Nasce un’alleanza tra Regione Friuli Venezia Giulia e Confindustria Udine e Pordenone per la promozione e tutela della salute nei luoghi di lavoro. Si tratta di un progetto triennale per sviluppare buone pratiche in favore della salute dei lavoratori e per ottenere la certificazione WHP (Workplace Health Promotion).
Il WHP è un programma raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità che sostiene la promozione della salute nei luoghi di lavoro, presidiando specificatamente la prevenzione dei fattori di rischio comportamentali delle malattie croniche e degenerative e la promozione dell’invecchiamento attivo e in buona salute: tutto questo mediante cambiamenti organizzativi all’interno delle aziende e dei luoghi di lavoro in generale, per incoraggiare e facilitare l’adozione di stili di vita salutari.
Il progetto è stato messo nero su bianco in un protocollo sottoscritto dal vicegovernatore e assessore con delega alla Salute del Friuli Venezia Giulia, Riccardo Riccardi, dalla vicepresidente Anna Mareschi Danieli per la Confindustria Udine e da Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico (Pordenone).
Il progetto si pone obiettivi ambiziosi nell’ambito di 6 aree tematiche:
- corretta alimentazione
- contrasto al fumo
- attività fisica
- sicurezza stradale e mobilità sostenibile
- contrasto al consumo di alcol e alle altre dipendenze
- benessere lavorativo e della conciliazione vita-lavoro.
Per ottenere la certificazione sarà necessario attivare annualmente interventi migliorativi per raggiungere target definiti: attivazione di 2 delle 6 aree tematiche ogni anno. È anche prevista una giornata annuale nella quale saranno premiate e accreditate le aziende che rispondano ai requisiti richiesti dal modello WHP FVG.
È stato anche redatto un Manuale per l’implementazione del programma “luoghi di lavoro che promuovono salute – Rete WHP” per dare una visione complessiva e indicare le possibili criticità.
Che cosa vuol dire promuovere la salute sui luoghi di lavoro
Partiamo dalle basi. L’Organizzazione mondiale della sanità ha definito nel 1948 la salute come “uno stato di completo benessere fisico, sociale e mentale, e non soltanto l’assenza di malattia o di infermità. La salute è una risorsa per la vita quotidiana e non lo scopo dell’esistenza. Si tratta di un concetto positivo che valorizza le risorse sociali e personali, oltre alle capacità fisiche (…)”.
È una definizione che risente non solo del periodo storico in cui è nata, ma anche di un ideale impossibile da realizzare, soprattutto nel perseguire un “completo benessere”. Nel tempo, quindi la definizione è stata cambiata, ponendo l’accento su alcuni aspetti, come “la capacità di adattamento e di auto gestirsi di fronte alle sfide sociali, fisiche ed emotive”.
Quest’ultima definizione rispecchia maggiormente la dinamicità della realtà ed evidenzia la centralità dell’individuo e delle capacità personali di resilienza o di fronteggiare, mantenere e ripristinare la propria integrità, il proprio equilibrio e senso di benessere.
Il concetto di “Promozione della Salute”, invece è stato definito nel 1986 dalla Carta di Ottawa come “il processo che consente alle persone di esercitare un maggiore controllo sulla propria salute e di migliorarla”.
La Carta aggiunge pertanto un altro tassello che va oltre la prevenzione, oltre gli stili di vita e punta al benessere. Promuovere la salute rappresenta quindi un processo sociale e politico globale, che non comprende solo le azioni dirette a rafforzare le abilità e le capacità dei singoli individui, ma anche condotte per modificare le condizioni sociali, ambientali ed economiche, attenuando il loro impatto sulla salute del singolo e della collettività.
Le basi da cui partire quindi ci sono, anche se dovranno fare i conti con la disomogeneità delle organizzazioni aziendali e con le differenze strutturali tra Nord e Sud. La sfida è attuare nel concreto un piano così ambizioso ma necessario e virtuoso, pur muovendosi in un panorama tanto complesso.
“Ogni singola realtà andrà calibrata un’azione incisiva ma equilibrata e tailor made, per non ottenere paradossalmente un effetto contrario alle aspettative. Tuttavia, io sono fiduciosa nelle persone e nelle aziende, perché l’obbiettivo è comune: un collaboratore soddisfatto e in salute crea un’organizzazione soddisfatta e in salute”, spiega Anna Mareschi Danieli di Confindustria Udine.
