Intervista a Francesco Macchia, Editore Osservatorio Terapie Avanzate (OTA)
Che cosa si intende con il termine “terapie avanzate”?
Per parlare correttamente di “terapie avanzate” si dovrebbe utilizzare il termine inglese “Advanced therapy medicinal products (ATMP)”, definito dal Regolamento CE n. 1394 del 2007 che ha istituito il Committee for Advanced Therapies (CAT) dell’EMA, ovvero il Comitato che decide a livello europeo l’approvazione delle terapie avanzate. Con il termine ATMP si intendono quelle terapie o farmaci innovativi basati sulla terapia genica, la terapia cellulare e l’ingegneria tissutale. Si differenziano pertanto sia dai farmaci tradizionali, basati su molecole prodotte per sintesi chimica, sia dai farmaci biologici quali ad esempio gli anticorpi monoclonali. In questo momento rappresentano delle terapie totalmente “breakthrough” perché saranno destinate, nei prossimi anni, a stravolgere completamente il concetto di medicina e di terapia.
La classificazione delle terapie avanzate è un tema piuttosto complesso, e non esiste una classificazione standardizzata universalmente condivisa. L’Osservatorio Terapie Avanzate (OTA) con il suo Comitato Scientifico ha elaborato una classificazione dall’intento anche divulgativo, suddividendo le terapie avanzate in: prodotti a base di DNA e cellule, ma anche di piccole molecole di RNA o di tecnologie per la manipolazione del genoma o la creazione di organoidi. Rientrano tra i prodotti di terapia genica quelli che hanno l’obiettivo di trattare malattie causate da geni difettosi: il farmaco è costituito direttamente dal “gene terapeutico” (DNA) o da un sistema in grado di correggere le mutazioni, un esempio è l’editing genomico con CRISPR-cas9. Fanno parte invece della terapia cellulare i prodotti a base di cellule vive per ottenere un effetto terapeutico, diagnostico o preventivo, come ad esempio le cellule staminali adulte. La terza categoria comprende il mondo dell’ingegneria tissutale, in prospettiva molto sfidante: si tratta di cellule, tessuti e organi che possono essere ricostruiti in vitro e trapiantati all’interno dell’organismo. E siccome la scienza è in continua evoluzione, è già stata introdotta anche una quarta categoria che comprende approcci che combinano insieme le terapie avanzate precedentemente definite.
Quali sono le peculiarità delle terapie avanzate rispetto ai farmaci tradizionali?
Per chiarire la portata innovativa delle terapie avanzate rispetto alle terapie tradizionali bisogna considerare fondamentalmente due tematiche: innanzitutto, per la prima volta, si passa da un approccio “terapeutico” ad un approccio “curativo”. Già con la terapia innovativa per l’HPV c’è stato un primo approccio curativo che ha consentito di parlare di “eradicazione” della malattia in tempi brevi, ma per le terapie avanzate l’approccio curativo costituisce una caratteristica intrinseca e imprescindibile. Non si tratta più di una terapia ma di una vera e propria cura che eradica alla base l’espressione sintomatica della malattia. Il secondo aspetto, altrettanto straordinario e rivoluzionario, è che le terapie avanzate sono “one-shot” o, laddove debbano essere ripetute 2-3 volte, il trattamento rimane comunque molto limitato nel tempo mentre i suoi effetti si prolungano nel lungo periodo.
Quali difficoltà comporta l’accesso a tali terapie? Quali soluzioni si stanno cercando?
L’approccio curativo e la somministrazione one-shot cambiano completamente l’ottica di gestione della malattia rispetto alle terapie tradizionali e anche rispetto ad alcuni farmaci innovativi, come ad es. gli anticorpi monoclonali. È chiaro che questo cambiamento di paradigma porta con sé una serie di complessità e di difficoltà. Come valorizzare un costo e un prezzo di terapia su processi totalmente innovativi? Questa è una sfida per tutto il sistema: in Europa su questo tema si sta lavorando alacremente e, ad esempio, in Italia è recente la notizia della rimborsabilità delle CAR-T tramite “payment at results”. Le difficoltà in merito all’accesso alle terapie avanzate sono numerose e strettamente correlate alle loro caratteristiche intrinseche. Innanzitutto siamo dinanzi ad un livello di complessità del meccanismo d’azione enorme rispetto alle terapie tradizionali: in questo senso, se già il funzionamento di un farmaco biologico è estremamente complicato rispetto ad un antibiotico, la terapia genica rappresenta un salto tecnologico straordinario.
L’aspetto della manifattura è anch’esso estremamente complicato in quanto spesso coinvolge materiale biologico del paziente che deve essere estratto, messo in coltura, a volte manipolato geneticamente e ogni step deve seguire le procedure GMP. La somministrazione delle terapie avanzate è un altro elemento di complessità intrinseca poiché sono necessariamente pochi e altamente specializzati i centri in grado di trattare i pazienti con questa tipologia di terapia. E poi ci sono i costi per la somministrazione di questi prodotti che, come noto, sono altissimi.
In questo panorama già così complesso si introduce un ulteriore elemento di difficoltà, che deriva anch’esso dalle caratteristiche intrinseche delle terapie avanzate ed è rappresentato dalla “relativa” scarsità delle prove di efficacia. Sono due gli elementi che vi concorrono: innanzitutto, poiché si tratta di farmaci innovativi, in genere EMA riconosce loro delle modalità di Early Access Programme per l’autorizzazione al commercio. Questo percorso, logico e razionale dal punto di vista EMA, complica però la situazione al momento della definizione di prezzo e rimborso a livello delle singole Agenzie Regolatorie degli Stati. Inoltre, pur trattandosi di terapie curative e dunque potenzialmente risolutive di una patologia, i dati di efficacia a lungo termine non sono ancora disponibili. E la maggior parte riguarda trattamenti dedicati a malattie rare, che per definizione possono contare su dati relativi a popolazioni limitate.
