in grado di garantire il raggiungimento dei target dell’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile”.