CTU, gli psicologi non possono sostituire i medici nell’accertamento degli stati di infermità

Non è corretta, nel Regolamento del Ministero della Giustizia sui CTU – i consulenti tecnici d’ufficio dei Tribunali – l’attribuzione agli psicologi dei settori della capacità di intendere e volere (penale e civile), della capacità di stare in atti, della previdenza adulti (indennità di accompagnamento, legge 104) e della valutazione del danno. Tali ambiti, richiedendo l’accertamento di un’infermità, e quindi una diagnosi, sono di competenza esclusiva del medico.

A stabilirlo, il TAR del Lazio, che, con la sentenza n. 12854/2024, ha accolto il ricorso della FNOMCEO, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, per l’annullamento del DM 4 agosto 2023 n.109, sugli Albi dei CTU, nella parte che attribuisce agli psicologi competenze e specializzazioni proprie dell’area medica, e precisamente dell’area medico-legale. In particolare, la FNOMCEO ha eccepito l’illegittimità del suddetto decreto nella parte che apre indebitamente agli psicologi l’accertamento di stati che il legislatore valuta, parlando di infermità e quindi di diagnosi, di competenza esclusiva del medico.

«Ci rammarichiamo che non sia stata sottolineata la differenziazione delle responsabilità diagnostico-prognostico-terapeutiche delle componenti mediche rispetto a quelle psicologiche della salute mentale. Il ricorso verteva su aspetti specifici, a quelli il Collegio giudicante doveva attenersi – ha commentato a TrendSanità Federico Durbano, consigliere della Società Italiana di Psichiatria Forense -. Auspichiamo inoltre un maggior coinvolgimento delle categorie professionali interessate».

Durbano ricorda poi che le che le tariffe delle prestazioni medico-legali di Psichiatria forense non sono aggiornate dal 2002, mentre per decreto del Presidente della Repubblica avrebbero dovuto esserlo ogni due anni.

Il commento della FNOMCEO

«Questa Federazione – scrive il Presidente della FNOMCEO, Filippo Anelli, in una comunicazione rivolta a tutti i presidenti degli Ordini e delle Commissioni albo Odontoiatri – rileva che il risultato conseguito è motivo di soddisfazione per la professione tutta in quanto precipuamente finalizzato alla difesa dell’interesse generale a che non siano menomate le competenze dei medici, scongiurando lo sconfinamento degli psicologi in ambiti diagnostici riservati esclusivamente ai medici».

«Il giudice nella sua sentenza spiega che queste attribuzioni – dichiara Anelli in un video di FNOMCEO Tg sanità – sono riservate ai medici e che diagnosticare una malattia è un’attività esclusiva della professione. Certo, il medico può avvalersi della collaborazione anche degli psicologi, ma la diagnosi rimane nelle competenze esclusive della professione medica».

Il commento degli psichiatri forensi

La Società Italiana di Psichiatria Forense, attraverso una lettera aperta del segretario Giovanna Crespi e del consigliere Federico Durbano, pur riconoscendo che «la sentenza del TAR del Lazio rappresenta un importante punto di partenza poiché riporta le azioni tecniche esigibili nell’ambito dei percorsi forensi, sia penali che civili, all’interno dei confini dei rispettivi profili professionali», sostiene che «la motivazione esposta dal Collegio giudicante è insoddisfacente. La motivazione prevalente nell’atto finale di accoglimento del ricorso si basa esclusivamente su aspetti formali: ovvero, la mancanza di una modalità analoga di valutazione dei titoli di accesso agli albi (e quindi delle nomine) dei periti e dei consulenti».

Per gli esperti «sarebbe stato auspicabile un intervento più coraggioso e incisivo, che richiamasse le norme regolanti la professione medica nelle sue competenze diagnostiche, prognostiche e terapeutiche, sottolineando la chiara competenza medica negli atti riguardanti la certificazione di malattia o di infermità giuridicamente rilevante. Non si intende creare barriere insormontabili tra i diversi ruoli professionali, ma è fondamentale riconoscere che si tratta di ruoli distinti: se la responsabilità di una diagnosi medica è assegnata, per legge, a un laureato in medicina, questa non può essere trasferita a professionisti non medici per motivi che andrebbero meglio indagati. Questo è particolarmente importante in ambiti delicati come quello penale, dove i margini di interpretazione strumentale sono ampi, o in ambito previdenziale, dove errori valutativi possono avere un significativo impatto sulle finanze pubbliche».

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