“Affinché gli obiettivi prefissati trovino realizzazione è necessaria la presenza non solo di una struttura industriale adeguata, ma anche di una sensibilità verso il benessere dei lavoratori che è tipica delle realtà che hanno relazioni industriali di livello. A prescindere, quindi, dalle tipologie pubblico/privato o di natura geografica, gli interventi che investono sul benessere dei lavoratori dipendono dallo stato delle relazioni e dalla scala valoriale aziendale”, aggiunge Michelangelo Agrusti di Confindustria Alto Adriatico.
Del resto anche l’INAIL è consapevole della complessità del mondo dei lavoratori e delle lavoratrici, della varietà degli approcci. Per promuovere la salute nei luoghi di lavoro, il primo passo da fare è un’analisi attenta dei bisogni, adottando una visione che osserva la realtà da più prospettive. Ciò consente di riconoscere l’importanza di aspetti come l’età, il genere, la nazionalità, le condizioni di salute, le tipologie di contratto e l’estrema diversità delle condizioni socio-economiche, anche tra le diverse Regioni.
“Siamo consapevoli della necessità di creare una rete territoriale capace di dare risposte di salute appropriate: la concezione “ospedalecentrica” deve lasciare spazio necessariamente a una visione e a un’azione, anche culturali e non solo strutturali, dove il nosocomio risponda alla sola acuzie e non alla cronicità, vero fenomeno quest’ultimo del nostro tempo, considerato l’inverno demografico che vive il mondo Occidentale e in particolare l’Italia (il Friuli Venezia Giulia è la 18a nel Paese per bassa natalità e 2a per numero di residenti anziani); viviamo di più, grazie ai progressi della scienza, e questo comporta la modifica dei modelli su cui ci muoviamo oggi, a fronte di una società profondamente mutata”, spiega il vicepresidente Riccardo Riccardi.
Il Programma WHP in Friuli Venezia Giulia
Il profilo produttivo della Regione Friuli Venezia Giulia è caratterizzato dalla presenza di circa il 93% di micro aziende (meno di 10 addetti), 5% di piccole aziende (da 10 a 49 addetti), 1% di medie imprese (da 50 a 249 addetti), 0,2% di grandi imprese (oltre i 250 addetti).
Il settore più diffuso è l’artigianato, con circa 30 mila aziende, seguito dal terziario e infine dall’industria.
Alcune aziende del territorio, negli anni, hanno attivato iniziative volte alla prevenzione delle malattie cronico-degenerative, ad esempio migliorando l’offerta della mensa aziendale, realizzando palestre interne, incoraggiando l’utilizzo della bicicletta nel percorso casa-lavoro, ecc.; altre hanno proposto interventi per promuovere il rapporto tempo di lavoro/tempo personale, ad esempio con la flessibilità dell’orario lavorativo, iniziative di time saving, giornate aperte alle famiglie dei dipendenti, borse di studio/sussidi economici per i figli dei dipendenti, ecc.
L’esperienza di una vera e propria Rete WHP FVG parte però nel 2015, quando una grossa azienda della Regione richiese all’Azienda Sanitaria un supporto per l’attivazione di un progetto dedicato proprio al benessere e alla prevenzione delle malattie cronico-degenerative per i dipendenti. Tale richiesta, suscitando l’interesse della Confindustria regionale, ha permesso l’avvio da parte della ASL di un progetto più vasto per la diffusione di questa iniziativa, anche verso altre aziende.
Un’azienda attenta alla salute, non solo migliora la produttività, ma attira personale
“Questo tipo di malattie rappresenta una vera sfida – aggiunge Barbara Alessandrini, referente per la salute e la sicurezza della Regione FVG – perché colpiscono una popolazione ancora attiva, sono curabili, ma spendendo molti soldi. Tra l’altro l’età media della popolazione attiva si sta alzando, quindi c’è anche quest’aspetto da tenere presente. Perciò, il progetto nasce proprio per ridurre i fattori di rischio come la vita troppo sedentaria, la cattiva alimentazione, l’alcol, il fumo, ecc. Non occorre poi un grande investimento da parte delle aziende. Inoltre, un’azienda attenta alla salute, non solo migliora la produttività, ma attira personale”.
