Introdotta nel 2001 con l’obiettivo di contenere la spesa farmaceutica territoriale, negli anni la distribuzione per conto (DPC) è stata recepita e messa in atto dalle diverse Regioni in modo molto variegato, sia in termini di accordi regionali e locali, sia in termini di remunerazione per le farmacie e addirittura per quanto riguarda l’elenco dei farmaci che possono essere dispensati tramite questo canale.
Come noto, nella DPC i farmaci vengono acquistati dalle aziende sanitarie e vengono distribuiti agli assistiti “per conto” delle stesse dalle farmacie aperte al pubblico, come modalità di dispensazione aggiuntiva rispetto all’erogazione diretta (DD), che avviene invece attraverso le strutture aziendali del Servizio Sanitario Nazionale (farmacia ospedaliera o del distretto).
In generale, possono essere dispensati tramite DPC i farmaci inclusi da AIFA nel Prontuario ospedale-territorio (PHT) ma su questo aspetto si registrano alcune differenze significative, anche a livello di ASL, e alcuni importanti cambiamenti sono avvenuti proprio a seguito della pandemia di Covid-19.
Dal punto di vista dei costi, la comparazione tra DPC e DD è piuttosto complessa anche perché, come messo in evidenza dalle analisi di economia sanitaria, dipende da quali costi vengono considerati e da quale prospettiva si assume.
Difficile è il confronto tra distribuzione diretta (DD) e distribuzione per conto (DPC)
Se da un lato i costi di servizio per la DPC sono generalmente più alti rispetto alla DD, la maggiore accessibilità dei punti di distribuzione sia dal punto di vista quantitativo (le farmacie territoriali sono numericamente di più) sia dal punto di vista logistico (in termini di orari di apertura e di minori necessità di spostamento) costituisce un indubbio vantaggio per il paziente e, complessivamente, per il sistema, soprattutto nel caso dei pazienti cronici.
E proprio questi vantaggi si sono rivelati particolarmente adatti a fronteggiare il periodo più complesso della pandemia di Covid-19, durante il lockdown, quando è diventato di vitale importanza evitare gli accessi non strettamente necessari alle strutture sanitarie ospedaliere. In quest’ottica, come noto, in alcune Regioni, anche su richiesta delle istituzioni, sono scese in campo direttamente le aziende farmaceutiche che hanno fornito un servizio di consegna dei farmaci al domicilio del paziente.
Ora che la fase più critica dell’emergenza sembra essersi affievolita, da più parti si sente l’esigenza di considerarne l’impatto sui diversi aspetti dell’assistenza sanitaria e uno dei temi in discussione riguarda proprio i modelli distributivi regionali dei farmaci. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Annarosa Racca, Presidente Federfarma Lombardia.
Quale impatto ha avuto l’emergenza sanitaria legata alla pandemia di Covid-19 sui modelli distributivi di dispensazione dei farmaci a livello regionale?
La farmacia ha avuto un ruolo determinante in questa pandemia poiché è stato uno dei pochi presidi rimasti sempre aperti al pubblico e a disposizione dei cittadini; per questo motivo i cittadini non hanno mai avuto difficoltà a reperire i farmaci di cui avevano bisogno, la filiera del farmaco non si è fermata. Inoltre, ai cittadini non sono mai mancati i farmaci perché la farmacia ha subito avuto, da Regione Lombardia, la possibilità di stampare direttamente i promemoria della ricetta elettronica evitando così gli assembramenti negli studi medici e permettendo ai malati, soprattutto cronici, di continuare le loro terapie andando solo in farmacia. Il passo successivo, grazie ad un accordo con la sede regionale della Croce Rossa è stato quello di attivare un numero di telefono – 02.388.3350 – con il quale il paziente può richiedere la consegna a domicilio dei farmaci che viene effettuata dai volontari della Croce Rossa in divisa. Il potenziamento della consegna domiciliare ha permesso di garantire ai pazienti più fragili di restare a casa: questo servizio nei primi 15 gg di attività – un periodo molto critico – ha gestito circa 5.200 richieste di consegne farmaci, di queste il 65% da parte di persone over-65; anche questo è stato un grande sforzo fatto per fare in modo che le persone più fragili fossero tutelate.
La DPC ha avuto un notevole incremento nel lockdown perché ha evitato l’accesso dei pazienti alle strutture sanitarie
Quali sono state le principali criticità per quanto riguarda i modelli distributivi dei farmaci per le patologie croniche, e in particolare in termini di distribuzione diretta o per conto?
