L’adenocarcinoma del pancreas rappresenta il 6,9% di tutte le morti oncologiche ed è il terzo tumore più letale dopo quelli del polmone e del colonretto. Nuove prospettive si aprono però grazie ai test in grado di riconoscere le mutazioni genetiche. L’obiettivo: far sì che i pazienti possano usufruire di questa possibilità in modo omogeneo e diffuso.
Il test sia reso disponibile in modo capillare sul territorio nazionale
Facciamo il punto sulla patologia e sulle nuove opportunità di diagnosi e cura offerte dai test BRCA con Michele Reni, direttore del Programma Strategico di Coordinamento Clinico, Pancreas Center, dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, tra gli autori della recente monografia “get Behind pancReatic Cancer”, dedicata alla valutazione del grado di applicazione e strategie d’implementazione delle raccomandazioni sul testing dei geni BRCA nei tumori del pancreas.
Qual è oggi la situazione del tumore al pancreas?
In Italia nel 2020 sono state stimate circa 14.155 nuove diagnosi (uomini 6.425; donne 7.730), e nel 2020 circa 12.917 decessi: rappresenta la terza causa di morte per cancro dopo il carcinoma polmonare e quello del colon retto, superando il numero di morti per carcinoma della mammella.
Il carcinoma del pancreas si presenta nel 80-85% dei casi alla diagnosi già in stadio localmente avanzato o metastatico, è gravato da sintomi rilevanti e invalidanti, è biologicamente aggressivo, sviluppa rapidamente chemioresistenza. Inoltre, sono stati fatti pochi progressi negli ultimi trent’anni e, a tutt’oggi, disponiamo di un armamentario terapeutico per contrastarlo estremamente limitato. Per tutti questi motivi, ha la peggiore prognosi tra tutti i tumori solidi: la sopravvivenza dei pazienti a cinque anni dalla diagnosi che varia tra 5 e 15%.
Quale rilievo può avere in questo contesto il test BRCA?
La mutazione di BRCA è legata ad un maggior rischio di sviluppare tumori della mammella, dell’ovaio, del pancreas e della prostata. La presenza di una mutazione ereditaria di BRCA nei pazienti con tumore del pancreas è cruciale per tre ragioni principali:
1) i tumori nei pazienti portatori di questa mutazione sono più sensibili ad alcuni chemioterapici. Individuarla consente quindi di orientare meglio le scelte terapeutiche ottenendo un importante vantaggio nel controllo della malattia e prolungando significativamente la vita del paziente. Non identificare la mutazione nei pazienti portatori, li priva di un potenziale consistente beneficio;
2) l’utilizzo di un farmaco a bersaglio somministrato per bocca e ben tollerato al termine della chemioterapia può prolungare il tempo libero da progressione di malattia. Questo aspetto è particolarmente rilevante perché ritarda i sintomi provocati dalla malattia e ritarda l’esigenza di riprendere i trattamenti chemioterapici con il corteo di sintomi ad essi correlati. In ultima analisi, regala perciò tempo di buona qualità perché libero da sintomi e da tossicità;
3) screenare i parenti di chi ha questa mutazione può permettere di identificare dei portatori sani e sottoporli a programmi di prevenzione e diagnosi precoce. In altre parole, può permettere di salvare vite.
Quanto sono diffusi al momento?
Nella popolazione italiana di pazienti con tumore del pancreas metastatico ed età inferiore ai 74 anni, la probabilità di identificare una mutazione di BRCA è di circa il 10% mentre nei pazienti con malattia non metastatica è superiore al 7%. Si tratta certamente di percentuali non trascurabili. Le probabilità di identificare una mutazione sono maggiori nelle persone giovani o in quelle che hanno una familiarità nota per le malattie precedentemente ricordate, tuttavia anche il 5-6% delle persone che hanno una anamnesi oncologica familiare muta sono portatrici della mutazione.
A quale obiettivo tendere e come raggiungerlo?
Credo sia importante che gli oncologi, in genere orientati a un atteggiamento nichilistico nei confronti di questa malattia, prendano rapidamente coscienza dell’importanza del test e lo richiedano in modo sistematico per consentire ai pazienti, quando indicato, di essere sottoposti ai trattamenti più opportuni. Questa raccomandazione è già inserita nelle linee guida dell’associazione degli oncologi ma è certamente utile ‘fare cultura’ soprattutto tra chi non si occupa specificamente di questa patologia.
