Fondazione Theodora nasce con una specifica missione: portare momenti di gioco, ascolto ed evasione ai bambini ricoverati in ospedale. E lo fa con delle visite davvero speciali, quelle dei Dottor Sogni, artisti professionisti e specificamente formati dalla Fondazione per operare in reparti pediatrici di alta complessità. Operano in sinergia con il personale ospedaliero, portando avanti una visione di processo di cura integrato.
Del resto la Fondazione nasce dall’ispirazione di una mamma, Théodora, quando suo figlio André fu ricoverato da bambino in un reparto di lunga degenza per un brutto incidente. Aveva 10 anni e la sua vita era appesa a un filo, ma sua madre, ogni giorno, portava momenti di gioia e allegria non solo al proprio bambino, ma anche a tutti gli altri piccoli pazienti del reparto, alleviando paura e dolore.
Alla sua morte, André e suo fratello Jan hanno deciso di diffondere ciò che la loro madre faceva spontaneamente per dare forza ai bambini ospedalizzati. Nascono così i Dottor Sogni e la Fondazione, nel 1993 in Svizzera. Nasce invece nel 1995 in Italia con 35.000 pazienti visitati ogni anno, 105.000 familiari affiancati, 17 ospedali, 50 reparti, 200 volontari, 33 Dottor Sogni.
In Italia la Fondazione Theodora è presente in 17 ospedali e 50 reparti, con 200 volontari e 33 Dottor Sogni
Patch Adams diceva che “lo humour è un eccellente antidoto allo stress. Poiché le relazioni umane amorevoli sono così salutari per la mente che vale la pena sviluppare un lato umoristico. L’umorismo è vitale per sanare i problemi dei singoli, delle comunità e delle società. Sono stato un clown di strada per trent’anni e ho tentato di rendere la mia vita stessa una vita buffa. Non nel senso in cui si usa oggi questa parola, ma nel senso originario. Buffo significava buono, felice, benedetto, fortunato, gentile e portatore di gioia. Indossare un naso di gomma ovunque io vada ha cambiato la mia vita”.
Abbiamo parlato di cura, sorrisi ed empatia con il Consigliere Delegato della Fondazione Theodora Emanuela Basso Petrino e con Danila Fiorino, Dottoressa Sogni con il nome d’arte di Dottoressa Peppa.
La Fondazione aiuta i bambini malati e le loro famiglie ma anche gli ospedali
Dottoressa Basso Petrino, come nasce il progetto Theodora e con quale missione?
La Fondazione nasce in Svizzera nel 1993, in onore di mamma Theodora. Quando la madre morì, i due figli decisero di “esportare” il suo messaggio di gioia e supporto alle emozioni, creando la Fondazione. Quindi, la missione è molto semplice: donare momenti di gioco e di evasione ai bambini ricoverati in ospedale, offrendo un supporto alle emozioni sia del bambino, sia della sua famiglia. Perché non dimentichiamoci che, quando la malattia colpisce un bambino o comunque un familiare, in realtà colpisce l’intero nucleo. Il piccolo paziente deve subire le terapie, affrontare la degenza, l’intervento, tutto quello che serve per guarire, ma ci sono anche le emozioni dei fratelli, dei genitori che vivono insieme al bambino, tutto il dramma di questo ricovero. Noi ci occupiamo di reparti ad alta complessità e purtroppo le prognosi non sono sempre positive. Spesso accompagniamo il paziente e la famiglia in un percorso di fine vita. In questi momenti è ancora più importante supportare le emozioni. La missione, quindi, è cercare di far vivere un po’ meno drammaticamente questi momenti. Perché il medico è concentrato sulla patologia, l’infermiere e il personale sanitario sulla degenza, per garantire che il paziente riceva le terapie adeguate. Il genitore è spesso devastato dal dolore, quando poi non si aggiunge il dramma di cambiare città per far curare il figlio in un ospedale adeguato per quella patologia. Di fatto nessuno si occupa delle emozioni ed è in questa carenza che ci inseriamo noi”.
Voi, quindi, integrate alla cura “tradizionale” una cura “dell’anima”, se così possiamo dire?