In Regione Lombardia la DPC è sempre stata preferita rispetto alla distribuzione diretta, la scelta era già stata fatta per non gravare sulla mobilità dei cittadini e permettere loro di trovare i farmaci nella farmacia sotto casa. Questa scelta precedente ha semplificato la riorganizzazione della distribuzione, durante questo periodo di lockdown, di questi farmaci destinati principalmente a malati cronici. Infatti, la DPC non ha avuto grandi difficoltà riorganizzative in seguito alla pandemia; benché in precedenza la DPC fosse prescritta dai medici su ricetta rossa, in brevissimo tempo la prescrizione è stata convertita in prescrizione su ricetta dematerializzata con tutti i vantaggi che questo comporta. Questa modifica ha permesso alle farmacie di stampare i promemoria, tramite il numero di ricetta elettronica (NRE), anche delle ricette di DPC, come per tutte le altre ricette, permettendo così di garantire una regolare continuità di cura ai pazienti.
Quali risposte sono state messe in campo dai diversi stakeholder coinvolti, e con quali differenze a livello regionale?
Come anticipavo, la principale novità è stata che le Regioni, nelle quali era stato dato tanto spazio alla distribuzione diretta, durante questa pandemia si sono rese conto che la distribuzione tramite le farmacie ha molti vantaggi per i cittadini: niente code agli sportelli, basta ai quantitativi di medicine consegnati per mesi di terapia, immediato riscontro per la spesa farmaceutica della Regione e minori spostamenti dei pazienti. In queste Regioni, quindi, molti farmaci per i malati cronici sono stati dati da distribuire alle farmacie sul territorio, come inevitabile conseguenza del blocco della circolazione delle persone.
Dopo Regione Lombardia, inoltre, anche in tutte le altre Regioni è stata ampliata la possibilità della farmacia di stampare i promemoria delle ricette dematerializzate; tutte le farmacie hanno aderito per spirito di servizio, pur avendo maggiori oneri, hanno così potuto essere più vicine ai pazienti, soprattutto quelli cronici permettendo minori spostamenti dei pazienti, che in questo momento devono restare a casa, e minori accessi agli ospedali già in grave difficoltà.
In questo periodo emergenziale come è stato il confronto tra Federfarma Lombardia e le Istituzioni ai diversi livelli, dal locale al regionale al nazionale?
Federfarma Lombardia ha come interlocutori i referenti territoriali (le Aziende Socio-Sanitarie Territoriali – ASST, le Agenzie di Tutela della Salute – ATS) e soprattutto la Regione; con Regione Lombardia il dialogo è sempre stato costante, chiaro, produttivo arrivando in breve tempo a conclusioni pratiche ed efficaci per soluzioni a favore della popolazione lombarda. Oltre alla stampa in farmacia del promemoria di tutte le ricette del SSR, Regione Lombardia ha potuto aiutare i cittadini lombardi per il tramite delle farmacie con: il rinnovo automatico (o manuale da parte di ATS) dei piani terapeutici, senza che il paziente si dovesse recare agli sportelli delle ASST e ATS; il rinnovo automatico delle esenzioni dei pazienti e delle loro autocertificazioni; l’estensione del servizio di distribuzione dei prodotti per celiaci anche ai pazienti non residenti in Regione Lombardia; ed infine la partecipazione attiva delle farmacie alla distribuzione domiciliare dell’ossigeno nei territori più colpiti dall’epidemia. Le farmacie si sono rese disponibili per essere un referente a completo servizio del cittadino come presidio territoriale del Servizio Sanitario, perché con la capillarità delle farmacie le Istituzioni hanno potuto arrivare vicino a tutti i cittadini. Oltre a questo molte farmacie hanno anche effettuato la consegna gratuita di mascherine provenienti da Regioni o Comuni per i cittadini più fragili.
Alla luce dell’emergenza sanitaria, verranno ripensati i modelli distributivi di dispensazione dei farmaci all’interno delle Regioni (soprattutto per le patologie croniche)? Con quali cambiamenti?
Questa emergenza sanitaria ha dimostrato che la farmacia è un sistema che ha retto davanti a questa spaventosa epidemia, è un sistema forte che tiene in qualsiasi contesto. Proprio per questo motivo vorremmo che ci fosse più consapevolezza dell’importanza della farmacia territoriale nel sistema distributivo di tutti i farmaci. L’epidemia Covid-19 ha insegnato che è necessario cambiare i sistemi distributivi di molte Regioni e che tutto il farmaco dovrebbe essere distribuito tramite le farmacie sul territorio: il principio è di portare i farmaci vicino ai pazienti, in particolare per le patologie croniche. Vorrei infine fare un passaggio ulteriore: come la farmacia arriva vicino al paziente per i farmaci, la farmacia è vicina al paziente anche per i servizi, alcuni dei quali sono già stati delocalizzati in farmacia. Perché non pensare a rivedere il ruolo della farmacia anche nei protocolli vaccinali? Nella vaccinazione antinfluenzale?