Occorre poi che il test sia disponibile in modo capillare su tutto il territorio nazionale o, in alternativa, che vengano definiti dei centri di riferimento cui inviare i campioni per le opportune analisi. Gli strumenti per ottenere questo obiettivo devono spaziare da una campagna di educazione ed informazione rivolta ai vari interlocutori – siano essi specialisti coinvolti nella cura dei tumori del pancreas (chirurghi, gastroenterologi, oncologi, radioterapisti), medici di medicina generale, associazioni di pazienti, pazienti stessi o i loro caregiver – a un’azione di politica e organizzazione sanitaria che consenta di usufruire di questa possibilità in modo omogeneo e diffuso.
Non ultimo, serve sensibilizzare gli organismi regolatori perché consentano l’impiego dei farmaci efficaci in tempi ragionevolmente brevi, con saggezza e ampiezza di vedute tenendo conto delle specificità e del contesto di questa malattia.
Il rapporto fra variante patogenetica (VP) e adenocarcinoma pancreatico
Le varianti patogeniche nei geni BRCA 1 e BRCA 2 sono note per aumentare il rischio di sviluppare il cancro al seno e alle ovaie, da cui tali geni hanno preso anche il nome: BReast CAncer genes. Ma le stesse varianti aumentano anche la probabilità di incorrere in altre forme di cancro, come quello al pancreas. A spiegare come è la genetista Paola Ghiorzo, responsabile del Laboratorio di Biologia e Genetica dei Tumori Rari dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova.
Quali sono le varianti patogenetiche (VP) che aumentano la probabilità di sviluppare l’adenocarcinoma pancreatico (ACP)?
Mutazioni riscontrate a livello germinale nei geni che predispongono ad alcune sindromi tumorali ereditarie predispongono anche al tumore del pancreas. Infatti il tumore del pancreas, oltre che nella più comune forma sporadica, può presentarsi sia in forma familiare (più casi di neoplasia al pancreas in famiglia), sia in associazione ad altri tumori nel contesto di uno spettro tipico familiare sindromico. Circa il 10% dei tumori al pancreas mostrano ricorrenza familiare, e di questi circa un terzo (ovvero il 3% dei casi totali) insorge nel contesto di una sindrome genetica definita. Le principali sindromi tumorali ereditarie associate ad aumento del rischio di tumore al pancreas sono la sindrome ereditaria del carcinoma mammario ed ovarico da difetti dei geni BRCA e il melanoma ereditario CDKN2A-relato. In entrambe queste condizioni le neoplasie più comuni sono a carico di altri organi, ma il tumore al pancreas costituisce comunque una manifestazione importante del quadro fenotipico, in particolare in alcune famiglie. Il 4-5% di tutti i tumori al pancreas, indipendentemente dalla storia familiare, si sviluppa in soggetti portatori di mutazioni nei geni BRCA1 o BRCA2, e le mutazioni di BRCA2 rappresentano il fattore di rischio ereditario più frequente per questa neoplasia, seguite da quelle in CDKN2A. Il rischio di tumore al pancreas è aumentato anche nella sindrome di Lynch, nella sindrome di Peutz-Jeghers e nella sindrome di Li-Fraumeni, nonché nei portatori di mutazioni dei geni ATM e PALB2. Infine vanno considerate le forme associate a pancreatite ereditaria, dovute in particolare ai geni PRSS1 e SPINK. Le caratteristiche cliniche delle forme ereditarie di tumore al pancreas differiscono a seconda del gene coinvolto, così come anche il rischio di sviluppare questo tipo di cancro.
Nel quadro fenotipico familiare delle sindromi genetiche multitumorali prevalgono generalmente le neoplasie per le quali sussistono rischi più elevati (ad esempio carcinoma della mammella e dell’ovaio per le forme BRCA-relate, melanomi per le forme CDKN2A-relate, carcinomi colorettali e dell’endometrio per le forme legate alla sindrome di Lynch).
Solo un 10-20% delle forme familiari che associano due o più tumori pancreatici in parenti di primo grado presenta una mutazione genetica predisponente, mentre il restante 80% dei casi è definito come forma familiare in assenza di ereditarietà. Le forme familiari mostrano un’età di insorgenza lievemente inferiore rispetto alle forme sporadiche (64-65 anni verso 71 anni). In ogni caso, una storia familiare positiva per tumore al pancreas in un parente di primo grado raddoppia il rischio di sviluppare la medesima patologia.