“L’OMS definisce la salute come uno stato di benessere complessivo, fisico e psichico, non solo l’assenza di malattia. Nel percorso di cura di questi bambini e delle loro famiglie, ci occupiamo a 360° di tutte le persone che troviamo nella stanza, con la massima cura, delicatezza e rispetto per la fragilità del momento. Soprattutto per capire e supportare la dimensione psicologica ed emotiva del bambino. Anche perché spesso il piccolo non capisce la gravità della sua malattia, né perché debba sottoporsi a cure spesso dolorose, senza la consapevolezza delle emozioni. Di fatto c’è una complessità anche soltanto operativa, come effettuare alcune manovre sul bambino che non vuole, piange, urla. Il Dottor Sogni, invece, va a stimolare altre parti. I bambini sono attratti da tutto quello che è gioco: se il piccolo paziente vede un dottore vestito da dottore e uno più strano, che gli fa vedere che anche il suo peluche sta subendo lo stesso trattamento, è ovviamente attratto da quello. Questo consente anche di supportare il personale medico durante l’esecuzione delle manovre.
Molti ospedali richiedono questo tipo di intervento che rientra nel processo di cura integrata e umanizzazione dei reparti
È chiaro che il primo beneficiario è il bambino, per cui al centro della nostra missione c’è il bambino malato, la sua famiglia e tutto il personale ospedaliero e medico. Infatti, riceviamo molte più richieste di quelle che possiamo esaudire, proprio dai primari degli altri reparti dell’ospedale che ci vedono all’opera. Ma per l’alto livello di professionalità dei nostri operatori e per tutto quello che la Fondazione garantisce loro, affinché possano mantenere questo livello di professionalità, ci sono dei costi molto alti. Per questo motivo non possiamo accogliere tutte le richieste. Questo per dire come l’ospedale chieda questo tipo di intervento, perché rientriamo in un processo di cura integrata per cui il paziente non è più solo un malato, ma un essere umano che va considerato nella sua totalità e complessità. E questo approccio integrato coinvolge tutti, il medico, l’infermiere, l’insegnante nel caso di degenze molto lunghe, gli psicologi e poi noi. Perché le emozioni devono essere ascoltate. Quindi la cura e l’ascolto”.
Qual è l’impatto della vostra attività?
“L’impatto non è semplice da quantificare, è molto complesso per noi fornire dati quantitativi che siano comparabili. Se ci occupassimo, ad esempio, di acquistare dispositivi medici e apparecchiature, sarebbe molto più facile raccontare ai nostri stakeholder e ai donatori cosa facciamo. Nel nostro caso è più impegnativo, anche perché operiamo in reparti ad alta complessità, dove già solo per entrare ci sono delle regole molto articolate, non solo per la pandemia. Spesso può entrare un solo genitore, un solo Dottor Sogni alla volta, pertanto diventa difficile far capire ai nostri donatori quale sia l’impatto. Per questo stiamo cercando di trovare dei sistemi sempre più accurati, oltre al nostro Bilancio sociale visibile sul sito, come dei questionari per fornire sempre più un riscontro quantitativo.
Inoltre ci affidiamo a degli studi di settore, che non sono pochi, come quelli citati nel nostro bilancio sociale. Ce n’è uno molto recente, pubblicato su Acta Paediatrica (Medical clowns versus sedation for paediatric urinary catheter insertion – A randomised pilot study) con due cluster di pazienti per l’applicazione del catetere urinario: una parte di questi pazienti era accompagnata da un operatore ludico e l’altra no, e sono stati registrati i livelli di dolore e di ansia nei due gruppi. Lo studio ha dimostrato che la durata della procedura e della degenza ospedaliera era significativamente più breve nel gruppo accompagnato da un Dottor Sogni. Inoltre la totalità dei genitori e del personale medico aveva chiesto il supporto e la presenza dell’operatore per svolgere meglio il proprio lavoro. Ci sono anche studi più vecchi, svolti dal famoso Patch Adams, che affermava che la terapia del sorriso fa bene perché scatena le endorfine e attiva dei meccanismi cerebrali per cui si subisce meno lo stress da procedura.