L’obiettivo del progetto quindi è diretto verso la creazione di un luogo di lavoro che promuove salute attraverso una serie di interventi, come la mobilità sostenibile, l’opportunità di conciliare famiglia e lavoro, l’adesione a stili di vita salutari l’avvio di uno screening cardiovascolare, ecc.
“Credo che agire sia importante, trovando soluzioni nuove, senza aver paura di cambiare, pensando con lungimiranza al medio e lungo periodo; oggi più che mai viviamo in un periodo storico dove la sinergia tra Terzo settore, Aziende sanitarie e istituzioni diventa fondamentale e non deve mancare il confronto diretto tra la realtà viva di cui hanno esperienza le realtà del Terzo settore e l’Istituzione” conclude Riccardi.
E il benessere mentale?
Promuovere la salute nei luoghi di lavoro comprende anche il benessere mentale del lavoratore. Si tratta di una materia piuttosto “giovane”. La Commissione Europea precisa che: “per salute mentale si può intendere uno stato di benessere in cui l’individuo realizza le proprie capacità, riesce a far fronte alle normali tensioni della vita, sa lavorare in modo produttivo e fruttuoso ed è in grado di dare un contributo alla comunità in cui vive”.
La salute mentale è quindi uno stato di benessere caratterizzato da relazioni interpersonali positive e soddisfacenti e dalla capacità di affrontare le situazioni. Consolida la resilienza e l’autostima che sono elementi molto importanti per una partecipazione positiva e collaborativa nella comunità, nella società, nel lavoro e nei rapporti con il prossimo.
Sempre secondo l’OMS, nel 2020 sono state circa un miliardo le persone affette da un disturbo o un disagio mentale, in cui l’ansia e la depressione sono i più diffusi. Prima della pandemia, il disturbo depressivo colpiva circa 193 milioni di persone nel mondo (2.471 casi ogni 100mila abitanti). Dopo Covid-19, i casi sono saliti a 246 milioni (3.153 casi ogni 100.000 abitanti), con un aumento del 28%.
L’ambiente di lavoro dev’essere intrinsecamente salubre
Ciò vuol dire che è molto importante dare spazio a questo specifico aspetto della salute nel luogo di lavoro. “L’ambiente di lavoro dev’essere intrinsecamente salubre. Ciò riguarda non solo le condizioni fisiche ma soprattutto quelle di relazione. È indispensabile che i principi di correttezza, collaborazione, rispetto siano condivisi e applicati al fine di evitare situazioni di stress o peggio di disagio. Il programma WHP è uno strumento a disposizione delle imprese che non solo condividono tali principi, ma li vogliono attuare nel concreto, andando oltre una mera applicazione delle norme di legge” spiega il presidente di Confindustria Alto Adriatico.
“Senza entrare nel merito del disagio mentale, nelle aziende sappiamo da sempre che una persona sul lavoro deve sentirsi parte di una comunità accogliente e inclusiva, in cui sviluppare i suoi talenti e in cui sentirsi riconosciuto e apprezzato. Io credo che, con la collaborazione di tutte le figure aziendali, datore di lavoro, medico competente, RSPP, ma anche i collaboratori di ogni livello, si possano creare delle condizioni in cui il proprio benessere è una parte delle condizioni lavorative. Dobbiamo fare di più, ma la maggior parte delle aziende sta andando nella direzione giusta. Il Protocollo individua una serie di tematiche su cui le aziende possono e vogliono investire, proprio perché il capitale umano dell’azienda va preservato e valorizzato”, continua Mareschi.