A quali test genetici vengono sottoposti i pazienti con tumore al pancreas? E i familiari?
I pazienti affetti da tumore al pancreas vengono sottoposti, in accordo alle recenti “Raccomandazioni per l’implementazione dell’analisi mutazionale BRCA nei pazienti con adenocarcinoma del pancreas metastatico” pubblicate da AIOM in collaborazione con AISP, SIAPEC/IAP, SIBIOC, SICO, SIF, SIGE, SIGU al test genetico BRCA1 e BRCA2 con duplice scopo:
- identificare pazienti suscettibili di terapia sistemica antitumorale con inibitori di PARP dopo una prima linea contenente platino;
- identificare portatori di mutazioni germinali nei geni BRCA associate ad alto rischio di tumori (mammella, ovaio, prostata, oltre pancreas) ai fini di una prevenzione (primaria e/o secondaria) oncologica nell’ambito familiare.
Il test pertanto può pertanto trovare applicazione clinica sia in ambito terapeutico che preventivo, in ambito familiare. In caso di storia familiare suggestiva di rischio elevato per altri tipi di neoplasie in contesto sindromico, possono essere testati gli altri geni di predisposizione, analisi eseguibile a oggi grazie alle metodiche di sequenziamento massivo parallelo in cui in un unico esperimento, già da subito, posso essere analizzati contemporaneamente altri candidati alla predisposizione insieme a BRCA1 e BRCA2.
Cosa succede se un paziente scopre di avere una mutazione?
A seconda del tipo di mutazione riscontrata, il paziente può beneficiare di una terapia mirata e allo stesso tempo può promuovere la ricerca della mutazione nei familiari, in modo da verificare chi potrebbe essere ad alto rischio e quindi potrebbe beneficiare di protocolli di prevenzione mirata. Il riscontro di una positività al test BRCA, ad esempio, in pazienti con carcinoma pancreatico permette ai loro familiari sani di primo grado l’accesso alla consulenza genetica oncologica al test preventivo, finalizzato a verificare la presenza o meno della mutazione familiare. Nel caso di esito positivo, i familiari sani con mutazione BRCA saranno avviati a programmi finalizzati a percorsi di prevenzione primaria e secondaria dei tumori associati alle sindromi con trasmissione eredo-familiare da difetti dei geni BRCA ed alla riduzione del rischio. I familiari sani portatori di mutazione germinale BRCA di pazienti con carcinoma pancreatico devono quindi essere avviati a tali programmi.
A seconda del tipo di mutazione riscontrata, il paziente può beneficiare di una terapia mirata e allo stesso tempo può promuovere la ricerca della mutazione nei familiari, in modo da verificare chi potrebbe essere ad alto rischio e quindi potrebbe beneficiare di protocolli di prevenzione mirata
Tuttavia i pazienti possono essere portatori, oltre che delle suddette mutazioni a carico di BRCA 1 e 2, anche di mutazioni in altri geni di predisposizione, che predispongono alla forma familiare o alla forma sindromica di tumore al pancreas, quindi essere a rischio anche per altri tipi di neoplasie per le quali è possibile effettuare prevenzione e screening mirati.
Per i familiari sani portatori di mutazioni BRCA e con un consanguineo di primo o di secondo grado affetto da carcinoma pancreatico, o in altri geni di predisposizione alle sindromi tumorali ereditarie, esistono attualmente dati sufficienti per raccomandare un percorso di diagnosi precoce di carcinoma pancreatico solo nell’ambito di studi clinici da attuarsi in centri ad alta specializzazione per lo studio del pancreas. Pertanto è raccomandata la gestione dei pazienti e dei familiari in centri ad alta specializzazione in cui possa essere garantita la multidisciplinarietà delle competenze (diagnostiche, terapeutiche, genetiche).
Quali sono le criticità e le prospettive in questo settore?
L’andamento temporale dell’incidenza di questa neoplasia, al netto delle variazioni di età nella popolazione, è in crescita significativa tra gli uomini (+0,4%/anno). Una diagnosi effettuata tardivamente, la base percentuale di pazienti operabili alla diagnosi (10%) e la scarsa risposta alle terapie determinano una sopravvivenza dei pazienti con carcinoma pancreatico in Italia dell’8,1% a cinque anni e del 3% a dieci anni. La dimensione media del tumore al momento della diagnosi è di circa 31 millimetri e non è cambiata significativamente negli ultimi trent’anni. La scarsa diagnosi precoce di un tumore è stata attribuita ai sintomi che si presentano tardivamente.