L’approccio curativo e la somministrazione one-shot rendono “rivoluzionarie” le terapie avanzate
È chiaro dunque che le difficoltà di accesso sono enormi, soprattutto perché, nonostante l’intenso lavoro sia di EMA sia delle Agenzie regolatorie nazionali, il sistema non è ancora pronto: basti pensare alla valutazione tramite il sistema GRADE, che è costruito sulle terapie tradizionali, in cui il livello di evidenza è la base.
Come si può garantire un efficace early access per i pazienti, sostenendo allo stesso tempo l’importante impatto economico di queste terapie?
Da questo punto di vista oggi abbiamo un modello su cui ragionare e che può darci già qualche indicazione utile, ovvero l’accordo tra Novartis e AIFA su Kymriah, sulle CAR-T per il linfoma diffuso e la leucemia linfoblastica acuta. A mio parere, questo accordo può rappresentare un modello di governance delle terapie avanzate. Il punto chiave riguarda l’applicazione di una formula di pay-for-performance denominata “payment at results” che prevede il rimborso in base ai risultati ottenuti nella pratica clinica e non in base a quanto dimostrato nei trial clinici. Questo approccio può essere applicato efficacemente per i farmaci ad alto costo e soprattutto in presenza di evidenze non così solide da supportare un accordo di pagamento tradizionale. In questo senso l’accordo su Kymriah è innovativo in Europa, anche se in Italia questa modalità di pagamento era già stata introdotta da Nello Martini come primo Direttore generale di AIFA.
Le diverse formule di pay-for-performance possono essere utilizzate solo se combinate con un sistema di Real World Evidence basato su registri di monitoraggio affidabili e per paziente; forse proprio per questo il payment at results non è molto comune a livello europeo, mentre può essere applicato nel nostro Paese grazie al sistema di registri attivo e funzionante con un approccio unitario grazie al Servizio Sanitario Nazionale.
Un altro elemento fondamentale riguarda le modalità di pagamento, che dovranno prevedere una rateizzazione anche tramite modelli assicurativi o di finanziamento bancario ancora da definire. Se pensiamo che per alcune terapie avanzate allo studio si parla di costi da 1 milione di euro a paziente, è evidente che lo Stato non potrà sostenere da solo e nell’immediato un tale impegno.
Da ultimo bisogna sottolineare come probabilmente, nei prossimi anni, i fondi per i farmaci innovativi (oncologici e non) potrebbero non essere sufficienti a coprire le spese relative alle terapie avanzate, pertanto si dovrà pensare a fondi ad hoc che consentano innanzitutto di garantire un accesso rapido a queste terapie e soprattutto di renderle disponibili senza distinzioni su base regionale.
Come si pongono le terapie avanzate nel sistema di early access in Italia?
Nel nostro Paese le normative che regolano l’early access sono sicuramente all’avanguardia, anche nel contesto internazionale ed europeo, e sono in grado di garantire un rapido accesso ai pazienti; devono però essere adattate e “tarate” sulle peculiarità delle terapie avanzate. Un primo elemento che andrebbe modificato è l’introduzione di un prezzo concordato (al momento i farmaci che beneficiano dell’early access in Italia vengono immessi in commercio con il prezzo stabilito dall’azienda). Quindi si dovrebbero considerare anche elementi più tecnici, come la possibilità di fare riferimento ad endpoints surrogati (per sopperire, come dicevamo, alla mancanza di dati di efficacia a lungo termine) e di sviluppare ulteriori modalità di confronto indiretto (per far fronte alla difficoltà di condurre sperimentazioni versus placebo).
Quali sfide ci pongono le future terapie?
In termini prospettici, la grande sfida riguarda la sostenibilità di sistema. Nel tempo, se è vero che i costi di ricerca e sviluppo per le terapie avanzate andranno a ridursi (grazie alla standardizzazione di alcuni processi), è anche vero che tali terapie verranno utilizzate sempre meno su malattie rare e sempre più per malattie ad ampia diffusione, con un nuovo incremento della spesa. Secondo me, la capacità di cogliere questa sfida non riguarderà tanto le modalità di contrattazione dei prezzi quanto piuttosto la capacità dell’Europa e dell’Italia di sfruttare al meglio le grandi opportunità di crescita tecnologica, scientifica e manufatturiera del settore, per diventare un polo non solo di ricerca, ma anche di sviluppo e produzione di terapie avanzate.
In quest’ottica, ad esempio, è attivo a livello europeo RESTORE, che vede in Italia Fondazione Telethon come partner e Osservatorio Terapie Avanzate come supporter. RESTORE è un’iniziativa di ricerca portata avanti da dieci realtà europee leader nel settore delle terapie avanzate che propone da un lato di trasformare la promessa delle terapie avanzate in un’opportunità concreta per i pazienti e dall’altro punta a far sì che l’Europa mantenga un ruolo di primo piano nel settore, restando competitiva sia nel campo della ricerca che in quello dello sviluppo. Un importante obiettivo è di costruire un ecosistema che sia sostenibile nel suo complesso e non solo in termini di equilibrio di bilancio a livello di fondi.