La presenza dei Dottor Sogni durante l’accompagnamento chirurgico ha dimostrato ottimi risultati sia per il paziente sia per il personale medico e la struttura
Faccio un esempio concreto. Siamo presenti in Italia in 50 reparti, con 33 Dottor Sogni e 4 programmi di visita: visite in reparto, accompagnamento chirurgico, patologia neonatale e l’hospice pediatrico, cioè l’accompagnamento del bambino in un percorso di fine vita. Ma è l’accompagnamento chirurgico l’attività in cui possiamo determinare l’impatto reale del nostro lavoro, perché il bambino accompagnato dal Dottor Sogni riceve meno pre-anestetico rispetto al bambino che va lì da solo, perché è meno stressato. Il momento in cui il piccolo lascia la stanza per andare in sala operatoria è stato considerato dalla letteratura scientifica il momento di massimo stress. Perché è il momento del distacco, in cui anche i genitori devono lasciare andare il loro bimbo. Accompagnare il bambino in questo percorso, anche fisicamente fino all’ascensore della sala operatoria, aiuta tanto, non solo il personale medico, ma anche l’ospedale. Perché se si accorciano i tempi di degenza, l’ospedale può accogliere più pazienti. Ma non solo, la presenza dei Dottor Sogni, operatori professionali e qualificati e per di più gratuiti, aumenta il gradimento dell’ospedale. L’umanizzazione dei reparti pediatrici è una componente qualitativa per il benessere del paziente ma anche quantitativa nella valutazione di una struttura ospedaliera, anche in termini di minor uso delle medicine e riduzione dei tempi di ricovero.
Il vostro lavoro è quindi svolto a titolo gratuito negli ospedali?
Sì, i fondi sono totalmente privati. Gli ospedali, tranne alcune eccezioni, sono in affanno economico e i pochi soldi li usano per i macchinari, materiale sanitario, ecc. Ciò che è trascurato sono le emozioni, il supporto emotivo. È chiaro che davanti a un tumore è più importante curarlo. Ma è anche vero che a questo bambino e alla sua famiglia è detto che perderà i capelli, se non la gamba o il braccio, subirà ricoveri con richiami per la terapia anche per anni, con prognosi incerte. Proviamo solo a immaginare il dramma che vivono queste persone. Non smettiamo mai di lavorare, anche perché i reparti dove siamo riguardano in gran parte le patologie oncologiche, dal trapianto di midollo osseo, alla degenza, fino al day hospital. Ne cito uno per tutti: il professor Dufour dell’Ospedale Gaslini di Genova ci ha fortemente voluto anche nel day hospital oncologico, perché ha richiesto che il supporto emotivo del Dottor Sogni ci fosse in tutto il ciclo di cura del bambino.
La presenza è continuativa, con planning trimestrali condivisi con l’ospedale per le attività dei professionisti che lavorano come Dottor Sogni
La nostra attività è fissa negli ospedali, con i quali sottoscriviamo dei protocolli e stabiliamo un rapporto professionale che ci consente anche di entrare nei reparti di alta complessità. I Dottor Sogni sono tutti dipendenti della Fondazione che seguono corsi di formazione professionalizzanti e sono supportati e tutelati anche psicologicamente per il carico emotivo che affrontano.
La nostra presenza è continuativa, predisponiamo dei planning trimestrali condivisi con l’ospedale, in base ai quali i bambini ricoverati sanno che, ad esempio, il lunedì pomeriggio ricevono una visita speciale e c’è grande attesa. Ho memoria di un bambino che doveva essere dimesso il giorno prima della visita del Dottor Sogni e chiese di fermarsi ancora un giorno.
Perché Dottor Sogni?
In francese è Dottor Rêve, che vuol dire sogno, evasione, perché è la dimensione extra ospedaliera, perché noi regaliamo sogni ai bambini. Quando entriamo nella stanza, in quel momento il bambino non è più malato, torna a essere un bambino nella sua dimensione di gioco ed è un regalo, un sogno da donare. E poi abbiamo già una Theodora generation, cioè tutti i bambini guariti e diventati grandi che si ricordano di noi, ci scrivono, alcuni hanno deciso di studiare medicina. Il nostro vuole essere anche un messaggio di speranza, di positività e di vita. Perché quando non si possono aggiungere i giorni alla vita, si aggiunge vita ai giorni.
Artisti professionisti al lavoro nel contesto sanitario
Dottoressa Fiorino, come e perché si diventa Dottor Sogni?