Nel corso degli anni, è stato osservato un miglioramento nella diagnosi del cancro del pancreas, legato al progresso delle tecniche di imaging così come alla crescente conoscenza della storia del cancro e della genetica. La gestione dei pazienti con carcinoma pancreatico ha visto un notevole miglioramento in quanto tecniche affidabili possono ora essere sfruttate e implementate per determinare la resecabilità del cancro e per il trattamento. Ad esempio, come abbiamo visto, la presenza di mutazioni dei geni BRCA di natura germinale rappresenta infatti un biomarcatore predittivo di maggiore sensibilità al trattamento con alcuni farmaci, tra cui gli inibitori dell’enzima PARP e i chemioterapici a base di platino.
Nel corso degli anni, è stato osservato un miglioramento nella diagnosi del cancro del pancreas, legato al progresso delle tecniche di imaging così come alla crescente conoscenza della storia del cancro e della genetica
L’introduzione diffusa del sequenziamento di nuova generazione nella pratica clinica di laboratorio ha portato all’uso comune di pannelli multigenici attraverso il quale gli individui vengono testati contemporaneamente per mutazioni in più geni che sono (o si sospetta siano) associati allo sviluppo del tumore. Tali pannelli hanno anche portato all’identificazione di mutazioni in una gamma più ampia di geni del previsto per alcuni tipi di cancro e l’identificazione di mutazione in individui che non soddisfano i criteri di selezione per il test, a oggi noti (ad esempio, la giovane età alla diagnosi, storia familiare di tumore al pancreas o di altri tumori).
Studi su serie di pazienti con tumore al pancreas non selezionati in base a storia familiare o caratteristiche cliniche particolari hanno identificato mutazioni nel 3,8% -11,5%, con numeri che variano in parte in base al numero di geni analizzati e alla valutazione e alla composizione della popolazione di pazienti analizzata. I geni più frequentemente alterati e di solito inclusi in questi pannelli includono ATM, BRCA1, BRCA2, CDKN2A, PALB2, MLH1, MSH2, MSH6 e PMS2, EPCAM, TP53.
La diagnosi di tali varianti di predisposizione può facilitare l’utilizzo di protocolli di prevenzione e aumentare il rilevamento tempestivo segnalando la necessità di una maggiore sorveglianza e interventi di riduzione del rischio nei portatori di mutazioni e nei loro parenti sani. Inoltre, i test germinali hanno implicazioni terapeutiche crescenti per gli individui con cancro avanzato, data l’efficacia degli inibitori della poli(ADP) ribosio polimerasi (PARP) nei pazienti con VP nei geni dsDDR e anticorpi anti-PD-1 nei pazienti con VP nei geni del mismatch repair.
Dal momento che non esistono a oggi dati sufficienti per raccomandare un percorso di diagnosi precoce di carcinoma pancreatico al di fuori di studi clinici da attuarsi in centri ad alta specializzazione per lo studio del pancreas, è raccomandata la gestione dei pazienti e dei familiari proprio in questi centri in cui è garantita la multidisciplinarietà delle competenze.
Il ruolo dello psiconcologo
La figura dello psiconcologo è centrale nella gestione della patologia e interviene in tutte le fasi di malattia; ancora più rilievo riveste alla luce della famigliarità delle mutazioni genetiche. A illustrare il ruolo di questa figura è Dario Loparco, psicologo clinico esperto in Psiconcologia e Cure palliative del servizio di Oncologia Medica dell’Ospedale A. Perrino di Brindisi.
“Il contatto inizia sin dal primo accesso del paziente a quello che in Puglia si chiama Centro di orientamento oncologico, mentre ad esempio in Piemonte è detto Centro Accoglienza e Servizi (CAS): viene preso in carico tenendo conto di una serie di fragilità che vengono valutate con uno screening – spiega -. Poi si prosegue su segnalazione dell’oncologo, che ci comunica quando un paziente abbia fragilità o difficoltà famigliari. In generale noi cerchiamo di prendere in carico il 90% dei pazienti che accedono al servizio, tra cui chi è affetto da tumore al pancreas”.