Secondo Riccardi, “favorire a tutto campo una condizione di benessere sul lavoro non ha ricadute positive unicamente sugli spazi dove si svolgono le attività operative e produttive, quindi sulle persone direttamente coinvolte: significa creare armonia e benessere, di riflesso reale su tutta la comunità. Non solamente sotto il profilo dell’ansia e della depressione, le cui origini si inseriscono in un contesto ampio, articolato e non certo facile da intercettare, comprendere e affrontare. La promozione di stili di vita sani, la formazione e la conoscenza delle buone pratiche, l’informazione fornita all’interno dello spazio di lavoro, così come anche all’interno delle scuole, permette di “contagiare” in forma osmotica le tante aree di vita quotidiana delle nostre comunità: chi opera in un’azienda ha la possibilità di apprendere i “fondamenti” del condurre uno stile di vita sano, quindi comunica le buone pratiche alla propria famiglia, alla propria cerchia amicale, ai propri coetanei. In questo circolo virtuoso, che vede il cittadino anche come soggetto responsabile della diffusione della civiltà della salute, beneficiano tutti”.
Dimissioni in crescita
Secondo l’Osservatorio sul precariato dell’INPS, le dimissioni dal lavoro hanno registrato un incremento nel primo trimestre 2022 rispetto al 2021 e al 2019. Il progetto di promozione della salute nei luoghi di lavoro potrebbe invertire questa tendenza.
“La situazione che stiamo vivendo in questo complesso momento storico ci ha portato a ricercare di soluzioni capaci di mantenere la sostenibilità del sistema sanitario pubblico, che crediamo vada rifondato con somma urgenza a livello nazionale”, spiega il vicegovernatore Riccardi. E aggiunge: “in questo solco si inserisce la sottoscrizione dell’accordo con le associazioni industriali del Friuli Venezia Giulia, con la piena condivisione di tutti i soggetti coinvolti. Alcune iniziative sono state già messe in atto, altre lo saranno mano a mano che il progetto avanzerà, affiancandosi alle altre iniziative che la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia porta avanti ormai da cinque anni nella consapevolezza che la conoscenza, la trasmissione della buona informazione a tutela della propria incolumità di quella degli altri, sia uno strumento fondamentale per una crescita generale della comunità tutta”.
Aggiunge Agrusti: “il fenomeno può essere spiegato a seguito degli effetti di fattori molto articolati; sicuramente promuovere condizioni che contribuiscano a creare condizioni di lavoro positive e un clima relazionale sereno può contribuire a una maggior fidelizzazione del personale. In questo senso crediamo molto nei risultati dei progetti presentati”.
Le cause della “fuga” dalle aziende
Nello specifico, parliamo di più di 1,6 milioni di dimissioni registrate nei primi nove mesi del 2022, il 22% in più rispetto al 2021. Sono gli ultimi dati trimestrali del Ministero del Lavoro.
Tra le cause di cessazione dei rapporti di lavoro, le dimissioni rappresentano, dopo la scadenza dei contratti a termine, la quota più alta. Sono numeri rilevanti e aprono questioni complesse in cui, tuttavia, la promozione della salute nei luoghi di lavoro potrebbe incidere. Un ambiente di lavoro attento alla salute, in tutti i suoi aspetti, potrebbe frenare la “fuga” dalle aziende.
Le pratiche a favore del merito, del benessere e dell’inclusione rappresentano un vantaggio quando si tratta di attrarre nuovi collaboratori e mantenere in azienda i lavoratori che già ci sono
“Le ragioni che portano alle dimissioni volontarie sono molteplici. Sappiamo però che, oltre alla questione della remunerazione, a essere rilevanti per i nostri collaboratori sono sicuramente le relazioni professionali, i valori aziendali in cui identificarsi, la possibilità di lavorare da remoto, le opportunità di carriera e il work-life-balance. Da questo punto di vista, le pratiche a favore del merito, del benessere e dell’inclusione rappresentano un indubbio vantaggio quando si tratta di attrarre nuovi collaboratori e mantenere in azienda i lavoratori che già ci sono. Come dicevo, il fenomeno del “quitting” è complesso ma ci stimola ad una riflessione sul modello di lavoro e, soprattutto, sull’importantissima esigenza di conciliare i tempi lavorativi con i tempi famigliari, questo anche per facilitare l’apporto del lavoro femminile e stimolare la natalità senza perdere i talenti delle donne sul lavoro. Credo quindi che l’intero progetto di promozione della salute, al cui interno c’è la tematica della conciliazione dei tempi di lavoro, potrà dare un aiuto e uno stimolo.” conclude la vicepresidente Mareschi.