Per noi è un lavoro: abbiamo un contratto, una formazione e degli obblighi verso la Fondazione. Dico questo non per sminuire il volontariato, ma perché c’è professionalità in chi lavora come Dottor Sogni. Siamo artisti professionisti con diverse specificità: chi arriva dal teatro, chi dalla danza, chi è un mago o altro. Siamo tutte persone con una formazione artistica che ci consente di impersonare il clown, con il suo lato di comicità ma anche di poesia. Un clown teatrale, che è un lavoro diverso da quello del circo. Non è solo attoriale ma anche di ricerca su se stessi. Il clown è quello che fa ridere anche sul fallimento.
Sono 20 anni ormai che lavoro in ospedale. Sono entrata in Theodora grazie a una pubblicità: visto che facevo teatro e avevo studiato la poetica del clown, decisi di inviare il curriculum. La Fondazione seleziona i CV, fa sostenere un colloquio motivazionale e poi, se si supera l’iter, si deve seguire un corso di formazione multidisciplinare gratuito, in cui si viene formati anche su nozioni socio-sanitarie, con lezioni tenute da medici e psicologi che raccontano come funziona l’ospedale e quali sono le patologie che si possono incontrare, per capire come approcciarsi.
I Dottor Sogni seguono una formazione iniziale e di aggiornamento per capire come si lavora in ospedale e in reparti complessi, come l’oncologia pediatrica
È un lavoro molto delicato in cui i bambini e le famiglie non sono un pubblico ma i protagonisti. Non siamo noi che ci mettiamo in scena ma attraverso il gioco e le proposte del Dottor Sogni, il protagonista diventa il bambino o la famiglia. Non deve uscire l’ego dell’attore. Alla fine del percorso di formazione, che prevede anche una parte artistica per capire come si lavora in ospedale e comportamenti da tenere anche dal punto di vista igienico, inizia il tirocinio in ospedale. Prima, solo come osservatore, poi piano piano si inizia, si riceve un camice e parte l’affiancamento con un Dottor Sogni senior, fino a quando non inizi a fare delle proposte e delle piccole visite in reparto. Un passaggio graduale dalla teoria alla pratica”.
Come si gestisce l’impatto emotivo?
Si impara a gestirlo con gli anni ma abbiamo anche una supervisione psicologica di gruppo una volta al mese. Ed è una grande fortuna, se pensiamo che medici e infermieri, invece, non sempre ne possono usufruire. Ci aiuta come persone ma anche a mantenere il focus sul lavoro. Perché ci sono dei contesti ad impatto emotivo importante e il lavoro che facciamo è incentrato tutto sulle emozioni che trovi entrando in una stanza, tue e del bambino, e che vanno sostenute. È un lavoro profondo sulle emozioni, in cui ci vuole molta empatia, un aspetto fondamentale. La capacità empatica la puoi allenare con la formazione, ma la devi avere, deve far parte di te.
Per gestire l’impatto emotivo una volta al mese viene svolta una supervisione psicologica di gruppo
La formazione è continua, perché la Fondazione ci offre due seminari di aggiornamento intensivi, due volte l’anno, in cui ci ritroviamo tutti noi Dottor Sogni e lavoriamo insieme, ci confrontiamo. Ad esempio, i Dottor Sogni di Genova hanno partecipato a un progetto sull’hospice pediatrico e quindi abbiamo fatto una formazione su questo aspetto, per accompagnare verso il fine vita, anche per capire come affrontare questa situazione artisticamente. Ma si fanno anche corsi sulla narrazione, per imparare a raccontare una storia partendo dagli oggetti presenti in una stanza. È un momento che aiuta anche a tenere la fiammella accesa.
Come la Dottoressa Peppa ha cambiato la sua vita?
Sono davvero molto grata per questo lavoro. A volte è una gran fatica, perché il bambino non ha voglia, è stanco, perché la mamma non è disponibile, hanno paura… È tutto carico in quel momento. Eppure ci sono volte in cui entri nella stanza e senti di essere entrata in un altro mondo: c’è il Dottor Sogni, il bambino e i familiari, ma diventa un’altra cosa, non è più la stanza di un ospedale, ma una dimensione diversa.
Anche se faccio questo lavoro da tanti anni, tutte le volte mi sorprendo.
Perché si fa questo lavoro? Lo fai perché sei innamorato del genere umano, perché stringi un’alleanza con la parte sana delle persone e lo fai con cose semplici. La parte sana e la parte malata di ognuno di noi sono come due esseri, bisogna che facciano pace, ma occorre nutrire il più possibile quello sano.