I malati di tumore al pancreas e i loro famigliari vengono informati e seguiti dallo specialista. “Questo tipo di cancro non ha purtroppo una buona prognosi, quindi entra in gioco anche il tema delle cure palliative precoci, che dovrebbero essere attivate nei sei mesi precedenti il decesso – afferma Loparco -. Quindi, in base allo stato di salute del paziente e allo stadio di malattia, iniziamo anche a parlare con il malato di questa possibilità e di temi come le Disposizioni anticipate di trattamento (DAT)”.
Il servizio prende in carico anche le famiglie o le persone designate e autorizzate ad acquisire le informazioni sullo stato di salute del malato
Il servizio prende in carico anche le famiglie o le persone designate e autorizzate ad acquisire le informazioni sullo stato di salute del malato. “Se la patologia è in fase peggiorativa, proponiamo anche l’ipotesi di ricovero in Hospice e cerchiamo di indagare volontà del paziente; e a chi gli sta vicino, garantiamo un servizio di supporto all’elaborazione del lutto – dichiara -. Mentre per chi è assistito in Day Hospital il sostegno psicologico può avvenire con terapie individuali oppure, come nel mio caso essendo di orientamento sistemico-famigliare, gli incontri coinvolgono sempre la famiglia. Convochiamo in particolare le famiglie fragili, cioè quelle in cui sono presenti minori, patologie psichiatriche o difficoltà economiche”.
Gli aspetti che vengono trattati dallo psiconcologo insieme ai pazienti sono numerosi: vanno dalla relazione di coppia alla questione lavorativa e alla perdita di autonomia. Ma in questo caso di mezzo c’è anche il tema della mutazione genetica: “Il problema più grave è l’impatto sui famigliari, che possono sperimentare la sensazione di avere una spada di Damocle che incombe su di loro dopo aver ricevuto la diagnosi della mutazione, come una sentenza di morte. Si agisce quindi sull’ansia ma anche sull’angoscia del paziente per aver trasmesso la mutazione”.
Una monografia dedicata a tumore al pancreas e mutazioni ai geni BRCA
È online da qualche settimana in formato Open Books, disponibile da scaricare gratuitamente, la monografia “get Behind pancReatic Cancer” (SEEd Medical Publishers), dedicata alla valutazione del grado di applicazione e strategie d’implementazione delle raccomandazioni sul testing dei geni BRCA nei tumori del pancreas. Oltre a Ghiorzo, Loparco e Reni, hanno collaborato alla stesura del volume Ilario Giovanni Rapposelli, Dirigente Medico dell’Istituto Tumori della Romagna (IRST) IRCCS, Lisa Salvatore, specialista di Oncologia presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS ed Enrico Tagliafico, responsabile del servizio di Genomica clinica dell’AOU di Modena.
Alla luce delle nuove evidenze in merito all’utilità dell’esecuzione del test BRCA anche nei pazienti con adenocarcinoma pancreatico, nell’ottobre 2019 l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), in collaborazione con Associazione italiana studio pancreas (AISP), Società Italiana di Anatomia patologica e di Citologia Diagnostica (SIAPEC/IAP), SIBIOC– Medicina di Laboratorio, Società Italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica, Società Italiana di Chirurgia Oncologica (SICO), Società Italiana di Farmacologia (SIF), Società Italiana di Gastroenterologia (SIGE), Società Italiana di Genetica Umana (SIGU) ha pubblicato le prime “Raccomandazioni per l’implementazione dell’analisi mutazionale BRCA nei pazienti con adenocarcinoma del pancreas metastatico” in cui il test BRCA veniva raccomandato in quanto predittivo di efficacia delle terapie antitumorali. A luglio 2020 le raccomandazioni sono state aggiornate includendo la raccomandazione a effettuare il test anche per la diagnosi di predisposizione ereditaria.
Il gruppo di lavoro “get Behind pancReatic CAncer” è stato costituito con l’obiettivo di indagare il livello di applicazione delle Raccomandazioni AIOM 2020 in Italia, identificare le barriere all’implementazione di tali Raccomandazioni e suggerire strategie e attività volte al superamento degli ostacoli individuati. Il fine ultimo del progetto è incrementare la conoscenza e l’applicazione delle Raccomandazioni AIOM tramite la loro disseminazione nella comunità scientifica.
Il progetto ha ricevuto il patrocinio dell’Associazione Italiana per lo Studio del Pancreas (AISP).