La World Immunization Week, campagna annuale promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nasce dalla necessità di promuovere azioni collettive per la prevenzione di malattie prevenibili da vaccino. Il tema che verrà approfondito quest’anno, durante la settimana dal 24 al 30 aprile, è quello di recuperare, ripristinare e rafforzare l’immunizzazione di routine.
La pandemia COVID-19, da un lato, ha reso chiaro ancora una volta a tutto il mondo il valore umano, etico e sociale dei vaccini, strumenti fondamentali per prevenire le malattie, salvare vite e assicurare un futuro più salubre, sicuro e prospero. Dall’altra ha rappresentato un ostacolo alle vaccinazioni di routine determinando una riduzione delle coperture nel periodo di maggior intensità pandemica. Basti pensare che, secondo i dati forniti dall’OMS, nel 2021 le coperture vaccinali globali sono calate del 5%, mentre le ragazze non vaccinate contro il papillomavirus umano sono aumentate di 3,5 milioni rispetto al 2019. Risulta quindi quanto mai impellente la necessità di recuperare le vaccinazioni perse, sfruttando questo punto di svolta come un’occasione per rafforzare in modo permanente i servizi vaccinali.
La Società Italiana d’Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI) ritiene fondamentale che l’accesso alle vaccinazioni dev’essere garantito ovunque e per tutte le persone, soprattutto per coloro che sono più vulnerabili, così come ribadito anche nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e nel Piano Nazionale della Prevenzione 2020 – 2025, che fissa tra gli obiettivi quello di offrire servizi vaccinali efficaci, efficienti e resilienti, accessibili per tutti come parte dell’assistenza sanitaria di base e far sì che le vaccinazioni siano accessibili al fine di ottenere il raggiungimento del più alto standard di salute come diritto fondamentale di ogni individuo.
L’equità è uno dei capisaldi del nostro Servizio Sanitario Nazionale e non vi sono dubbi che il sistema universalistico sia fondamentale nel mitigare le disuguaglianze di salute. Non ci può essere salute per tutti senza equità di accesso, sin dalla prima infanzia. Per abbattere ogni disuguaglianza nello stato e negli esiti di salute, è cruciale considerare il ruolo delle popolazioni “hard-to-reach”, spesso marginalizzati all’interno della nostra società come gli stranieri, le persone con bassa alfabetizzazione sanitaria, i pazienti psichiatrici, i detenuti.
L’accesso alle vaccinazioni dev’essere garantito per tutti, a prescindere da differenze geografiche e generazionali, tramite l’attuazione di programmi strategici dedicati all’individuazione e al superamento di tutti quei fattori che possono ostacolarlo, siano queste barriere fisiche, educative, linguistiche o socio-culturali, nel pieno rispetto dei princìpi di centralità del paziente e di prossimità e capillarità dei servizi. Una programmazione vincente, infatti, non richiede solo vaccini sicuri ed efficaci ma una calibrazione delle politiche vaccinali che deve passare attraverso un’attenta analisi della situazione epidemiologica, strutturale e socio-culturale del contesto territoriale in cui opera.
Per far sì che la salute pubblica sia anche democratica sono necessari la partecipazione, l’impegno e la responsabilità da parte di tutti gli attori coinvolti: a partire dai professionisti di salute pubblica e dagli operatori sanitari, passando per il coinvolgimento di decisori politici e terzo settore.